Archivio mensile:Agosto 2006

ottobre 2005 / biobiblio autori Poesia ultima

Biobibliografie degli autori di

Poesia Ultima / L’esperienza-divenire delle arti

Elisa Biagini è nata a Firenze dove risiede dopo aver vissuto e insegnato negli Stati Uniti per alcuni anni. Sue poesie sono state pubblicate su varie e importanti riviste e antologie italiane e americane (la più recente: Nuovissima poesia italiana, Mondadori, 2004). Ha pubblicato quattro raccolte poetiche, la più recente delle quali si intitola L’ospite (Einaudi, 2004). È inoltre traduttrice di poesia americana (in uscita: Nuovi poeti americani, Einaudi).

Gherardo Bortolotti è nato nel 1972 a Brescia, dove vive e lavora. Laureato in linguistica generale, si occupa di letteratura e avanguardia, traducendo dal francese e dall’inglese anche in collaborazione con Michele Zaffarano. Ha pubblicato testi in rete (p.es. sul sito di Ulisse, Poesia da fare, e Nazione Indiana, anche in traduzione: recente una pubblicazione di poesie di K. Silem Mohammad) e sulle riviste cartacee «Qui. Appunti dal presente» e «Il segnale». Il suo e-book Canopo è da poco uscito per la collana Poesia Italiana Online, curata da Biagio Cepollaro: http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm. Partecipa al progetto àkusma – forme della scrittura contemporanea.

http://canopo.splinder.com

Alessandro Broggi (Varese, 1973; lavora a Milano). Raccolte di poesia: Apprendistato (Eos Edizioni, 2000), Inezie (LietoColle, 2002; prefazione di Giampiero Neri). In prosa: Quaderni aperti (Biagio Cepollaro E-dizioni, http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm). Con Carlo Dentali e Stefano Salvi dirige la rivista online «L’Ulisse» (www.lietocolle.com/ulisse). Prende parte ad àkusma – forme della scrittura contemporanea. È apparso su alcune delle maggiori riviste culturali e di settore. 

 

 

 

Mario Desiati, nato a Locorotondo (presso Bari) nel 1977, da diverso tempo vive a Roma, dove è redattore di «Nuovi Argomenti». Neppure quando è notte (peQuod 2003) è il suo primo romanzo. Il libro di poesie Le luci gialle della contraerea (LietoColle) è uscito nel 2004. È presente in varie antologie, tra cui I poeti di vent’anni (2000), a cura di Mario Santagostini

Esse Zeta Atona sostanzialmente è un duo. Che si occupa di poesia dal 1996 circa. Un laboratorio di voce e scrittura. Scarabocchio stonatura errore e rumore. Arso e tenue. Ritmo sussurro e silenzio. Cicatrice. Eccetera: Laura Cingolani (che attualmente lavora al progetto sonoro Idrante) e Fabio Lapiana (co-fondatore della casa editrice Venerea). Pubblicazioni collettive e singole sulle riviste «Liberatura» e «Accattone», e sull’antologia Letteratura Chimica Italiana nel 2005.

Giovanna Frene, alias Sandra Bortolazzo, è nata ad Asolo (TV) nel 1968. Diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e laureata in Lettere all’Università di Padova con una tesi sul giovane Zanzotto, sta per concludere nella stessa Università un Dottorato di Ricerca in Storia della Lingua sotto la guida di P.V. Mengaldo, con uno studio sull’epistolario di Metastasio. Per la poesia ha pubblicato Immagine di voce (1999), Spostamento (LietoColle 2000), Datità (Manni 2001, con postfazione di A. Zanzotto), Stato apparente (LietoColle 2004); come Federica Marte, il prosimetro Orfeo è morto (LietoColle 2002). È inclusa in varie antologie di poesia, tra cui Parola Plurale. 64 poeti fra due secoli, curata da A. Cortellessa et alii (Sossella 2005). Collabora con riviste di letteratura italiane ed estere. Vive tra Crespano del Grappa (TV) e Padova.

 

 

 

Florinda Fusco è nata a Bari nel 1972. Suoi testi poetici e critici sono apparsi in varie riviste italiane e in diverse antologie. Ha tradotto dallo spagnolo l’opera poetica della scrittrice argentina Alejandra Pizarnik, vincendo il premio Bernard Simeone (2004). La sua prima opera poetica è linee (Editrice Zona 2001, poi in versione integrale come e-book nella collana Poesia Italiana Online, di Biagio Cepollaro,http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm). Con il libro delle madonne scure (Mazzoli 2003), illustrato da Luigi Ontani, è stata vincitrice del Premio Delfini. Partecipa al progetto àkusma – forme della scrittura contemporanea.

Massimo Gezzi, nato nel 1976 a Sant’Elpidio a Mare (Ascoli Piceno), si è laureato in Lettere a Bologna con una tesi su Bartolo Cattafi (Premio Montale 2002). È dottorando in Filologia Moderna a Pavia, dove vive. È redattore di «Atelier» e collabora con altre riviste letterarie («Poesia», «Pelagos»). Suoi testi poetici sono comparsi su riviste italiane («Nuovi Argomenti», «Lo specchio della Stampa» «Graphie») e internazionali («Cuadernos del Matematico», Spagna; «YIP», Usa; «Ars», Albania). Come studioso si è occupato della poesia di Raboni, Sanguineti, Volponi e del diario in versi nella poesia del Novecento. Ha tradotto Aragon, e (in rivista) Sinéad Morrissey, giovane poetessa irlandese inedita in Italia. Nel 2004 ha pubblicato la prima raccolta organica di poesie, Il mare a destra (Edizioni Atelier), che raccoglie testi degli anni 2000-2003. Sempre nel 2004 ha vinto il Premio Spallicci per la poesia inedita.

Andrea Inglese vive tra Milano e Parigi. Ha pubblicato la raccolta poetica Prove d’inconsistenza, nel Sesto Quaderno di Poesia Italiana, a cura di F. Buffoni (Marcos Y Marcos, 1998), Inventari (Zona, 2001), Bilico (Edizioni d’if, 2004). Il suo e-book di poesie L’indomestico è uscito nel 2005 per le edizioni online di Biagio Cepollaro,http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm. Ha pubblicato inoltre un saggio di teoria del romanzo dal titolo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo per le edizioni del Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate di Cassino (2003). Collabora con Nazione Indiana, www.nazioneindiana.com e al progetto àkusma – forme della scrittura contemporanea.

 

 

 

Fabrizio Lombardo è nato a Bologna nel 1968. Sue raccolte sono presenti nelle antologie: Il grande blu, il grande nero (Transeuropa, Ancona, 1988), Poesie del Navile (Mobydick, Faenza, 1996), Sesto Quaderno di Poesia Italiana, a cura di F. Buffoni (Marcos Y Marcos, 1998). Ha pubblicato Il cerchio e il silenzio, Bologna, 1995, di quello che resta, Bergamo, 1998, Carte del cielo, Bologna, Versodove, 1999. Suoi testi sono tradotti in francese, inglese, spagnolo, slovacco e croato e apparsi in numerose riviste, tra cui: «Private», «Frontiera», «Tratti», «Atelier», «La clessidra», «il verri». È stato uno dei fondatori, nel 1994, di «Versodove – rivista di letteratura». Prende parte al progetto àkusma.

Il lavoro del gruppo torinese Sparajurij (nome che viene dall’omonimo pezzo dei CCCP) è all’insegna delle situazioni itineranti in tutti gli angoli metropolitani d’Italia e d’Europa, con o senza alterazioni musicali. È responsabile del progetto .noibimbiatomici edito nel 2001 presso Celid e di numerose altre buone azioni, tra cui il Comitato organizzatore di T!lt, Festival Internazionale delle nuove letterature di Torino. Costanti le presenze del gruppo al Salone dei libro di Torino, al Salon du livre a Parigi, e come partecipanti (e vincitori) di numerosi poetry slam. È imminente un loro libro per le edizioni No Reply di Milano.

http://www.sparajurij.com/

Andrea Ponso è nato a Noventa Vicentina nel 1975. Laureatosi con una tesi su Carmelo Bene, è redattore di «Atelier», collabora con «Movimento» (rivista del dipartimento di Italianistica dell’Università di Swansea, Galles) e con altre riviste di poesie e letteratura. Sue poesie sono apparse su «Origini», «Tratti», «Atelier», «Poesia». È presente nelle antologie L’opera comune, I poeti di vent’anni, Nuovissimi poeti italiani (Mondadori), Oltre il tempo. Unidici poeti per una metavanguardia. Ha pubblicato la sua prima raccolta poetica: La casa (Stampa, 2003). Ha tradotto testi di Bernard Simeone.

 

 

 

Laura Pugno è nata a Roma nel 1970. Ha vissuto a Roma, Londra e Parigi. Si è laureata in Scienze politiche e in Lettere e ha un Master letterario dell’Università di Oxford. Per diversi anni ha lavorato nelle redazioni di case editrici, riviste e siti web, soprattutto di cinema. È stata lettrice di sceneggiature, consulente Rai sul progetto Railibro e collabora con la Cronaca di Roma di «Repubblica». Ha tradotto più di una decina tra saggi e romanzi dall’inglese e dal francese e insegnato traduzione all’Università La Sapienza. Il suo primo libro di racconti, Sleepwalking, è uscito nel 2002 per Sironi editore. Nel 2001 ha raccolto le sue poesie, con alcune prose di Giulio Mozzi, in Tennis, Nuova Magenta Editrice.

http://www.laurapugno.it

 

Christian Raimo è nato a Roma, dove vive. Ha collaborato a varie riviste e periodici, tra cui «Liberatura», «Elliot-narrazioni», «Diario», «Accattone». Ha tradotto per la minimum fax Charles Bukowski e David Foster Wallace. Collabora con varie case editrici. Nel 2001 pubblica per minimum fax la raccolta di racconti Latte. Nella primavera del 2002 contribuisce con un suo saggio alla raccolta Scrivere sul fronte occidentale (Feltrinelli). Scrive per «Alias», supplemento culturale del Manifesto. Cura per il sito di minimum fax la rubrica “dove sono andate le cose”. Insieme a Nicola Lagioia ha curato l’antologia La qualità dell’aria e per minimum fax ha pubblicato nel maggio 2004 la sua ultima raccolta di racconti, Dov’eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro?

Andrea Raosè nato nel 1968, vive e lavora a Parigi. Ha pubblicato Aspettami, dice. Poesie 1992-2002, Pieraldo, 2003 e curato l’antologia di poesia contemporanea italo-giapponese Chijô no utagoe – Il coro temporaneo, Tokyo, Shichôsha, 2001. Collabora con il sito di Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com) e con àkusma.

Lidia Riviello è nata a Roma dove vive e lavora. Ha pubblicato in poesia Aule di passaggio (Noubs, 1998) e Rhum e acqua frizzante (Giulio Perrone, 2005), e in prosa L’infinito del verbo andare (Arlem, 2002). Sue poesie e racconti sono stati tradotti in inglese, arabo, sloveno e giapponese. Cura programmi culturali a Radiorai ed eventi legati alla letteratura e alla poesia.

 

Massimo Sannelli è nato nel 1973. Vive e lavora a Genova. I suoi libri di poesia più recenti sono La posizione eretta (L’impronta, 2004), La giustizia (Edizioni d’if, 2004), Santa Cecilia e l’angelo (Atelier, 2005), Venti sonetti (La camera verde, 2005), e le prose dell’ebook Le cose che non sono (2004, Biagio Cepollaro E-dizioni: http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm). Per la saggistica, si è occupato a lungo di letterature medievali, come traduttore e curatore di testi latini (che ha pubblicato per Il Melangolo, Edizioni del Galluzzo, La Finestra). Con Marco Giovenale redige la lettera-dono «Bina». Partecipa ad àkusma. Pagine web: http://sequenze.splinder.com/,  http://microcritica.splinder.com/

 

 

 

Luigi Severi è nato a Roma nel 1972. Insegna letteratura italiana all’Università, e ne scrive. Ha compiuto due raccolte poetiche: Terza persona (di prossima pubblicazione per le Edizioni Atelier), e Specchio d’imperfezione (inedito). Collabora a riviste scientifiche e militanti, dove (oltre a saggi e poesie) sono comparsi suoi racconti. Partecipa ad àkusma – forme della scrittura contemporanea, rete di scrittori pensata e posta in essere da Giuliano Mesa.

 

 

 

Sara Ventroni (Roma, 1974) è poetessa e performer, ha pubblicato su numerose riviste («Nuovi Argomenti», «l’immaginazione», «Carta», «Jazzit», «Itinerari Mediali», «Accattone») ed ha partecipato a festival nazionali ed internazionali di letteratura e di jazz. È presente nei volumi: Clarissa (Nuovi Materiali, 1998), Acquatica (Nuovi Materiali, 1999), nell’album di poesia contemporanea Il cielo è sempre più blu, nell’antologia Doni di versi in rete (Edizioni d’if), nell’antologia Solo Limoni (Shake Edizioni), nel volume Un movimento per la pace (ed. Alegre). Ha vinto diversi premi letterari e una borsa di studio del Teatro Ariston di Sanremo. Suoi testi sono stati tradotti in spagnolo e in inglese. Il poemetto Nel Gasometro (E. Mazzoli) è stato finalista al premio A. Delfini. È in uscita, per la No Reply, l’opera teatrale Salomè.

Michele Zaffarano (Milano, 1970) è autore di varie plaquettes:sia in lingua francese che in lingua italiana (quatre pièces pour mària, wunderkammer, i deserti sopra io, post-it, life is a pop of the cherry, è la fine dell’amore). Ha ideato il progetto «opera aperta» (Cremona: in www.attraversarte.org). È ex-dottorando di comparatistica, sia a Parigi, dove ha vissuto per lungo tempo, sia a Milano; ed è stato assistente di Letteratura italiana contemporanea – sempre a Milano. Vive a Roma. Ha al suo attivo un progetto di letteratura ipertestuale: la biblioteca di letteratura impubblicabile. Sue traduzioni sono apparse su «Testo a fronte», e usciranno su «Nuovi Argomenti». In rete ha pubblicato su «L’Ulisse» e Nazione Indiana, in riviste cartacee su «Qui. Appunti dal presente» e «Il segnale». Si occupa di letteratura e avanguardia. Partecipa al progetto àkusma. 

ottobre 2005 / scheda

Una scheda per

Poesia Ultima  /  L’esperienza-divenire delle arti

Generazione ’68-’78

21-22 ottobre, Auditorium parco della musica
23 ottobre, Fondazione Baruchello

L’idea di Poesia ultima viene dalla necessità di offrire una visione d’insieme di alcuni nodi cruciali, aree tematiche, prassi e stili emersi da e per alcuni autori giovani (nati tra il ’68 e il ’78), garantendo in tal modo una base di discussione, un primo rilievo o cartografia, per ulteriori indagini sulla scrittura poetica – non solo in Italia – negli anni recenti

Le questioni e gli interrogativi che la poesia rivolge a sé e al contesto sociale (e che quest’ultimo riformula in ulteriori domande) possono riguardare:

   – la situazione della scrittura di ricerca, nella sua interazione con altre arti, lingue e culture;

   – i rapporti complessi di legame/indipendenza che la poesia (di ricerca e non) intrattiene oggi con i propri ‘padri’, con i molti valori stilistici portati dal Novecento;

   – la dicibilità del mondo come resistenza di una poesia civile, e dell’io ‘lirico’ affermato o negato in questa

   – l’occorrenza di motivi costanti (il corpo in immagine distante, la vita degli oggetti) in libri e autori nati negli anni Sessanta e Settanta: che configurano una sorta di scrittura insieme antirealistica e fredda.

Questi nuclei, individuati ‘scansionando’ per letture parallele siti e sedi e libri recenti di poesia, sono ripartiti nelle due giornate di incontro a Roma, 21-22 ottobre 2005, in modo tale che alcuni degli autori più significativi appartenenti alle generazioni dei nati nel decennio 1968-1978 si trovino a conversare e dibattere tra loro, e soprattutto a porre in parallelo il discorso critico e la lettura, teoria e voce. È la sfida e l’ipotesi in gioco. Ogni nucleo tematico raggruppa autori che intervengono sull’argomento e portano testi (propri e altrui) a sostegno di quanto affermano. I testi – non polemiche e poetiche pre/testuali – sono al centro delle argomentazioni. O anche: i testi narrano se stessi, senza argomentazioni affatto.

Ogni incontro potrà avere degli interlocutori ad hoc, in sala, nel pubblico, che potranno – se vogliono – intervenire nel dibattito. Si parte in ogni caso dal confronto con gli ascoltatori, dalla lettura: alcuni poeti potranno eventualmente decidere di non porre discussioni teoriche, affidandosi alla sola lettura, ai versi.

Allo stesso tempo, inserire gli autori in nuclei tematici e in momenti differenti non vuole far sì che tra nucleo e nucleo si aprano distanze e non comunicazione. Al contrario, la scelta di circoscrivere il tutto in due giorni e in un unico luogo (oltre alla Fondazione Baruchello) mira proprio a far convergere e raccogliere le esperienze.

Ogni nodo tematico ovviamente è ricchissimo di implicazioni e di possibili link. Ognuno meriterebbe convegni a sé, fiumi di precisazioni. L’intenzione degli incontri del 2005 non è quella di svolgere sessioni esaustive, ma semplicemente di mettere insieme le persone giuste (alcune, e scelte tra le moltissime che in Italia operano), e farle parlare tra loro e con il pubblico, ascoltare i loro testi eventualmente o programmaticamente in rapporto con le annotazioni di poetica, le prese di posizione, le visioni politiche, etiche, le insofferenze, i rifiuti, le divergenze.

Molta parte delle controversie – accese – nel sistema letterario italiano scavalcano la pagina, sanno abilissimamente prescindere dalle opere, dal confronto vivo con la scrittura, con i vettori stilistici in campo. Se differenze e distanze tra forme devono esistere, in poesia, è bene che due cose siano dichiarate: che dovrebbero essere i testi a originare quelle distanze; e che il differire – anche conflittualmente – è una fortuna, una ricchezza, non un’occasione sterile di astio

Un momento ulteriore – centrale per completare il quadro delle arti – verrà dall’incontro dei venti poeti con altrettanti artisti della stessa generazione, che oltre a presentare i propri recenti lavori, il 23 ottobre, presso la Fondazione Baruchello, saranno protagonisti di un confronto sullo stato dell’arte e della poesia ultime. Questa giornata, preceduta da una rassegna di video (dal titolo Il video dopo il video, presso il cinema Filmstudio, il 19 ottobre), vuole essere una piattaforma di scambio e di dialogo tra artisti e poeti, critici e teorici, ed anche tra artisti e autori di altre generazioni, per tentare una riflessione sulla situazione recente delle arti, partendo dalla premessa che proprio dal confronto tra ambiti e codici differenti e dalla considerazione di diverse realtà artistiche e poetiche, possono evidenziarsi i segni di un divenire delle arti, non soltanto da osservare ma anche da edificare.

La giornata del 23, passaggio essenziale del Festival di RomaPoesia 2005, sarà documentata da un libro, (all’interno della collana FB della Fondazione Baruchello, edizioni DeriveApprodi) in cui saranno riportate, con immagini, testi poetici e riflessioni, le considerazioni e le questioni emerse.

 

RomaPoesia


Romapoesia
Edizione 2005 a cura di
Luigi Cinque, Nanni Balestrini, Daniela Rossi, Lidia Riviello, Marco Giovenale

Direzione organizzativa
Alessandra Rabitti e Annalisa Plantera
Castalia s.n.c.
Ufficio stampa e promozione
Monica Passoni (3487374404)
CCM s.r.l.
Progetto grafico
Marina Cordeschi e Fabio Rabitti
Jet Black Light s.a.s.
Produzione
Associazione Culturale Romapoesia
Servizi
MRF5 s.r.l.
Assistenza tecnica
Massimiliano Kapelj

Comitato Romapoesia
Arnaldo Antunes, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Fernando Birri, Julien Blaine, Maria Teresa Carbone, Luigi Cinque, Maria Ida Gaeta, John Giorno, Alfredo Giuliani, Enzo Minarelli, Aldo Nove, Tommaso Ottonieri, Daniela Rossi, Franca Rovigatti, Lidia Riviello, Vito Riviello, Edoardo Sanguineti, Tiziano Scarpa, Sergio Spina, Lello Voce, Thomas Wohlfahrt   

Redazione e contatti
Via Giovanni Lanza 178, 00184 Roma – tel 06 48906040 – fax 06 48916756
email
info@romapoesia.it

Ufficio stampa
Monica Passoni – cell. +39 348 7374404
email
monica.passoni@mrf5.it

1-14 ottobre 2005

venerdì, 14 ottobre 2005   [link]
 

Slow-forward ha sottoscritto diffuso (e aderito alla) AZIONE DI NAZIONE INDIANA PER LO SCIOPERO

DEL 14 OTTOBRE

Domani 14 ottobre cinema, set cinematografici, allestimenti e prove teatrali, musei e gallerie d’arte resteranno chiusi in tutta Italia per protestare contro il taglio del 40% alla cultura previsto dalla finanziaria 2006. I luoghi canonici del “fare cultura”, insieme a quelli più recenti e irregolari principalmente diffusi in rete, hanno deciso di fermarsi per un’intera giornata e, in questo modo, hanno scelto di evidenziare lo stato di mortificazione della cultura in Italia. In un pacchetto di provvedimenti che prevede riduzioni che vanno dai costi di gestione delle auto blu agli stipendi dei parlamentari, i 464 milioni di euro del Fus (Fondo unico per lo spettacolo) stanziati nel 2005 verrebbero “tagliati” nel 2006 a 300.
Ma non è tutto. Vengono eliminate anche le quote Lotto destinate al settore e i trasferimenti agli enti locali.

5000 aziende direttamente legate al settore cultura e spettacolo sono in questo modo a rischio, così come circa 60 mila posti di lavoro sui 200 mila di chi opera in questo contesto.

Per farsi un’idea ancora più precisa di che cosa questo voglia dire è sufficiente considerare con attenzione le seguenti proiezioni, relative solamente all’ambito cinema: il Festival di Venezia passerebbe dagli attuali 5,6 a 2 milioni di euro; il CSC (Centro Sperimentale di Cinematografia) da 11 a 5 milioni; il Fondo alla produzione da 33 a 12; il Fondo per i cinema d’essai da 2,7 a 1 milione; il Fondo per la promozione da 11,5 a 4,5 milioni.

Si tenga anche presente che la finanziaria 2006 non interviene su una situazione preesistente florida e nel corso del tempo valorizzata, e quindi in grado, in questa occasione, di cavarsela.
L’Italia mette a disposizione della cultura solo lo 0,2 per cento del Pil. Il Portogallo lo 0,9 per cento, la Francia l’1,3.
Siamo gli ultimi in Europa.

Per giustificare questa manovra il governo si appella alla retorica dei sacrifici comuni e inevitabili, e rimanda la soluzione al problema, o almeno un lenitivo, a un eventuale maxiemendamento che contenga le perdite.

Partendo dall’idea che fare cultura in Italia – una cultura che sia rischio, azzardo, messa in torsione del senso comune e perforamento di spazi ritenuti inaccessibili – significa prima di tutto confrontarsi con una possibilità concreta di espressione, pensiamo che tagliare i fondi corrisponda tout court con il togliere la parola. E togliere la parola significa ridurre drammaticamente la risorsa del contraddittorio. Che è, da sempre, una condizione di civiltà.

In quanto blog collettivo che attraverso l’impegno di chi scrive e di chi legge tenta quotidianamente di generare cultura, Nazione Indiana ha deciso di unirsi a questa giornata di protesta e di “dimostrare”.

E abbiamo deciso di farlo nei modi che ci sono più fisiologici e immediati.
Attraverso la parola. O meglio attraverso la sua negazione. Illustrando, in una serie di brani più o meno noti della letteratura internazionale, che cosa possa voler dire tagliare/togliere la parola.

Per tutta la giornata di domani, quindi, oltre ad astenerci dalla pubblicazione dei nostri interventi, proporremo soltanto testi accuratamente mutilati, mancanti, sfigurati, appunto “mortificati”, coperti da un frego e parzialmente irriconoscibili.

La forma di questi testi sintetizza quale sia il rischio reale che stiamo correndo, la sua dimensione grottesca e la sua inaccettabilità. Racconta il destino di irriconoscibilità della cultura in Italia.


domenica, 09 ottobre 2005   [link]

 

Un testo inedito di Valerio Magrelli

  

  

 Misery non deve morire

Il professor Terribile fruga dentro la bara di Petrarca.

Terribile è quest’opera di necrologia,

recensione di polvere,

critica del sudario.

Ma il professor Terribile fruga anche dentro il cranio di Petrarca,

casomai vi restasse una quartina

avanzata,

una quartina di tenebra.

Terribile è l’amore di chi legge

e non vorrebbe smettere di leggere

nemmeno fra le ossa di chi scrisse.

   

Nota. Nella mattinata di martedì 18 novembre 2003, all’interno dell’arca sepolcrale di Francesco Petrarca presso Arquà Petrarca (Padova), Vito Terribile Wiel Marin, professore onorario di anatomia patologica nell’Università di Padova, ha avviato una ricognizione scientifica sui resti mortali del poeta. L’iniziativa è stata promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Secondo Marco Giovenale, in tempi di Tomb Raider, l’evento ha costituito “una specie di PAC: poetografia assiale computerizzata”.

 

V.M., 2005

FILE PDF DEL TESTO


  [link]

 

La proposta di RomaPoesia di quest’anno è già in rete all’indirizzo www.romapoesia.it. Tra circa una settimana sarà pubblicata anche in questa pagina.

Le linee scelte per segmentare il frastaglio mobilissimo delle scritture di poesia contemporanea, sono – in questa stagione di RomaPoesia – cinque. Ma sono cinque proposte di analisi. E andranno verificate proprio grazie all’eco delle letture.

La possibilità di ascoltare e mettere in dialogo alcuni poeti e artisti della generazione 1968-78, con le tre giornate di “Poesia ultima” (Auditorium) e de “L’esperienza-divenire delle arti” (Fondazione Baruchello), è forse interessante al di là e prescindendo da ipotesi di esaustione di temi e situazioni, nomi e poetiche.

Ogni paradigma sistematizzante – o con presunzioni di esaustione – è semplicemente fuori centro e fuori senso anche solo come ipotesi. Non sono stati sufficienti un secolo di indeterminazione, e una fine secolo distruttiva, da ‘polveri in sospensione’, di precarietà e spettacolo totali, per piegare lo sguardo verso l’intelligenza/umiltà del frammento?

Chi può vantare un tracciato biografico senza nodi e gliommeri, senza ferite, o un’esperienza monolitica del reale, una giornata non diffratta in prismi, una percezione chiara e distinta dei campi di forze nella società, una conversazione a flusso unilineare, a tappe ordinate A – B – C, con pacifiche tesi, antitesi, sintesi?

   


    

sono subito leggibili in rete, inseriti in www.slow-forward.blogspot.com i post di aprile e maggio 2004 di SlowForward


sabato, 01 ottobre 2005   [link]

 

Le nuove uscite di Biagio Cepollaro E-dizioni: ebook e rivista

Molto ricca la serie di e-book appena usciti in Poesia Italiana Online, a cura di Biagio Cepollaro: il primo libro di Giuliano Mesa, Schedario (1978); un testo del 1985 di Benedetta Cascella, Luoghi comuni; e inediti di Sergio Beltramo, Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Sergio La Chiusa, Luigi Di Ruscio.

Un e-book particolarmente prezioso è infine quello che raccoglie numerosi saggi dedicati al lavoro di Cepollaro dal 1984 a oggi: scritti di R.Luperini, C.Martignoni, G.Guglielmi, N.Lorenzini, G.Renello, G.Mesa, G.Niccolai, A.Inglese, C.Villa, E.Rega, L.Voce, F.Fusco, G.Bortolotti, M.Giovenale, e di Giorgio Mascitelli che cura la raccolta. Oltre venti anni di interesse critico e di studio sono qui puntualmente documentati.

In rete anche il n.4, appena uscito, di Poesia da fare, con testi di B.C., A.Raos, S.Salvi, e un’immagine di F.Vitale.

Link degli e-book:

Giuliano Mesa, Schedario (1978)

Benedetta Cascella, Luoghi comuni (1985)

Sergio Beltramo, Capitano Coram

Gherardo Bortolotti, Canopo

Alessandro Broggi, Quaderni aperti

Sergio La Chiusa, Il superfluo

Luigi Di Ruscio, Iscrizioni

Giorgio Mascitelli (a cura di), Biagio Cepollaro e la critica (1984-2005)

Poesia da fare, n.4, ottobre 2005

Biagio Cepollaro, Editoriale
Andrea Raos, Poesie da Le api migratori
Stefano Salvi, Intorno l’acqua

B.C., Su Double click di Marco Giovenale

Immagine di copertina di Francesca Vitale

settembre 2005

martedì, 27 settembre 2005   [link]
 

In distribuzione nelle librerie

Parola plurale
Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli

A cura di Giancarlo Alfano, Alessandro Baldacci, Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Massimiliano Manganelli, Raffaella Scarpa, Fabio Zinelli, Paolo Zublena
Prezzo: euro 20,00 – Pagine: 1182 – ISBN: 88-87995-91-5

Da sempre la scrittura in versi è parte importante del nostro immaginario, ma da troppo tempo mancava una raccolta della produzione più recente che fosse estesa e, insieme, affidabile.
Negli ultimi trent’anni non sono mancate antologie autorevoli, ma hanno tralasciato le ultime generazioni di poeti; al contrario delle antologie “di tendenza”, che sono però programmatiche e talvolta settarie.

Troppo arduo, per un singolo, abbracciare il vastissimo raggio della produzione attuale.
Perciò questa antologia si propone all’insegna della pluralità: tanto degli autori, quanto di chi li seleziona.

Non più un umorale Minosse, ma un individuo partecipe di una comunità; portatore di una responsabilità singolare e collettiva.
Plurale come i lettori ai quali il libro s’indirizza.

Otto giovani critici (nati tra il 1966 e il 1973) si sono spartiti 64 autori, nati tra il 1945 e il 1975, firmando – oltre agli ampi “cappelli” a ciascun autore – otto diverse introduzioni dedicate a esaminare aspetti e problemi presentati da un corpus vario quanto vasto, che occupa più di mille pagine.

Il volume è aperto da un quadro storico e concluso da un’esaustiva bibliografia.

I curatori: Giancarlo Alfano (professore associato di Letteratura italiana presso la Seconda Università di Napoli), Alessandro Baldacci (dottore di ricerca in Letterature comparate presso le cattedre di Letterature comparate e Teoria e storia della traduzione letteraria all’Università di Cassino), Cecilia Bello Minciacchi (professore a contratto, insegna Critica letteraria italiana presso l’Università La Sapienza di Roma), Andrea Cortellessa (dottore di ricerca in Italianistica presso l’Università La Sapienza di Roma), Massimiliano Manganelli (insegnante e traduttore a Roma), Raffaella Scarpa (svolge attività di ricerca e didattica presso il Dipartimento di Scienze letterarie e filologiche a Torino), Fabio Zinelli (ricercatore in Filologia romanza presso l’Università per Stranieri di Siena) e Paolo Zublena (ricercatore di Linguistica italiana all’Università di Milano-Bicocca

 19 ottobre 2005, ore 18.00

presentazione dell’antologia in contemporanea nelle librerie Feltrinelli

a Genova, Padova, Bologna e Napoli : 

>> presentazFeltrinelliantologia  <<



Una nuova pagina (biobibliografica) di Massimo Sannelli: qui.


domenica, 18 settembre 2005   [link]

Il n.40 di “Exit”: poesia italiana contemporanea

 

In occasione dell’undicesima edizione del FIL – Festival Internazionale della Letteratura, a Montréal, Quebec, si terrà il 21 settembre (dalle 17 alle 19) presso il Cabaret des Terrasses Saint-Sulpice la presentazione del n.40 della rivista “Exit” (autunno 2005). Leggeranno: Francis Catalano, Stéphane Despatie, Marco Giovenale, Laura Pugno.
Questo numero offre una microantologia della poesia italiana recente e recentissima, sotto il titolo di 63-93 et au-delà (un clin d’oeil à la poésie italienne contemporaine):

“Placé sous le signe de l’échange, ce numéro nous emmène en Italie en nous faisant traverser quelques générations de poètes italiens. En tout, vingt-huit poètes, des noms prestigieux tels que Mario Luzi, Andrea Zanzotto et Valerio Magrelli, et des voix montantes comme Laura Pugno, Elisa Biagini et Marco Giovenale, nous donnent le pouls de la poésie qui s’écrit aujourd’hui en Italie. Les auteurs québécois qui se trouvent dans ce numéro 40 d’Exit, dont Claude Beausoleil, Hélène Monette et Yves Préfontaine, font partie de la vingtaine de poètes qui seront en traduction italienne cet automne dans un numéro spécial de la revue l’immaginazione consacré entièrement à la poésie québécoise. Ce numéro est donc né du désir de dresser des ponts, non seulement entre les générations, mais aussi entre les poésies du monde”. (Stéphane Despatie, direttore di “Exit”: www.exit-poesie.com)

 

Nei documenti pdf qui allegati: i comunicati della presentazione di “Exit” #40 (il 21 sett.) e delle letture di M.Giovenale e L.Pugno a Montréal (il 20 sett.)

[L’uscita della rivista è realizzata grazie al sostegno di varie istituzioni del Quebec: la Direzione degli affari internazionali del Ministero della Cultura e delle Comunicazioni, il Ministero delle relazioni internazionali, e l’Istituto italiano di cultura di Montréal]

 

segnalazioni anche su ItalianisticaOnLine e AbsolutePoetry


sabato, 17 settembre 2005   [link]

news

– Poesie da Shelter nel numero XXXII-XXXIII (2005) di «Semicerchio», ora in distribuzione: http://www.unisi.it/semicerchio/numeri/sc_31.htm

– È in uscita l’antologia Sossella 

– Un articolo-segnalazione a cura di Manila Benedetto in BooksBlog: http://www.booksblog.it/post/363/poeti-italiani-marco-giovenale

– Le Cinq ellipses tradotte da Ryoko Sekiguchi e uscite in «Action Poétique» n.177, sept.2004, sono leggibili qui [file pdf]

– Aggiornamenti in www.endoglosse.blogspot.com e www.differx.blogspot.com


domenica, 11 settembre 2005   [link]

F.I.L.  _  11e Festival international de littérature

 

Montréal _ Quebec

16-24 septembre 2005

http://www.festival-fil.qc.ca/


 

CLIN D’ŒIL À L’ITALIE

http://www.festival-fil.qc.ca/22.html

Une présentation de la revue Exit organisée avec le soutien de la Direction des affaires internationales du Ministère de la Culture  et des Communications, en concertation avec le Ministère des Relations internationales et l’Institut culturel italien de Montréal.

L’UNESCO, instance des Nations unies dédiée à la culture et à l’éducation, a proclamé Montréal la capitale mondiale du livre, du 23 avril 2005 au 22 avril 2006. Le temps d’une année, la métropole québécoise est donc le lieu privilégié de la promotion du livre et de la lecture.
En 2006, c’est la ville italienne de Turin, en association avec la ville de Rome, qui prendra le relais du titre de capitale mondiale du livre. À cette occasion, des écrivains québécois seront invités à se rendre en Italie. Dans un esprit de réciprocité et d’échanges, le FIL présente, dès cette année dans le cadre de sa onzième édition, une série de manifestations visant à souligner la publication par la revue Exit d’une anthologie de la poésie italienne contemporaine préparée par Francis Catalano avec la collaboration de Maria Teresa Carbone et de Marco Giovenale.

63-93 ET AU-DELÀ

Afin de souligner la parution de son quarantième numéro et, conjointement, le quarantième anniversaire de la publication de l’anthologie I Novissimi, la revue Exit est heureuse de lancer 63-93 et au-delà, une mini-anthologie de la poésie italienne contemporaine qui réunit plus de trente poètes. Il y a quarante ans cette année, en effet, paraissait I Novissimi, une anthologie qui marquait les débuts du mouvement de la dite néo-avant-garde et de l’expérimentation en Italie et qui allait créer une onde de choc dans les milieux culturels et littéraires de l’époque.

Exit_40Nous sommes fiers de présenter 63-93 et au-delà, anthologie unique, fruit d’un échange avec la revue l’immaginazione qui, à son tour, publiera un numéro spécial consacré à la poésie québécoise. Outre les textes des cinq poètes novissimes ayant présidé à la formation du célèbre Gruppo 63 (A. Giuliani, E. Sanguineti, E. Pagliarani, A. Porta et N. Balestrini), Exit a le privilège de publier les textes, dans la plupart des cas des inédits, de poètes de renommée internationale, dont M. Luzi, A. Zanzotto, A. Rosselli, J. Insana et V. Magrelli. On pourra aussi entendre quelques voix fortes du Gruppo 93 (en filiation avec le Gruppo 63) et d’autres, toutes désireuses de se réapproprier la tradition de façon originales regroupées dans la section « Nouvelles écritures », et qui représentent les dernières tendances d’une génération montante de poètes.Dans ce même esprit d’échange et d’amitié, nous avons invité les poètes italiens Laura Pugno et Marco Giovenale à venir célébrer avec nous le lancement de ce numéro spécial de la revue Exit dans le cadre du Festival international de la littérature (FIL).

Buona lettura !

Stéphane Despatie et Francis Catalano
Revue Exit

Lauro Pugno est née à Rome en 1970. Elle a été rédactrice durant plusieurs années pour des maisons d’édition, des revues et des sites Internet, surtout en cinéma. Elle a traduit de l’anglais et du français vers l’italien plus d’une dizaine d’essais et de romans, et a enseigné la traduction à l’Université La Sapienza de Rome. Elle a fait paraître un recueil de poèmes, Tennis, paru en 2001 et un recueil de nouvelles, Sleepwalking, en 2002.Marco Giovenale est né à Rome en 1969, et y vit toujours. Il a publié des poèmes dans de nombreux collectifs ainsi que dans différentes revues, dont l’immaginazione, Nuovi Argomenti, Accattone, Action poétique, etc. Il a fait paraître une séquence de poèmes intitulée Curvature (2002) et le recueil Il Segno meno (2003). Son plus récent recueil est intitulé Altre ombre (2004). Il a collaboré à la mise sur pied de l’anthologie 63-93 et au-delà présentée dans ce numéro d’Exit.


LES RENDEZ-VOUS POÉTIQUES ITALIENS DE LA REVUE EXITRencontre avec Marco Giovenale et Laura Pugno
Animateur : Francis Catalano
Le mardi 20 septembre,
à 14 h
Café Paparazzi
Entrée libre

Lectures de Marco Giovenale et Laura Pugno
Le mardi 20 septembre,
à 20 h
Maison des écrivains
Entrée libre
Lancement de 63-93 et au-delà
suivi de lectures de Marco Giovenale, Laura Pugno, Francis Catalano et Stéphane Despatie.
Le mercredi 21 septembre,
de 17 h à 19 h
Cabaret des Terrasses Saint-Sulpice
Entrée libre


files pdf:  

Letture e incontri del 20 settembre

Presentazione di Exit n.40 e letture



sabato, 10 settembre 2005   [link]

una parentesi:

Alcuni personaggi e siti di correttezza a affidabilità ormai storicizzabili millantano la mia presenza presso una loro imprecisata lettura, a Roma, a fine settembre. Logicamente di questa cosa non ho avuto da loro alcun cenno; ho dovuto scoprire per caso che si faceva il mio nome in un programma ormai diffuso. Altrettanto logicamente, la notizia è falsa, dato che per mia e loro fortuna dal 19 settembre sarò per un piccolo periodo fuori da questo paese, precisamente al F.I.L. di Montréal, dove sono previste alcune letture di poesie, e la presentazione del n.40 della rivista «Exit» dedicato alla poesia italiana.




Novecento/ricerca

   

di fatto, migliaia di persone in varie parti del mondo (…non solo nei siti USA linkati qui a sinistra nella pagina…) fanno scrittura di ricerca: radicalmente fondata sul Novecento, e sulle avanguardie

il Novecento è/ha tradizione, e la trasmette. in codici che sono accolti. producono conoscenza.

funzionano. tutto ciò – non è superfluo né banale rammentarlo – ridicolizza l’Ottocento e il postermetismo che brancolano a sciami in area italofona.

il cuneiforme non ha parlanti, o scriventi. ci sono lingue estinte. la poesia visiva (per un primo esempio) è invece non solo vivissima come poesia, in riviste e siti e libri, ma genera e varia flussi di senso in ogni strumento elettronico che nasce, e in ogni luogo e logo o strumento della città postmoderna.

mentre molto neolirismo ossia paleolirismo italiano non può parlare alla città [civitas] perché non ne vive linguisticamente e materialmente i fatti, la realtà.

[da rileggere: l’opposizione tra “fatti” e “Verità”, in Burroughs: in La febbre del ragno rosso].

non parlando alla città, i paleolirici non troverebbero ascolto, giustamente: non sarebbe accordata loro alcuna fiducia, non potrebbero pubblicare, in un qualsiasi paese civile. (infatti pubblicano in italia).

la realtà delle strutture e deformazioni urbanistiche, lavorative, tecnologiche, personali e collettive, non entra nel linguaggio sovraccarico della Verità. (preformata, pre-parlata).

la Verità ha agenti: mediatori tediatori, dilettanti professionisti a ogni angolo. comunicano. deviano lo sguardo dalla materia.

congegnano e diffondono iterazioni di tratti ‘stabilizzati’ di storia (letteraria, artistica, musicale, sociale). per inciso, clonano da sette secoli lo stesso lessico. non cambia(no). sono vincenti e strutturano i campi entro cui i loro generati li storicizzeranno.

al contrario, è altissima e non ha esito o riparo l’inermità politica e umana di chi non aggira l’enigma del testo, e gli è fedele. è il verbevoir di Emilio Villa. (ferito, riferito)

durano gli anni di esilio, di separazione. poi anche una sconfitta o un non ascolto, così come il processo di ricaduta verso il nero, hanno parola: precisamente grazie al Novecento, alla ricerca. che in definitiva diventa (perché è) parola di tutti.

  

postato anche in http://ex04.splinder.com


  [link]

Sono in rete alcune prime indicazioni per

RomaPoesia [ospitate anche da Lietocolle]

[il programma è in via di definizione]

 romapoe


– su http://endoglosse.blogspot.com un esperimento di file audio (low-fidelity, sia chiaro)

– continua il processo di autoclonazione di slow-forward: su http://slow-forward.blogspot.com inseriti materiali di gennaio, febbraio e marzo 2004

 

 


domenica, 04 settembre 2005   [link]

Marina Pizzi, una pagina su

Marco Giovenale, Altre ombre, La camera verde, Roma 2004

la morte del nome ma non del significato originale memore ancora , quasi in spia di serbatoio vuoto ma che, per attenzione, volga il motore al movimento, brivido di nervi appena in morte. il disastro è avvenuto, avvenne, ma la mente è corpo ancora superstite, sa la comunione del turista-cittadino senza agenzia né frotte protettive e aggressive. la poesia è sottrazione, virile al femminile e femminile al virile (in sinonimo di energia umana) ammanco vivo alla valenza dell’acrobata alto e basso tra le rovine non ricostruibili in nessuno, veramente nessuno, altrove più comprensibile e benevolo. “Dopo: la rena è il mare che si è seccato” verso che testualmente proviene da un “mosaico” addirittura ente di “una chiesa”: dilavata da ogni agente questa sorte relegata nell’unica mansione bastante: non agire ma comporsi di-da-in, azione in parola di agnizione a breccia di una finitudine ossessa alla mutezza; la cripta del mondo fu aperta all’ecumene dell’orizzonte e dell’acqua e della terra e perfino del cielo, ma non preservò la retta della giustizia, del sorriso al chiarore, del buon possibile cerchio. Si legga, colpo nel petto, la poesia di pagina 19 di questo libretto-velame di salme cortesissime, classiche al pensiero del rovo che duole e non sanguina.  il risucchio del pozzo è già stato da tempo, ma “Altre ombre” stanno, questo librino arriso sta, a granaio del vento in risorsa e, forse, genitore nonostante… “i bambini della famiglia/ridono dei nostri/nodi nel patio per/fortuna fa buio./   .scade la nenia, la nenia del lamento ma non la spada del cipresso (poetico e filosofico) che sa e può ancora rappresentarla vivente, vissuta, già stata, morente.

  

settembre 2005

versione pdf


  [link]

alcune delle riviste recentemente segnalate nella colonna a sinistra:

http://fascicle.com/ fascicle
http://www.wordforword.info/vol7/ word for / word
http://www.octopusmagazine.com OctopusMagazine
http://www.conjunctions.com/home.htm Conjunctions
http://www.drunkenboat.com/ Drunkenboat
http://www.milkmag.org/index1.htm Milk
http://webdelsol.com/5_trope/  5_trope
http://people2.clarityconnect.com/webpages6/ronhenry/aught.htm Aught
http://www.bigbridge.org/ Big Bridge
http://www.blazevox.org/index.htm BlazeVox
http://www.studiocleo.com/cauldron/ Cauldron
http://www.shampoopoetry.com/ Shampoo
http://www.slope.org/ Slope
http://www.spidertangle.net/home.html Spidertangle
http://www.szirine.com/ Szirine
http://www.typomag.com/ Typo
http://unpleasanteventschedule.com/index.html Unpleasant Events Schedule
http://www.litvert.com/ VeRT


  [link]

Stéphane Despatie, presentazione del n.40 di «Exit»: qui.


  [link]

Prime notizie di RomaPoesia 2005: qui


Oggi su NazioneIndiana due nuovi post inseriti da Andrea Inglese: Nicolas Bourriaud, Postproduzione (a cura di Alessandro Broggi) e Mark Strand, Traduzione (a cura di Damiano Abeni).


  [link]

Ritrovo e riporto da rete un’annotazione del 2004, su Bilico, di A.Inglese (in http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=WPN437K6AWBHL): Uno dei meriti di Andrea Inglese – da ascrivere già alla precedente raccolta, Inventari (Ed. Zona) – è quello di lavorare sul registro lirico e su quello antilirico contemporaneamente, mettendo i due toni non in cortocircuito o conflitto, bensì dimostrandoli implicati, legati. Il loro è un serrarsi a scacchiera. Come nella realtà – ma non con neorealismo. Bilico è tra i testi più coesi di una recente stagione poetica, che ha in Inglese uno degli autori più interessanti.


  [link]

Segnalo in particolare, in questo numero 3 di “Poesia da fare” (http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/rivista/pf003.pdf) il breve e puntualissimo saggio di Biagio Cepollaro su Linee, di Florinda Fusco. Le riflessioni critiche sul senso enigmatico della disposizione paratattica sono decisamente esatte: quella di Fusco non è pura giustapposizione di schegge irrelate/aleatorie: anzi nel laboratorio di frasi lineari del testo si genera continuamente e si avvia (quasi per incipit e “partenze che si moltiplicano in orizzontale”) un senso umbratile dichiarativo che non è arida gestione di cut-up né riferimento a un senso lirico o antilirico ‘già dato’, prestabilito.

agosto 2005

mercoledì, 24 agosto 2005   [link]
 

novità:

«Poesia da fare», Ex_04, word for / word,

fascicle, «Sud» – Cythère-Critique :

 1.

Già in rete il n.3 di «Poesia da fare» (settembre 2005)

È in rete il n.3 della rivista «Poesia da fare», curata da Biagio Cepollaro. In formato pdf, come di consueto. Ecco l’indice:

        

Editoriale e immagine di B.C.

Gherardo Bortolotti, da Tracce

Alessandro Broggi, da Economie vicarie

Biagio Cepollaro, Su Linee, di Florinda fusco

    

Ricordiamo che sono online anche:

    

> il V Quaderno del blog Poesia da fare, con testi di e su Baino, Bortolotti, Bottà, Caserza, Cirilli, Di Ruscio, Paola Febbraro, Forlani, Fusco, J.Galimberti, Gambula, Genti, Giovenale, Inglese, Mascitelli, Pizzi, Sorrentino.

    

 e

    

> il Supplemento al V Quaderno di Poesia da fare, con i Blogpensieri di Biagio Cepollaro    

      

      

 *     *     *

     

     

2.

      

Riprende l’attività del blog collettivo Ex_04, con una prosa di Gherardo Bortolotti, e una serie di versi di M.G.

      

 *     *     *

       

      

3.

 

    

Esce il n.8 della rivista online word for / word, tra le più interessanti pubblicazioni USA di poesia di ricerca. Decisamente da segnalare anche l’esordio di fascicle

Inoltre: da oggi in questa pagina di slow-forward si possono trovare (nella barra a sinistra) vari nuovi link a riviste online di francesi e statunitensi.

      

 *     *     *

         

4.

In uscita il 15 settembre il n.5 di «Sud»:

una anticipazione molto ampia – con scelta di testi in rete – è leggibile fin da ora, a cura di Philippe Pogam e Francesco Forlani, sul sito di Cythère-Critique: all’indirizzo http://www.cythere-critique.com/sudnumero5.html:  

Testi di Yvonne Baby, Elisabeth Barillé, Frederich Beigbeder, Piero Berengo Gardin, Emmanuel Bonetti, Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Esteban Buch, Angelo Castrovilli, Maria Grazia Calandrone, Ennio Cavalli, Gianni Celati, Biagio Cepollaro, Stanko Cerovic, Fiammetta Cirilli, Thierry Crifo, Cesare Cuscianna, Dominique Delcourt, Luis de Miranda, Jean Philippe Domecq, Luigi Esposito, Francesco Forlani, Gabriella Fuschini, Antonio Ghirelli, Marco Giovenale, Paolo Graziano, Benoît Gréan, Domenico Grifoni, Petr  Král, Olivier Maillart, Giorgio Mascitelli, Walter Nardon, Michel Odoul, Matteo Palumbo, Alessandra Petrova, Felice Piemontese, Philippe Pogam, Lakis Proguidis, Renata Prunas, Laura Pugno, Eleonora Puntillo, Davide Racca, Raiz, Margherita Remotti, François Ricard, Massimo Rizzante, Francesco Rosi, Roger Salloch, Lucio Saviani, Roberto Saviano, Domenico Scarpa, Carmelo Seminara, Michele Sovente, Michael Sullivan, François Taillandier, Jean-Charles Vegliante, Ornela Vorpsi, Wu-Ming 1, Stefano Zangrando

Traduzioni a cura di Chris Altan, Paola de Luca, Federica Di Lella, Francesco Forlani, Martina Mazzacurati, Paola Micalizzi, Paolo Nusco, Valentina Parisi, Sandra Rivazio, Laura Toppan, Francesca Spinelli, Irene Stelli, Maria Laura Vanorio, Lidia Verde

Immagini di Frédéric Pajak, Marie B.Cros, Fulvio Caporso, Davide Sala, Roger Salloch, Emmanuel Bonetti, Guy Debord, Philippe Schlienger, Mimmo Jodice, Luca Anzani (detto il Vichingo), Francis Amiand, Bruno Bressolin, Marc Garcia, Frédérique Giacomazzi, Luigi Esposito, Romani Slocombe, Roberta della Volpe, Luca Dalisi, Andréas Lang, Patrick Chevaleyre, Chantal Nau, Rafaele Ide, Carlo Levi (archivio Prunas), Archivio Nunziatella, Archivio Fiat.


  [link]

 

Corrige

In vari siti che ospitano estratti da Double click (e perfino in alcune copie della plaquette) permane purtroppo un errore serio di distrazione & digitazione, di cui sono il solo responsabile: proprio nella prima poesia. Per ovviare a questo refuso – che per certi aspetti è irreversibile – ecco una pagina pdf con la poesia in versione corretta.


Quattro note

1. C’è un nuovo articolo sulla prosa breve in Italianistica OnLine, dove si fa riferimento a Suchère, Sekiguchi, Neri, Cagnone, Magrelli, Dal Bianco, Rentocchini, Scarabicchi, Lalla Romano, Noël, Zallio, Guglielmin, Sannelli, Ottonieri, Bàino, Guantini, Raos, Broggi, Bortolotti; e al lavoro di F.Forlani e B.Cepollaro con le riviste «Sud» e «Poesia da fare», e con la collana ‘Poesia italiana online’.

2. Tre recensioni a Rosaria Lo Russo, Lo Dittatore Amore (ed. Effigie) sono su Microcritica, Italianistica Online, e Absolute Poetry

3. Philippe Pogam ha tradotto e inserito in rete (in formato pdf nella pagina di Cythère-Critique dedicata alla rivista «Sud») il mio microracconto Anti-Lartigue.

4. Lavori in corso, all’archivio di Slow-forward. Volendo, si possono rivedere dei materiali del 2003 qui.


      

Può – nel tempo ma si direbbe in breve tempo – diventare indispensabile un ‘protocollo di brevità’ da introiettare, far proprio e sentire inaggirabile, per i post sui blog e in generale per il lavoro redazionale e culturale in rete. Nonostante (e anzi proprio in virtù) della velocità di connessione permessa dalle linee adsl e da passaggi ulteriori immaginabili, i materiali a cui si può avere accesso, e le iniziative inventabili e inventariabili, sono e saranno milioni. Lavorare seriamente a una selezione rigorosa dei link, dei testi, anche nel senso di una loro riduzione di numero, e limitazione di lunghezza, ha un senso. Più redazioni di più iniziative possono lavorare in parallelo, mappando le scritture interessanti. Senza lasciarsi sfuggire l’essenziale, ma senza nutrire smanie di esaustione che la rete stessa, come modello e come realtà, vanifica.


mercoledì, 17 agosto 2005   [link]

 

un’annotazione che periodicamente [spero non noiosamente] mi sento di riproporre:

Scrittura, interpretazione e prassi (anche nel senso elementare di comportamento quotidiano) cospirano a risalire verso la complessità e indecidibilità delle percezioni. In arte e scienza e riflessione filosofica, sembra che il Novecento abbia stilato un unico regesto sull’indeterminabile, quindi sul rinvio continuo (link, rimando, nuova rima, frequentativa). Fino a spingere – non insensatamente – perfino alcuni filosofi postmoderni a dubitare del dubbio, e a interrogare le linee di resistenza del reale, osservando che comunque qualcosa nel cerchio dei segni fa spessore, bordo, ostacolo, e così crea o prefigura sintassi, gerarchie di senso, ovvero limita o recide la deriva interminabile di connessioni che la realtà percepita e ritradotta sembra formare.

Dallo specchio barocco si avvista già la fibra di vetro. Ora la perplessità non ha compiutamente modo di venerare una sua propria poetica, o di insultarla; non ha teschi da veder posare sul tavolo della natura di fatto morta, né stagioni da dissipare mento in mano contemplando fiamma. Migliaia di miliardi di “materiali” (info) si torcono de/formati perché perfetti all’interno dei prismi-specchio, da un cavo all’altro, senza passaggio di tempo. In un momento. È configurata allora una contraddizione tra la struttura seriale del pensiero-scritto che conosciamo, e la natura parallela dei files che il mondo informato genera (o: che noi bene o male rubrichiamo come quella cosa a cui diamo nome di Mondo).

Per seguire e capire e intervenire forse anche in senso politico sulla realtà ‘servirebbe’ un iter lineare o più trame di un tessuto (textus) serialmente affrontabile. I files, i percetti, concrescono invece aperti in parallelo, nonché virtualmente senza numero: frattali. Non si può metterli in sintagma. Sono pressoché negazione del concetto di sintagma. Disporli in tracce verticali, gerarchizzate, non ramificate, è chiamarsi fuori gioco, o antieconomico, stante anche il fatto che tale loro articolazione ‘in parallelo’ riproduce quel medesimo sistema complessivo-complesso di organizzazione mentale dei dati percepiti che l’uomo europeo e in parte statunitense ha formato in sé, almeno dal Settecento a oggi (via via più scientemente). In questo planetario è perfino funzionale e implicito lo spiraglio joyciano (joy), con uno stream (parola fortunata) of consciousness congegnato per abbassare la temperatura e i picchi delle sensazioni, digerire le res estraendone il nulla, facendone narrazione orizzontale, o narrazione-orizzonte, talvolta perfino parola critica, concertando di séguito blob tra maschere (personae).

In sostanza: è capitato al XX secolo di essere il luogo esemplare di una doppia irraggiungibilità: del reale e della parola contemporaneamente. Come una freccia che punta allo stesso tempo in due direzioni, e che precisamente in questo modo cerca di dire entrambe. Non toccandone alcuna. Così per paradosso fondante arrivando precisamente a esprimerle. (Dimostrandole legate; accusandole implicate).

Non si deve forse guardare al XX secolo come a un’unica messa in scacco della parola; bensì come al tempo in cui la parola-scacco ha tematizzato sé. Così facendo, ha in parallelo reso o dimostrato più fragili le proprie vie, complici o complanari – in potenza – di quel sistema di paratassi blande, di slittamenti di responsabilità, di elusione dei costi del possesso dei piaceri, di smaterializzazione irreversibile del valore dei corpi e delle vite individuali, che può essere in sintesi chiamato ancora capitalismo.

In un quadro simile, la parola-scacco occupa una casella che solo contraddittoriamente entra nel punto cieco abitato dai lessici politici. (Questo ne fa parola di conoscenza differente, cifrata e cifrante, spostata: ben poco ‘utile’, almeno in prossimità della sua nascita sul foglio). E tuttavia sembra essere ancora uno dei primi se non il primo luogo di conoscenza che abbiamo. Non è poco.

 


martedì, 16 agosto 2005   [link]

 

Recensione di Massimo Sannelli a Il segno meno: sul nuovo sito www.zam.it


sabato, 13 agosto 2005   [link]

 

Un ritorno intollerabile e sconcertante di soggettività, ‘io lirico’ e pura descrizione e paesaggismo, di lessico sedicente ‘alto’ (cinquanta-sessanta parole immodificabili campionate ancora da Petrarca), miele che non sa d’argomenti, sono ormai espliciti o meglio dilaganti in buona parte della poesia italiana ultima, scritta da giovani autori che pure ascoltano e sanno come le persone realmente discorrono, come il mondo realmente parla ed è condotto…

Può essere forse sensato incoraggiare e praticare chiusura e distacco, e silenzio, nei confronti di una massa così sordamente fitta di epigonismi. Alveari di cattive citazioni.

Per cercare (anzi già avere) altri percorsi, non si deve pensare alla sola sperimentazione verbovisuale, antilirica. Ma anche a quella scrittura di ricerca che semplicemente raffredda il mondo catturato, e rifiuta l’imprinting puramente lirico-visionario che già urtava l’onestà di Amelia Rosselli.


giovedì, 11 agosto 2005   [link]

 

Endoglosse

Inizia l’esperimento – provvisorio e improgrammabile – di una nuova pagina in rete (in forma di blog): http://www.endoglosse.blogspot.com/. Nasce in virtù della struttura modulare/aperta delle prose di Endoglosse – uscite in varie sedi, online e su riviste, e come ebook sul sito di Biagio Cepollaro E-dizioni.

In questo spazio recente i testi, nuovi o già èditi, hanno altri codici ai margini: le immagini.


mercoledì, 10 agosto 2005   [link]

 

Rosaria Lo Russo, Lo Dittatore Amore (ed. Effigie): recensioni su Italianistica Online, Absolute Poetry, Microcritica.


martedì, 09 agosto 2005   [link]

 

poi era forse sorprendente questa cosa: che proprio il giorno in cui alcune mie poesie uscivano sul n. 4 de «L’Ulisse», io leggessi (con ritardo di almeno sei mesi) il brano di Éric Suchère che inizia con «Il fait tout. Il fait tout à temps. Il fait tout ce qu’il doit faire et d’autres choses ou d’autres, le reste imprècis un, le temps, contrôle tout …»

perché esattamente il primo dei miei due inediti in rete inizia in questo modo:

Non fa mai tutto
quel che è possibile fare – come
le due semilune di ferro
sul ponte filtrano chi filtra
dentro, e chi non deve.


domenica, 07 agosto 2005   [link]

 

Una ricchissima pagina con testi e biobibliografia di Andrea Inglese è leggibile sul sito di Poetry International:
clic su http://italy.poetryinternational.org/cwolk/view/26268


  [link]

 

Può – nel tempo ma si direbbe in breve tempo – diventare indispensabile un ‘protocollo di brevità’ da introiettare, far proprio e sentire inaggirabile, per i post sui blog e in generale per il lavoro redazionale e culturale in rete. Nonostante (e anzi proprio in virtù) della velocità di connessione permessa dalle linee adsl e da passaggi ulteriori immaginabili, i materiali a cui si può avere accesso, e le iniziative inventabili e inventariabili, sono e saranno milioni. Lavorare seriamente a una selezione rigorosa dei link, dei testi, anche nel senso di una loro riduzione di numero, e limitazione di lunghezza, ha un senso. Più redazioni di più iniziative possono lavorare in parallelo, mappando le scritture interessanti. Senza lasciarsi sfuggire l’essenziale, ma senza nutrire smanie di esaustione che la rete stessa, come modello e come realtà, vanifica.


giovedì, 04 agosto 2005   [link]

 

Da oggi su www.nazioneindiana.com  una recensione a M.Strand e D.Abeni (a c.di), West of your cities (Minimum fax). Link completo: http://www.nazioneindiana.com/2005/08/03/a-ovest/


lunedì, 01 agosto 2005   [link]

 

Alcuni appunti sulla prosa breve

[ da http://www.italianisticaonline.it/2005/prosa-breve/ ]

          

Forse non c’è una ‘misura’ stabile, stabilita, pensabile per le esperienze di prosa breve, per ciò che non nascendo come prosa d’arte e lirica non vuole essere però racconto in senso stretto.

È noto che una certa tradizione ondivaga e complessa può venir individuata come originariamente ‘bifronte’: o principalmente narrativa o principalmente sperimentale/metalinguistica e onirica. Si parte così già con la differenza tra i tableaux dello Spleen de Paris e logicamente le Illuminations. Ma prescindendo da dualismi, tentiamo qui un elenco d’avvio, di puri appunti di lettura, riferimenti e suggerimenti non ordinati, senza mettere in gioco altre analisi critiche che sarebbero e saranno sempre benvenute: spostiamoci dunque liberamente da Trakl, e dagli stessi Kafka e Beckett, Saint-John Perse, Fargue, Michaux, Ponge, Char; alle Carte segrete di Scipione (da cui Amelia Rosselli sente e marca differenza e distanza – ma con affetto e ascolto), ai quadri/microracconti onirici del Bernhard di Eventi; e a certi frammenti indecifrabilmente perfetti di Handke, o a quel che di Simic si legge ne Il mondo non finisce (Donzelli, a cura di Damiano Abeni) o ne Il cacciatore di immagini (Adelphi, a cura di Arturo Cattaneo), e a Michel Maulpoix, a Éric Suchère, Ryoko Sekiguchi
O al lavoro di Giampiero Neri, agli esperimenti di Nanni Cagnone (p.es. le cose pubblicate negli USA, come il lucidissimo libretto Enter Balthazar).

Per i testi di altri autori italiani recenti, diciamo che partendo dai frammenti e moduli in prosa interni a libri come Ritorno a Planaval di Dal Bianco (Mondadori), o Giorni in prova di Rentocchini (Donzelli), o L’esperienza della neve di Scarabicchi (ancora Donzelli), si può osservare una interessante permanenza latamente referenziale, ‘osservativa’, direi debitrice in alcuni casi dello sguardo messo in campo dagli Esercizi di tiptologia di Valerio Magrelli (dove si dà avvio a una mappatura metaforica-metamorfica in prosa delle cose che meriterà poi un intero volume: Nel condominio di carne).

Si tratta in sostanza di un tipo di scrittura e struttura che non si lascia tentare dalla prosa lirica, e però se mantiene una freddezza lo fa con flessioni comunque quasi-narrative. Recente è la ripubblicazione, per Einaudi, de Le metamorfosi, di Lalla Romano (a cura di Antonio Ria, con un saggio ricco di rimandi, densissimo, di Andrea Cortellessa). Forse proprio nella ‘trascrizione di sogni’, come intesa da Romano in questo suo primo libro di prosa, si può trovare in nuce una parte di schema applicativo di parecchi materiali letterari ‘freddi’ successivi: oggettiva scansione di una sequenza sognata, suo racconto, esclusione di qualsiasi analisi o interpretazione, e soprattutto di qualsiasi ‘morale’ o sovraimpressione ‘emotiva’. Un libro così non poteva avere – e infatti non ebbe – grande successo in Italia, tantomeno nel clima letterario dell’immediato dopoguerra (1951). Torna ora come un distante-vicino ‘archetipo’ possibile di un modus scribendi, nella formazione e strutturazione di immagini, meglio compreso in Italia a partire dagli anni Sessanta. (Parliamo della stessa Italia che traduce Bernard Noël solo dal 1972, e le prose degli Extraits du corps, del 1954, in rivista nel ‘78 e in volume addirittura dopo cinquant’anni, nel 2001 per Mondadori).

Accennando – senza la più pallida pretesa di esaustione – a esperienze recenti o recentissime di scrittura fredda, in prosa – di sperimentazione parallela alla ricodifica di cose e luoghi – va senz’altro letto il piccolo e prezioso libro di Paola Zallio, Lingua acqua (edito da Anterem nel 2002), e vanno lette le quasi-prose di Come a beato confine di Stefano Guglielmin (Book, 2003), gli aggiornamenti (tra autobiografia e astrazione) della pagina di Sequenze di Massimo Sannelli, e pressoché tutto il lavoro di Tommaso Ottonieri (per sintesi segnaliamo solo Contatto, Cronopio, 2002; e Coro da l’acqua, edizioni D’if, 2003), o il notevolissimo Aperto a inverni, di Ermanno Guantini (sempre edizioni D’if, 2004). Autori da leggere e seguire con attenzione fin da ora sono poi Alessandro Broggi (vedi su Nazione Indiana la pagina dei suoi Quaderni aperti) e Gherardo Bortolotti (Tracce: di vita).

Alcuni luoghi da frequentare assiduamente, dove questi e altri prosatori sono e saranno ospitati, sono la rivista «Sud», èdita da Dante & Descartes per cura di Francesco Forlani; la lettera a/periodica «bina»; la rivista online «Poesia da fare» e la collana di e-book Poesia italiana online, entrambe curate da Biagio Cepollaro.


bozza iniziale dell’articolo:

Forse non c’è una ‘misura’ pensabile per le esperienze di prosa breve, per ciò che non nascendo come prosa d’arte non vuole essere però racconto.
 È noto che una certa tradizione ondivaga e complessa può venir individuata come originariamente ‘bifronte’: o principalmente narrativa o principalmente sperimentale/metalinguistica e onirica. Si parte così già con la differenza tra i tableaux dello Spleen de Paris e logicamente le Illuminations. Ma prescindendo da dualismi, tentiamo qui un elenco in caos completo senza mettere in gioco altre analisi critiche che sarebbero e saranno sempre benvenute: spostiamoci liberamente da Trakl, e dagli stessi Kafka e Beckett, a Saint-John Perse, Fargue, Michaux, Ponge, Char; alle Carte segrete di Scipione (da cui Amelia Rosselli sente e marca differenza e distanza – ma con affetto e ascolto), fino ai quadri/microracconti onirici del Bernhard di Eventi; e a certi frammenti indecifrabilmente perfetti di Handke, o a quel che di Simic si legge ne Il mondo non finisce. O al lavoro di Giampiero Neri, agli esperimenti di Nanni Cagnone (p.es. le cose pubblicate negli USA, come Enter Balthazar).

Per i testi di (altri) autori italiani recenti, diciamo che partendo dai frammenti e tratti in prosa interni a libri come Ritorno a Planaval di Dal Bianco (Mondadori), o Giorni in prova di Rentocchini (Donzelli), o L’esperienza della neve di Scarabicchi (ancora Donzelli) si può osservare una permanenza latamente narrativa, referenziale, che credo interessante. Per esperienze forse meno note – di sperimentazione parallela alla ricodifica di cose e luoghi – va senz’altro letto il libretto di Paola Zallio, Lingua acqua (edito da Anterem), e vanno lette le quasi-prose di Come a beato confine di Stefano Guglielmin (Book), il Coro da l’acqua di Tommaso Ottonieri (D’if) e Aperto a inverni di Ermanno Guantini (sempre edizioni D’if). Autore da considerare senz’altro è poi Alessandro Broggi (vedi su N.I. la pagina http://www.nazioneindiana.com/2004/05/23/quaderni-aperti/). Più in generale, terrei d’occhio la pagina di Poesia Italiana online curata da Biagio Cepollaro.
     

[da un commento in Nazione Indiana]

 

luglio 2005

domenica, 31 luglio 2005   [link]
 

la chimica grafica di Hans Bellmer spiega dispiega l’indistinzione delle parti del corpo femminile come modello dell’indistinzione tra corpo e mondo. modi del mondo. chi vive in un’immagine di Bellmer, per quanto dolorosa indecorosa questa sia, constata dialogo – compresenza dei solidi. ecco: non ha problemi con l’urgenza del mondo. come dicesse: «se acconsenti a essere ridisposto e ridiscusso dal corpo che ti fonda, dalla geometria perfino, non avrai difficoltà di relazione con nulla. senza per questo essere nulla, né oggetto». puoi toccare e essere toccato. coscienza e luogo compresenti. non è solo un teatro crudele, né interamente – certo – abitabile.


domenica, 24 luglio 2005   [link]

 

[ variazione da una lettera ]

     

      

C’è forse da ripensare e rifare un discorso sul trobar clus paradossalmente tuttora penalizzato in un paese che già di suo non conta su fasce di ‘lettori forti’ di poesia, in generale.

       

Non si deve essere necessariamente insoddisfatti del ‘cono d’ombra’, di invisibilità e non diffusione (non distribuzione dei libri) in cui sono talvolta catturate e bloccate alcune scritture di ricerca; molto si dovrebbe semmai esser preoccupati per il tipo di lettura o mislettura o non-lettura che di fatto orienta i percorsi editoriali.

       

A me sembra normale (o necessario proprio perché inquietante, perché è sfida) leggere opere di ricerca. O, se vogliamo lasciare da parte il tema della “ricerca”, direi: leggere scritture produttrici di senso-non-senso, di senso non ‘garantito’ da codici pienamente noti ai leggenti.

    

(Per intenderci: che motivo abbiamo di cercare forme e testi che ci dicano soltanto, nel modo che già conosciamo, quello che già sappiamo?).

             

A un numero alto (o basso ma potente) di editori o redattori – o lettori ‘forti’ – sembra invece pacifico e definitivamente acquisito confrontarsi solo e sempre con pagine ready to eat. (Ready made?). Prosa liscia, poesia piana.

        

In questo contesto va perfino ricacciata indietro e mitigata la tentazione di dire che la scrittura clus non è un problema primario (perché di fatto non lo è: molta scrittura è eminentemente di ricerca senza essere clus). Si vorrebbe pensare a indagini e sottili distinzioni fra varie aree di scritture che (diciamo così) fanno del linguaggio un problema e una sfida e non uno strumento o uno schedario aristotelico che ignora Wittgenstein.

        

MA di fatto non si può. L’italofono colto medio non ci è mica mai arrivato al secondo Wittgenstein…

       

Diamogli tempo, che diamine. Deve ancora attraversare tutto il Novecento, forse perfino un pezzo di Ottocento (francese). È ancora in trincea: e con Ungaretti; non ha idea del fatto che il Mauberley è del 1919 (si sorvoli su arti visive e musica). Montale devono proprio spiegarglielo. Dopo la spiegazione allarga le braccia e ghigna di sospetto.


domenica, 17 luglio 2005   [link]

 

Continuiamo

            

di Andrea Inglese

su www.nazioneindiana.com dal 12.7.2005

  

     

      
Cominciamo da questo. Nazione Indiana non sarà più la stessa, questo credo lo si sia capito subito, dopo che Antonio Moresco, Tiziano Scarpa e Carla Benedetti hanno annunciato la loro dipartita. Ma questo blog collettivo di scrittori, intellettuali, artisti continuerà ad esistere. Non sappiamo ancora dire in che forma, non sappiamo neppure dire fino a quando. Eppure ci siamo incontrati in tanti. Ci siamo incontrati con coloro che hanno deciso di andarsene e con coloro che hanno manifestato un forte desiderio di continuare. Continuare non sarà facile, non è indolore e costringe quelli che restano ad un’assunzione di responsabilità maggiore. Tutto ciò implica una ferita, implica lo stare nella ferita, nella consapevolezza di ciò che si perde e, nello stesso tempo, nella percezione di qualcosa di vivo, di nuovo e di imprevedibile che può nascere da questo dolore.

Quanto qui sto cercando di scrivere, è una forma di risposta elementare, ma necessaria, a quei lettori e commentatori di NI che hanno provato, anche loro, un minimo strappo, un dolore percepibile, in un angolo anche remoto del loro essere. Un fatto culturale, se esiste, se non è morta ripetizione dell’identico o grado ulteriore di assuefazione al mondo, è anche affetto, getta radici nelle pieghe emotive dei pensieri, irradia di sé le aspettative di un domani più felice e giusto. Questa mia risposta, e le altre che verranno dagli “indiani superstiti”, vogliono ribadire una possibile fiducia, un patto di ascolto reciproco, proprio attraverso un condiviso sentimento di rottura, di dolorosa rottura, che le recenti vicende del sito hanno suscitato.

Per altri lettori-commentatori, il perdurare, pur nell’inevitabile metamorfosi, di questo blog collettivo sarà un’allegra occasione di nuove scorribande, un feticcio telematico tra gli altri da dissacrare, ronzandoci intorno con maniacale insistenza. (Verrà un giorno in cui si studieranno le patologie “leggere” di alcuni utenti della Rete, la cui identità segreta o palese dipende in modo parassitario da qualche totem da bersagliare con puntualità quotidiana.) Altri ancora non troveranno più ragione di anatemi, andando via le personalità più “celebri”. In ogni caso, tutte le difficoltà, le velleità, gli incidenti, gli equivoci dell’asimmetrico, a volte fecondo, dialogo telematico ci attendono nuovamente.

Per articolare questa prima, provvisoria risposta, userò la mia voce combinata con quella di altri indiani rimasti, procederò per montaggio, prelevando dalla fitta corrispondenza che è nata fra di noi in questi ultimi tempi. Lascerò probabilmente fuori qualcosa di molto importante. Ma ognuno degli indiani superstiti potrà colmare la lacuna e la dimenticanza. Ed esprimere anche il suo accento più particolare.

       

1. La ferita

           
Helena Janeczek:

Zeige deine Wunde, < > è il titolo di un’istallazione di Joseph Beuys (…). Credo che per noi che restiamo e che di giorno in giorno decideremo di restare sia bene, sia segno partire dalla ferita, non cercando di nasconderla.”

(La ferita, lo stiamo sperimentando, non implica solo una postura fetale-depressiva, ma anche l’agitazione sghignazzante dell’infebbrato, che corre in avanti verso un’improbabile salute.)

       

       

2. Un incontro di commiato e di progetto

           
C’è stato l’1 luglio a Milano un incontro al “Teatro I”, che ha coinvolto ventitre persone, alcune delle quali non si erano neppure mai viste prima di persona. Persone che venivano anche da lontano: Firenze, Roma, Napoli, Parigi. C’erano: Helena Janeczek, Andrea Raos, Gianni Biondillo, Tiziano Scarpa, Sergio Nelli, Carla Benedetti, Sergio Baratto, Benedetta Centovalli, Andrea Bajani, Giovanni Maderna, Renzo Martinelli, Federica Fracassi, Antonello Spartani, Michele Rossi, Giorgio Vasta, Franz Krauspenhaar, Roberto Saviano, Gabriella Fuschini, Jacopo Guerriero, Giulio Mozzi, Antonio Moresco e il sottoscritto. C’era anche Jan Reister, che ha donato la sua intelligenza, il suo sapere e il suo tempo per far sì che, materialmente, il blog potesse nuovamente esistere. E credo sarà costretto, anche in futuro, a vegliare sull’analfabetismo telematico di alcuni di noi.

Non proporrò qui un resoconto della discussione che c’è stata tra di noi. Due ore fitte, in cui ognuno ha preso la parola, e ha espresso senza rabbia ma senza neppure eufemismi le sue ragioni e le sue critiche. La ragioni del commiato e delle critiche a ciò che NI era diventato, espresse da Moresco, Scarpa e Benedetti, a cui si sono aggiunte quelle di Sergio Nelli, Sergio Baratto e Benedetta Centovalli. La ragioni di continuare e, a volte, le critiche ai fuoriusciti sulle modalità di affrontare i conflitti interni, espresse da chi ha deciso di restare. C’è poi un piccolo numero di persone che, pur non condividendo le ragioni della fuoriuscita, ha manifestato l’intenzione di prendersi tempo per giudicare l’opportunità o meno di continuare una tale avventura dopo l’abbandono dei tre fondatori-ideatori.

Helena Janeczek:

“Su venerdì [1 luglio] vorrei aggiungere solo questo: c’era un clima di forte affetto e rispetto (molto più che di incazzatura) e secondo me di enorme onestà. L’onestà prima di tutto di non defilarsi dal conflitto, di non smussare furbescamente le posizioni.”

Ciò che di questo incontro vorrei sottolineare è la consapevolezza di tutte le ventidue persone presenti, che il funzionamento del blog non era l’unica ragione che ci teneva o ci aveva tenuti assieme, e questo è valso sia per i fuoriusciti sia per i superstiti. Il blog, insomma, non è stata né sarà per noi una semplice “vetrina” strumentale, attraverso la quale agire in perfetta noncuranza di quanto un altro membro fa o scrive. Questo credo sia la differenza fondamentale tra un blog individuale e un blog collettivo. Non si tratta di passare semplicemente da una forma monologica ad una forma polifonica. Lo abbiamo forse in certi momenti dimenticato, ma Nazioneindiana voleva essere associazione di individui oltre la rete. Non solo traiettorie parallele, ma anche nodi empatici, incontri di persone vive, che combinano le loro energie per azioni comuni, nel mondo. E mi auguro che sia veramente questo, il nostro blog, anche in virtù dei tanti progetti che stanno nascendo: non solo l’esito di attività solitarie, ma un punto di passaggio, un crocevia di gesti e di voci, dal quale poter ritornare al mondo come gruppo, modificando le nostre solitudini, moltiplicando le nostre forze d’azione sul contesto culturale che ci circonda.

Roberto Saviano (in una mail di maggio, poco dopo la lettera di abbandono di Moresco):

“E non vale l’ipotesi che ognuno ora potrà aprirsi il suo blog. Quel che io scrivevo poteva avere valore nella rete del progetto, solo invece diventa un lacerto specialistico. Che un pezzo sulla guerra di Secondigliano poteva non essere differente da una recensione d’arte, che una riflessione su Coltrane non è diversa dall’analisi sull’editoria. Questa è stata la nostra battaglia. Militare culturalmente, intelligere, unire il molteplice in un canale unico di forza e potenza dove la parola ha un imperativo nel reale, nel tempo che viviamo senza dover scadere nella cronaca o nell’immediato. Una strana e rara alchimia. Ma non saprete mai quanto si è innescato e quante tracce siamo riusciti a lasciare. Era la forza d’insieme. Il progetto molteplice, corposo, diversificato. Il Teatro I per molti di voi parrà una delle possibilità, una delle tante. Per chi, qui a sud, è malato di assenza di spazio e di possibilità il Teatro I era una forza straordinaria.”

      

       

3. La rottura

           

“Non ha più senso andare avanti assieme: i dissensi frenavano la radicalità del progetto.”
“Non ha senso separarci: i dissensi imponevano al progetto di articolarsi ulteriormente, senza perdere di radicalità.”

Una chiave di lettura di questa contrapposizione, fornita dai noi che rimaniamo mi sembra offerta da queste parole di Giorgio Vasta:

“Per quanto mi riguarda venerdì (1 luglio) si è generato e consumato un paradosso, qualcosa che ha in sé elementi tragici ed elementi comici. Quello che mi è sembrato di constatare in pressoché tutti gli interventi è un’unanimità che non riguarda specificamente gli intenti, le azioni particolari, le strategie e prima ancora la formazione e l’orientamento intellettuale (ambito nel quale credo continui a esserci una forte eterogeneità – e non penso che questo sia un male, per niente) ma che è un’unanimità di sentimento, di percezione, mi verrebbe da dire di intensità.

Che l’esito di questa unanimità sia la scissione mi sembra per certi versi una forma di autolesionismo, dall’altro il risultato dell’intrecciarsi di tante e troppe variabili che a un certo punto sono diventate incontrollabili e hanno fatto venire meno quella fiducia istintiva e inverificabile che mi sembra sia sempre stata il denominatore comune del rapporto tra i diversi indiani.

Come ho detto durante la riunione io non ho avvertito le obiezioni poste in occasione del convegno (sull’editoria) come una forma di negazione del progetto nazione indiana e come una corruzione del medesimo, ma al contrario come una sua ulteriore articolazione. Pensare di ripercorrere a ritroso la strada che ha portato all’equivoco e alla forzatura non è servito e non servirebbe neanche adesso. C’è un momento nel quale un processo diventa irreversibile e, pur con tutta la sofferenza che questo comporta, continuare a opporsi non ha senso.”

      

      

4. Chi saremo ora?

      

Helena Janeczek:

“Noi superstiti ci troviamo ora su un piano di maggiore parità, senza che in questo ci sia alcun merito. Ci sarebbe invece se riuscissimo a trasformarla in quello a cui credo mirasse Andrea Raos, usando la parola ‘fratellanza’.”
Andrea Raos:

“Vicinanze, non ne accetto (non è questo che intendevo con ‘fratellanza’): ma solo distanze – fortificanti, intensive. E queste distanze le desidero fra di noi (…) Nella mia vita di scrittore ed intellettuale sono sempre andato ad istinto, a prossimità fisica, per ricerche di accordi e disaccordi comuni che comunque apportavano qualcosa al dialogo.”

Helena Janeczek:

“Non siamo – sembrerebbe – pochissimi, almeno al momento, ma siamo senz’altro molto più deboli. Però credo che dovremo cercare di rovesciare questa debolezza, perché questa contiene per ciascuno di noi una grande possibilità di crescere, di rilanciare, di creare insieme. Perché ci chiama a impegnarci e a rimetterci in gioco di più, a confrontarci più apertamente. Tutto questo però assolutamente non in un’opposizione infantile a ciò che faranno i fuoriusciti: che per me restano compagni di strada su vie, in questo momento, divergenti.”

Cos’è che fa esistere un gruppo? Cos’è che fa esistere un gruppo di scrittori, intellettuali e artisti, oggi, provenienti da città, ambienti, formazioni tanto diverse?
Voltiamoci un attimo indietro. Che cosa ci ha fatto esistere fino ad ora?

Roberto Saviano (mail di maggio):

“La forza libertaria del sito e del gruppo risiedeva nella costruzione multiforme, non regolamentata, nella garanzia della libera scrittura. L’essere così realmente molteplice, non come un quotidiano liberale o come una trasmissione televisiva che garantisce il confronto di diverse voci per meglio far emergere vincente la propria. Non si trattava di dibattiti e confronti. Le idee e i pensieri si almanaccavano con la propria forza senza avere altra garanzia che il proprio impegno e l’articolazione delle riflessioni. Il valore aggiunto era questa capacità di seguire, di raccontare, di citare, di riversare nel vaso del sito. Attraverso le volontà e le sensibilità dei partecipanti, senza un canovaccio che garantisse tutti i tracciati ma lasciando che le scorribande, o i certosini orpelli, o le disciplinate riflessioni, o i frammenti più impuri, rappresentassero il nostro tempo e non solo. Un presente caotico che riusciva ad essere più completo dei più rigorosi composti giornalistici e dei più regolamentati luoghi di riflessione.”

Ora, è importante qui riconoscere i propri debiti. Colui che, fin dall’inizio, ha impresso all’esperienza di Nazioneindiana questo carattere libertario è stato senza dubbio Antonio Moresco. È stato lui il gran catalizzatore delle nostre solitudini. Lui per primo a scommesso sulle “distanze intensive”. Ed è stato così che, in NI, ci siamo trovati non in virtù delle nostre comuni e condivise appartenenze, ma in virtù delle nostre inappartenenze, delle nostre solitudini, del nostro statuto di orfani, disertori, infedeli. Incontrandoci in NI è come se ognuno avesse un po’ tradito il proprio gruppo d’appartenenza: editoriale, accademico, di genere letterario, di dottrina politica, ecc. Ognuno ha tradito un po’ la sua tribù, per ritrovarsi in NI con altri “barbari”, dal vocabolario e dai percorsi molto diversi. Spesso, poi, i tradimenti si erano già consumati da tempo. Come ha detto Giorgio Vasta:

“Non ho mai fatto parte di un gruppo, neppure di quello delle Giovani Marmotte quando ero bambino”.

Un gruppo di “cani sciolti”, dunque. In quest’ossimoro starebbe la nostra forza? Non solo. Io non ho mai vissuto, ad esempio, l’identità di “indiano” come qualcosa di esclusivo. Pur avendo fin da subito, e con passione partecipato alla vita di questo blog, non ho mai creduto che potesse conferirmi un’identità specifica. Ma questo non era per me un limite di NI, né un mio volermi tenere un passo indietro. Credo che sia stata la sua impronta libertaria a caratterizzare NI come un luogo d’incontro e di attraversamento, piuttosto che come un luogo di posizione e radicamento. Questa modalità di fare gruppo non è ovviamente priva di limiti evidenti, ma su questo tornerò più avanti.

(Un’esperienza simile a quella di NI, nata anch’essa con un’impronta fortemente libertaria, ha portato ad un volume collettivo uscito nel 2000, Ákusma. Forme della poesia contemporanea, per la Metauro Edizioni. Io e Raos vi partecipammo, assieme ad altri 49 poeti. Ci incontrammo tutti quanti, raccogliemmo una gran quantità di materiale teorico e critico, e completammo il lavoro con un’autoantologia di testi. In seguito organizzammo a Roma e a Milano una serie di incontri e di letture con il pubblico. Allora il gran catalizzatore di solitudini, nonché l’ispiratore “libertario”, fu il poeta Giuliano Mesa. Ricordo questo avvenimento, perché nel mondo della poesia fu davvero uno spostamento notevole, rispetto alle attitudini prevalenti nel campo (cordate compatte, intorno a qualche critico-faro, a qualche manifesto di poetica, a qualche rivista o a qualche poeta-maestro). L’anomalia delle iniziative “akusmatiche” fu punita con un meticoloso silenzio da parte degli altri addetti ai lavori. Ma questo non intaccò più di tanto la nostra convinzione che la strada era comunque giusta e che, nonostante limiti e debolezze del progetto, andava battuta. Ákusma, infatti, rinascerà presto come sito in Rete. Rispetto ad Ákusma, NI presenta comunque un ulteriore e importante punto di forza. Lo spirito libertario coinvolge e intreccia qui percorsi che vanno al di là dell’ambito ristretto della poesia. Il che, sia detto chiaramente, non è un vantaggio solamente per il poeta, che ritorna a dialogare quotidianamente, come dovrebbe essere normale, con narratori, romanzieri, registi, attori, ecc. Il vantaggio, infatti, credo sia davvero reciproco, e più in generale tocca chiunque esca dal suo campo culturale specifico, dal suo vocabolario, dal suo punto di vista di genere.)

Riprendiamo la domanda iniziale. Cos’è che fa esistere un gruppo? Un gruppo potrebbe essere tenuto assieme e rafforzato da una comune visione del mondo, un’ideologia, un’insieme di idee e valori forti intorno ai quali organizzare la propria esperienza della realtà.


Ma oggi siamo enormemente timidi, rispetto a questo. Enormemente diffidenti. Davvero pare di sentire insofferenza e scetticismo nei confronti di tutto ciò che concorre a definire statuti, principi, categorie conoscitive. Nessuno di noi ha voglia di solidificare l’identità del gruppo: essa deve rimanere fluida (per utilizzare un termine di Zygmunt Bauman), e non solo in questa fase di passaggio e metamorfosi. (D’altra parte, così è stato per NI anche in passato: il blog ha funzionato, in crescendo, per due anni, senza piattaforma dottrinaria preordinata.)

Antonello Sparzani:

“Ho spesso constatato come, /in presenza di troppa metateoria, è opportuno dedicarsi alla teoria/. Frase naturalmente troppo recisa, che però vuole proporre di parlare di e su NI lo stretto indispensabile (che non vuol dire non parlarne, sono abbastanza consapevole della situazione) e però, d’altra parte, per capire cos’è ora NI, fare delle cose, ognuno nella propria specificità. Quelli di NI che sono scrittori scrivano, postino, riportino, dicano cose riguardanti la scrittura, così come quelli che praticano altre arti, diano contributi in queste arti eccetera.”

“Chi saremo, ora?”
“Saremo quello che riusciamo a fare,che sappiamo fare, saremo il nostro fare.”


Questa risposta wittgensteiniana mi sembra la migliore. E però vorrei aggiungere qualcosa, frutto di riflessione assolutamente personale.
Il fatto che ci manchi un’articolata, esplicita, visione del mondo attuale è una debolezza, un limite. Non un punto di forza. L’analisi di Antonio Moresco e di Carla Benedetti sull’universo dell’editoria è stata da alcuni di noi percepita non come eccessivamente radicale, ma come insufficientemente articolata e approfondita. Questo non è certo imputabile agli inevitabili limiti delle analisi proposte, ma ci segnala, semmai, l’esigenza di compiere ogni volta, assieme alla denuncia polemica, un enorme lavoro di raccolta dei dati, di riflessione collettiva e interdisciplinare.

Rispetto a quanto dice Sparzani (e che mi sembra da noi tutti ampiamente condiviso), io aggiungerei questo: il fare non può essere sufficiente a definire compiutamente la nostra identità di intellettuali, scrittori e artisti. Per capire, infatti, cosa davvero abbiamo fatto, dobbiamo anche capire il destino più ampio a cui è sottoposto il nostro operare, come portatori di un progetto culturale, all’interno dell’attuale stadio di mercificazione della parola scritta e di “gratuita” diffusione della parola telematica. Detto in termini brutali: per capire chi siamo, e il senso di quanto facciamo, dobbiamo capire come viene usato ciò che noi produciamo. Dobbiamo essere il più possibile consapevoli rispetto alle forme e agli effetti che la mercificazione impone alla letteratura, all’immagine, all’arte. Lavorare assieme all’esistenza di un blog, può significare allora allargare questa consapevolezza, sollecitando anche nei lettori – spesso nostri “simili” nel campo della cultura – una riflessione in questa direzione.

La letteratura non è un fenomeno atemporale né un’invariante antropologica, se crediamo in questo modo di metterla al riparo dall’evoluzione delle società. Essa esiste, per noi, all’interno di un’articolazione storicamente determinata di una certa organizzazione sociale, governata dal sistema di produzione capitalistico. Possiamo essere scettici finché vogliamo, ma ogni volta che ci mettiamo a scrivere, ogni volta che facciamo il nostro mestiere, agiamo dentro uno spazio di possibilità che sono già state in gran parte predeterminate. Non solo, ma l’evoluzione del rapporto tra produzione capitalistica e merce culturale è in tale continua evoluzione, che intorno a noi i confini di ciò che crediamo essere “la letteratura” o “l’arte” stanno già cambiando a nostra insaputa, assumendo inedite fisionomie, rischiando di depotenziarsi ulteriormente.

Per concludere, la risposta a ciò non è certo il Ritorno al Grande Artigianato. Ma il semplice rifiuto di scindere il proprio fare dalla riflessione costante sul fine, l’esito, lo statuto sociale in senso ampio di questo fare.

    

   

5. Che faremo ora?

  

I progetti e le proposte di noi indiani superstiti sono davvero tanti e diversi. Non mi metto qui ad elencarli, per il semplice fatto che sono di giorno in giorno in via di definizione. E soprattutto perché lascio la parola ad ognuno di noi, per integrare quanto io ho detto senz’altro in modo incompleto e parziale. E poi per proporre le iniziative che bollono nel nuovo crogiolo.

Anticipo solo due intenti. Uno in perfetta continuità con la vecchia NI. Continuare cioè ad essere – uso qui l’espressione di Franz Krauspenhaar – “editori autonomi per altri, per nuovi talenti non ancora espressi perché magari lontani dalle “conoscenze”, da certe logiche, da certi aumma aumma”. E io aggiungerei: per talenti tanto nuovi, quanto vecchi: ma meno conosciuti del dovuto.

L’altro intento, ribadito ultimamente da Giorgio Vasta, ma già da tempo nell’agenda di altri indiani, rendere il blog davvero vasocomunicante con l’esterno: ossia dotarlo finalmente di una serie di link che non lo renda più inspiegabilmente monadico.

Andrea Inglese


giovedì, 14 luglio 2005   [link]

 

Su Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com) in questi giorni: interventi di Andrea Inglese e Giuliano Mesa. Con argomenti e ipotesi nuove, itinerari possibil.

giugno 2005

martedì, 28 giugno 2005   [link]
 

Esce il n.2 di «Poesia da fare»

È in rete il n.2 della rivista «Poesia da fare», curata da Biagio Cepollaro. In formato pdf, come di consueto. Ecco l’indice:

        

Editoriale e immagine di B.C.

Paolo Cavallo, da Senza valore

Massimo Sannelli, Poesie

Biagio Cepollaro, Su Quaderni aperti, di Alessandro Broggi

    

Ricordiamo che sono online anche:

    

> il V Quaderno del blog Poesia da fare, con testi di e su Baino, Bortolotti, Bottà, Caserza, Cirilli, Di Ruscio, Paola Febbraro, Forlani, Fusco, J.Galimberti, Gambula, Genti, Giovenale, Inglese, Mascitelli, Pizzi, Sorrentino.

    

 e

    

> il Supplemento al V Quaderno di Poesia da fare, con i Blogpensieri di Biagio Cepollaro    


domenica, 26 giugno 2005   [link]

 

Un articolo di Giuliano Mesa sul libro di Marzio Pieri, Il Paratasso o La Gerusalemme Rivelata. Il poeta, le vergini e le crociate della cocacola («Autentici falsi d’Autore. Collana diretta da Giovanni Casertano»), Alfredo Guida, Napoli, 2005: in http://www.italianisticaonline.it/2005/pieri-paratasso/ 

[ anche nella pagina di News del sito dell'”Archivio Barocco”: http://www2.unipr.it/~pieri/Galeria.htm ]


È in rete la rivista quadrimestrale di scrittura creativa «Il calzerotto marrone», all’indirizzo http://www.ilcalzerottomarrone.it

La pubblicazione è diretta da Guido Baldassarri.
In redazione: Massimo Bacigalupo, Angela Babbolin, Saveria Chemotti, Laura Fabris, Nicola Gardini, Roberto Gigliucci, Gianluca Maestra, Valentina Salmaso, Franco Tomasi, Edoardo Ventura, Stefano Verdino, Alessandro Zattarin, Emanuele Zinato.

Dalla home page: «Di scrittura creativa, in questi anni, si è parlato molto, forse troppo. Al di là delle mode, forse anche nel tentativo, più o meno consapevole, di compensare una pressoché totale eclissi della letteratura e della poesia, non dal vissuto di chi scrive (moltissimi, e non di rado insospettabili), ma dalla graduatoria dei valori della società contemporanea, anarchica solo in apparenza. Il titolo, così grezzo, inameno, può compensare i lustrini del sottotitolo: perché «scrittore» non diventi necessariamente sinonimo di copywriter. Una cifra stilistica, se vogliamo: che potrebbe anche fare la differenza fra questa rivista on line e i molti siti in cui, da tempo, anche per gli esordienti, è possibile “pubblicare”».
Nel primo numero, fra l’altro, inediti di Luzi, Volponi, Sannelli.


  [link]

 

Neuropa, di Gianluca Gigliozzi

Sarà presentato giovedì 30 giugno – presso la Libreria Apuliae di Lecce – il romanzo Neuropa, esordio di Gianluca Gigliozzi (Luca Pensa Editore).

Assieme all’autore saranno presenti Stefano Donno, direttore editoriale della casa editrice salentina, Luciano Pagano, redattore della rivista online Musicaos, e Rossano Astremo, curatore del periodico di scrittura e critica letteraria Vertigine.

Per maggiori informazioni, si può visitare la pagina http://www.neuropa.splinder.com/


sabato, 25 giugno 2005   [link]

 

DAl 24 giugno su www.nazioneindiana.com una recensione di Gherardo Bortolotti alle Endoglosse (Biagio Cepollaro E-dizioni), e sette testi dalla raccolta. Su Endoglosse è leggibile una diversa versione del saggio di G.B., uscita con il titolo di Ipotesi per un nuovo realismo, in «Il Segnale», a.XXIV, n.71, giu.2005, pp.9-11.


    Promemoria: chiunque volesse acquistare & leggere l’antologia Ákusma, forme della poesia contemporanea, può visitare questa pagina: http://www.metauroedizioni.it/spazioakusma.htm e contattare la casa editrice Metauro.


giovedì, 23 giugno 2005   [link]

 

Esce «L’Ulisse» n.4

È in rete il quarto numero de «L’Ulisse» (www.lietocolle.com/ulisse), rivista monografica di poesia e pratica culturale diretta da Alessandro Broggi, Carlo Dentali e Stefano Salvi. La nuova inchiesta è dedicata al “ruolo dell’artista / del poeta nel mondo contemporaneo”.

Interventi e testi critici di Nicola Gardini, Flavio Ermini, Vito M. Bonito, Massimo Sannelli, Italo Testa, Tommaso Lisa, Alessandro Raveggi, Sandro Montalto, Mary Barbara Tolusso, Maurizio Mattiuzza, Luciano Pagano, Nicolas Bourriaud, Roberta Valtorta, Simona Palmieri, Antonio Moresco, Giampiero Neri

Traduzioni da Jean-Michel Espitallier, Christophe TarkosPierre Alferi, Yang Lian

Poesie e prose di Francesco Forlani, Stefano Guglielmin, Marco Giovenale, Vincenzo Bagnoli, Andrea Ponso, Carlo Dentali, Vincenzo Ostuni, Stefano Salvi, Tiziano Fratus, Patrizia Mari, Renzo Favaron, Paolo Fichera


sabato, 18 giugno 2005   [link]

 

«Poesia da fare»  n.1  …E SUPPLEMENTI !

Come si diceva qualche giorno fa, è in rete il n.1 della rivista «Poesia da fare», curata da Biagio Cepollaro. Questo l’indice:

   

Editoriale e immagine di B.C.

Francesco Forlani, Esilio

Marco Giovenale, testi da Shelter

Davide Morelli, Impercezioni

Biagio Cepollaro, Su L’indomestico, di Andrea Inglese

    

MA va sottolineato che: sono in parallelo in rete anche:

    

> il V Quaderno del blog Poesia da fare, con testi di e su Baino, Bortolotti, Bottà, Caserza, Cirilli, Di Ruscio, Paola Febbraro, Forlani, Fusco, J.Galimberti, Gambula, Genti, Giovenale, Inglese, Mascitelli, Pizzi, Sorrentino.

    

 e

    

> il Supplemento al V Quaderno di Poesia da fare, con i Blogpensieri di Biagio Cepollaro. (E postfazione di M.G.)

    


venerdì, 17 giugno 2005   [link]

 

da venerdì 17 giugno a domenica 19 giugno

a Castell’Arquato (Piacenza):

MACCHINE DELLA POESIA

a cura di Eugenio Gazzola e William Xerra

     

dal comunicato stampa:

« La rassegna Macchine della poesia, che inaugura una ricca stagione culturale e artistica a Castell’Arquato, sulle colline piacentine, si propone di diventare il luogo di incontro privilegiato delle varie espressioni della poesia contemporanea, attraverso letture e commenti a opera degli autori.
Azioni sceniche e performance, presentazioni di raccolte e saggi critici, esposizioni e dibattiti sui temi generati dall’incontro tra parola e suono, parola e immagine, parola e ambiente.

«L’obiettivo è quello di aprire il “congegno” poetico per mostrarne il funzionamento effettivo. […] Con il titolo Altre voci la manifestazione propone un numeroso gruppo di poeti dell’ultimissima generazione o di recente esordio provenienti da diverse regioni d’Italia: Gian Maria Annovi, Elisa Biagini, Davide Brullo, Roberta Castoldi, Simone Cattaneo, Andrea Di Consoli, Giovanna Frene, Massimo Gezzi, Francesca Genti, Marco Giovenale, Fabrizio Lombardo, Paolo Maccari, Giovanna Marmo, Daniele Mencarelli, Francesco Osti, Daniele Piccini, Laura Pugno, Jacopo Ricciardi, Francesca Serragnoli, Massimo Sannelli, Flavio Santi, Luigi Socci, Italo Testa, Sara Ventroni.

«Faranno da controcanto gli incontri dedicati all’approfondimento e al dibattito su autori storici e temi dell’attualità poetica italiana, con la partecipazione di Patrizia Valduga, Alfredo Giuliani, Alberto Bellocchio e del regista Giuseppe Bertolucci; di critici e saggisti come Aldo Tagliaferri, Andrea Cortellessa e Adriano Marchetti.

La manifestazione si svolge dal 17 al 19 giugno, sulla piazza medievale di Castell’Arquato, sotto la direzione scientifica di Eugenio Gazzola e William Xerra »

     

Info: http://www.castellarquato.net/


martedì, 14 giugno 2005   [link]

 

Romapoesia 2005

DOCtorCLIP


primo festival italiano di videoclip di poesia

concorso internazionale

 

Da tempo la poesia intrattiene rapporti con le altre arti, si mescola con loro, si modifica e le modifica in un processo di ibridazione continua che è uno dei segreti della sua longevità ed anche, paradossalmente, di fedeltà alle proprie radici; l’interdisciplinarietà del verso è stata infatti praticata sin dalle prime Avanguardie. La rivoluzione digitale ha poi permesso la diffusione di massa di una serie di tecnologie di registrazione delle immagini e del suono, dando impulso a cortocircuiti tra mondo audiovisivo e poesia e permettendo l’interfacciarsi della poesia con il cinema, la video-arte e i new media.

Nell’ottobre 2004 all’Auditorium – Parco della Musica, nell’ambito dell’ottava edizione del festival Romapoesia, MRF progettiprimo Festival italiano di videoclip di poesia: una nuova espressione poetica che fa interagire parola ed immagini artistiche; un linguaggio, inventato e praticato dai giovani, che è nato e si è affermato soprattutto nelle grandi capitali internazionali, quali Berlino, Barcellona, Chicago. Roma si è unita a queste città presentando al pubblico una selezione di lavori dello Zebra Poetry Film Award di Berlino e impegnandosi nella preparazione della 1° edizione italiana del Festival. Il lancio ufficiale del concorso, che si chiamerà DOCtorCLIP, è avvenuto il 21 marzo 2005 (Giornata Mondiale della Poesia) dai microfoni di RADIO RAI TRE – SUITE. ha presentato il numero zero del

Per partecipare al concorso, che è internazionale e mira in particolar modo a coinvolgere i paesi del mediterraneo, bisogna inviare alla redazione di Romapoesia, entro il 31 agosto 2005, un videoclip inedito in formato DVD non più lungo di 10 minuti, che abbia come argomento una o più poesie edite o inedite. Il video, a cui va allegata la scheda di iscrizione, deve essere accompagnato da una breve presentazione.

I video saranno selezionati da una giuria formata da alcuni tra i maggiori poeti, registi e videoartisti italiani ed internazionali e al vincitore andrà un premio in denaro. La premiazione si svolgerà in ottobre, nell’ambito della prossima edizione del festival Romapoesia,  in una serata interamente dedicata al videoclip in cui verranno proiettati i video in concorso ritenuti più validi dalla giuria. Questi verranno anche trasmessi da canali televisivi nazionali e satellitari.

Il bando di concorso e la scheda di iscrizione su www.romapoesia.it

 

[Il Zebra Poetry Film Award – che si svolge a Berlino ogni 2 anni contemporaneamente al Berlin Poetry Festival e con la prestigiosa Weltklang – Nacht der Poesie, organizzata da literaturWERKstatt Berlin in collaborazione con Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit (GTZ) GmbH e Interfilm Berlin, sotto la direzione di Thomas Wohlfahrt – è giunto alla sua seconda edizione, confermandosi come il più grande e importante contest mondiale dedicato alla videopoesia – con più di 800 opere inviate al concorso, provenienti da 57 differenti paesi.]

Info: via Giovanni Lanza 178, 00184 Roma – tel 06 48906040 – fax 06 48916756 – email info@romapoesia.it

Ufficio stampa: Monica Passoni – cell. +39 348 7374404 – email monica.passoni@mrf5.it


domenica, 12 giugno 2005   [link]

 


13 giugno
, INAUGURAZIONE

Pour la présentation de la collection Objectale aux éditions Cythère-Critique,
dont fait partie le dernier ouvrage de Luisa Gardini et Benoît Gréan, WPMT15,
rendez-vous le lundi 13 juin entre 18h30 et 21h en la librairie Cythère-Critique
via dei Banchi Nuovi, 6 – 00186 Roma

Pour plus d’informations sur la collection, cliquer sur

http://www.cythere-critique.com/collectionobjectale.html

Pour une information plus spécifique sur WPMT15, cliquer sur

http://www.cythere-critique.com/objectwpmt15.html


        

 Nous avons souhaité que cette première collection soit une continuation du travail effectué à la librairie depuis un an et demi, témoignage des collaborations et des rencontres qui en sont nées.

Pour la plupart, ces livres proposent une déclinaison ou sont le résultat, autrement mise en forme, d’une exposition que nous avons présentée ( même si nous pourrons déroger à cette règle dans l’avenir). Juste retour à notre idendité car ces expositions ont eu pour vocation première d’illustrer activement des courants contemporains à nos yeux importants (le sens des images, la représentation et ses techniques, la réappropriation des productions industrielles, le jeu de l’abstraction et de la signification).

Une petite collection donc, de livres peu explicatifs comme le sont les objets eux-mêmes ; une série de propositions poétiques confrontées à leur support.

Les autres collections, notamment littérature et sciences humaines, sont actuellement en cours de définition.

 

Cythère-Critique 

 


martedì, 07 giugno 2005   [link]

 

«Poesia da fare», n.1

È in rete il n.1 della rivista «Poesia da fare», curata da Biagio Cepollaro. In questo fascicolo:

   

Editoriale e immagine di B.C.

Francesco Forlani, Esilio

Marco Giovenale, testi da Shelter

Davide Morelli, Impercezioni

Biagio Cepollaro, Su L’indomestico, di Andrea Inglese



domenica, 05 giugno 2005   [link]

 

Venezia a/r

   

È ora online sul sito omero.it il progetto Venezia A/R, ideato da Francesca Vitale in stretto legame con alcune sue fotografie della città e con le pagine di Fondamenta degli incurabili, di Iosif Brodskij (Adelphi). La cura del progetto è di Paolo Restuccia.

    

Francesca Vitale è tornata nella città dov’è nata con in tasca un libro di Iosif Brodskij: al ritorno, ha coinvolto in questa idea di ‘opera collettiva’ amici artisti e scrittori: per le foto di Venezia a/r hanno scritto versi e prose Marco Giovenale, Massimo Sannelli, Laura Pugno, Fiammetta Cirilli, Franco Mancini. Hanno scritto dei testi Andrea Semerano ed Emilia Morelli. Ha scritto un racconto Mauro De Cillis. Carla Vasio ha donato un frammento del suo romanzo Laguna (Einaudi, 1998). Luca Conti invece ha scritto questa musica

15-29 maggio 2005

domenica, 29 maggio 2005   [link]
 

a Roma, venerdì 3 giugno 2005, ore 17:30

nell’ambito dell’iniziativa Poesia in via Giulia

 

(sagrato della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini)

 

 

una giornata dedicata alla poesia contemporanea

 

a cura della collana

“i megamicri” (Oedipus Edizioni)

 

diretta da Alfonso Amendola e Mariano Bàino.

 

 

Coordinamento:

Massimiliano Manganelli

 

 

Interventi critici di

Giancarlo Alfano, Francesco Muzzioli, Giampaolo Renello

 

 

Letture di 

Guido Caserza, Michele Fianco, Florinda Fusco,

Marco Giovenale, Giovanna Marmo, Vincenzo Ostuni,

Angelo Petrella, Laura Pugno, Angelo Rossi, Antonello Tolve

 

 

 

 

 


mercoledì, 25 maggio 2005   [link]

 

Appunti verso risposte

all’Inchiesta internazionale sulla prosa poetica

promossa dalla rivista «YIP – Yale Italian Poetry»

(2003)

– ora anche in Italianistica OnLine

Quando nel testo poetico entrano, a fare struttura, inaggirabili, flussi di cifre, cartine, calchi paleografici, oggetti, video, voci, e ancora differenti elementi “estranei”; e se questo accade nell’arco non di pochi anni, ma per decenni ricodificandosi – regola o eccezione – in autori distantissimi tra loro; allora metro e ritmo, come sintassi e spezzatura, possono e forse devono sentirsi chiamati a un lavoro di ridefinizione e discussione, e di confronto anche mediato – ma inevitabile – con le arti. Questo lavoro, per il secondo Novecento, non è forse neppure agli inizi.

Se la pagina 11 del Conte di Kevenhüller è la riproduzione anastatica di un avviso settecentesco; se le opere di Zanzotto sono costellate di disegni, frecce, abrasioni; se quasi l’intero lavoro di Emilio Villa è uno stemma di sconfinamenti e sovrascritture reciproche fra le arti; se – oggi – un “riporto” epigrafico conclude il poemetto Spostamento, di Giovanna Frene; (per tacere – ma perché tacere? – di decenni di poesia concreta, o delle esperienze di riviste come «Testuale» e «Anterem»); può essere ancora pensata – e come? – una diversa mappa della metrica del secolo ormai concluso? E poi: della sola metrica?

In verità molti parametri sono inadatti a toccare e descrivere cento anni di letteratura segnati già dal principio dai gesti di Tzara, o dalla voracità inclusiva e anarchica dei Cantos. Le opere-mondo sono così, funzionano così.

Ma la prosa in generale, banchetto interminabile, è per sua natura così, funziona così. (Il romanzo, solida istituzione borghese, ne è brevetto: fabbrica di fabbriche).

Se è vero che la prosa fascia e trattiene tutto, era logico fosse lei, nell’Ottocento a vapore, a prendersi la briga di divorare e far sua la poesia medesima, sovrapponendosi e facendo intreccio. (Per un resoconto – estenuato – cfr. A.Berardinelli, La poesia verso la prosa). Ma questo, ormai smascheriamoci, nemmen troppo fini ironisti, è solo l’involucro del problema. La buccia. La storia.

Quel sovrapporsi e intrecciarsi è il precipitato inventariabile di una nube assai più estesa, che non si può afferrare. Non tenerne conto significa elidere dal panorama il novanta per cento dell’arte contemporanea mondiale.

Il XX secolo sancisce molte dissipazioni: tra tante, quella dell’oggetto estetico.

“Estetico”: è termine che semmai, a tutto campo, attiene all’esperire in generale, alla traccia di un passaggio di senso, o alla verifica di un passaggio possibile di senso. E: se è sulla possibilità che l’obiettivo esercita la messa a fuoco, ecco che nessun oggetto appare privilegiato, o pre/visto. Il bello “in senso estetico moderno” si scioglie in entità mutevoli, su cui sembra che solo il tempo vanti talvolta un occasionale successo, ma per mera descrizione. Dopo qualche anno, l’auctor si profila: inquadrabile. Ha modificato il paesaggio, tutto prima e dopo di lui è differenza (da lui, grazie a lui).

Questo stato di cose è il logico sviluppo, su cui qui non si indugia, di un iter tematizzato – in forma esemplare – da Kant, ma avviato secoli prima.

Ora, dal primo orizzonte di un secolo addirittura Ventunesimo, è il momento di osservare poesia e prosa non come fossero due falene attratte una dai riflessi ed enigmi dell’altra. Si può forse azzardare e suggerire che il poème en prose in definitiva non è lo sperso sistema orbitale di due pianeti che, avendo smarrito il sole dei rispettivi generi (La Poesia vs La Prosa), ruotano lanciati nello spazio.

«Poesia in prosa» è semmai uno tra i sintomi di assai più vasto movimento; o: è un segno complesso, e un’endiadi.

È traccia o puntura formale di quel tessuto delle arti che all’estremo vede spiccare – sismografo o sisma lui stesso – Emilio Villa, o il fuoritesto Carmelo Bene; o – più “classificabili” – gli spazi metrici di Amelia Rosselli, le stringhe orizzontali – «incerti frammenti» – di Zanzotto, la pagina-proteo di Nanni Balestrini. Ma pensiamo anche a un testo-gesto poetico e politico come Le descrizioni in atto (1969), di Roberto Roversi.

Del secondo Novecento è propria una sensibilità cresciuta e crescente, verso quelle che non sono più avvertite come “ibridazioni” o “doppi codici”, bensì vere coesioni (cointeressenze?), parti gemellari, di testi-nelle-arti. O controtesti. Vanno allora citati i deliri razionali di Tommaso Ottonieri (magma plastico e veglia di prosa e poesia …e cd); il flusso ininterrotto di scritto ed esecuzione, performance, in autori-attori come Rosaria Lo Russo; l’oscillazione tra generi e lingue di Gabriele Frasca; il tessuto sonoro realizzato da Giuliano Mesa con il compositore Agostino Di Scipio, per Tiresia; l’opzione “lineare” (non versale) di Florinda Fusco.

Sono solo alcuni nomi. Di autori che sperimentano si direbbe definit(iv)amente in forma normale (nel senso di: logica, non conquistata, bensì “di partenza”) i passaggi tra generi e forme e codici – e così il continuo slittamento della prosa nella poesia, e viceversa. (Ma è bene insistere: questo moto recursivo è un tassello del dialogo più ampio con le arti, sempre testualizzato; nel contesto di una ridiscussione profonda di quello che fino a qualche decennio fa si definiva “senso estetico moderno”).

Staccare poesia da prosa, o legarle in coppia cioè dualismo appena ricomposto in semiritmi, così come sciogliere il lavoro degli autori citati da musica-teatro-videoarte… non è dato. È fattibile ma costituirebbe forse un’ennesima operazione integralmente “letteraria”: non illegittima, però incompleta e imprecisa anche entro i confini della propria legittimità.

  

   

   

    

testi citati (o sottintesi):

Giorgio Caproni, Il Conte di Kevenhüller, Garzanti, Milano 1986.

Giovanna Frene, Spostamento, Lietocollelibri, Como 2002.

Franco Moretti, Opere mondo – Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent’anni di solitudine, Einaudi, Torino 1994.

Umberto Eco, Il segno della poesia e il segno della prosa, in Sugli specchi e altri saggi, Bompiani, Milano 1985.

Alfonso Berardinelli, La poesia verso la prosa, Bollati Boringhieri, Torino 1994.

Emilio Garroni, Estetica. Uno sguardo-attraverso, Garzanti, Milano 1992.

Amelia Rosselli, Spazi metrici (1962), ora in Le poesie, a c. di E.Tandello, Garzanti, Milano 1997.

Roberto Roversi, Le descrizioni in atto (ciclost.1969, poi in varie ed., l’ultima per la Coop Modem, Bologna 1990).

Tommaso Ottonieri, Elegia Sanremese, Bompiani, Milano 1998.

Rosaria Lo Russo, Comedia, Bompiani, Milano 1998.

Gabriele Frasca, Rive, Einaudi, Torino 2001.

Florinda Fusco, linee, Zona, Lavagna 2001

Giuliano Mesa (con Agostino Di Scipio), Tiresia, prima esecuzione dell’opera a L’Aquila, 12 dic. 2001, Festival “Corpi del Suono”; regia del suono, Agostino Di Scipio; voce, Giuliano Mesa; elementi visivi, Matias Guerra.

      


[ Testo già comparso a stampa in «YIP – Yale Italian Poetry», volumes V-VI, 2001-2002 (distrib. dal novembre 2003), pp.415-416 ]       


   

   

 

Giuliano Mesa: Il nuovo non può finire (due interviste a G.Mesa, a cura di Loredana Magazzeni): ora riproposte nel sito di Dissidenze

 

 


 

All’indirizzo http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/archivio_poesie.cfm è reperibile e ascoltabile una poesia da Il segno meno, andata in onda su RadioTre Rai il 23 maggio 2005 alle 17:00. 

Escono ora due recensioni: una di Stefano Guglielmin a Il segno meno, in «Hebenon», anno X, terza serie, n.4, maggio 2005; e una di Luigi Severi ad Altre ombre, in «Poesia 2005», Annuario Castelvecchi, Roma 2005.


domenica, 22 maggio 2005   [link]

 

Senso e contesto

[ appunti per una conversazione fiorentina, 2004 ]

  

Adorno, da Teoria estetica: «Esigendo la soluzione, l’opera rimanda al contenuto di verità. […] una qualsiasi opera si volge per l’indigenza nascente del suo carattere di enigma, alla ragione interpretante. Dall’Amleto non si riuscirebbe a strizzare nessuna enunciazione; il suo contenuto di verità non è perciò minore»1.

Ovviamente qui Adorno si riferisce al fatto che «Le opere, e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione» (come è detto più avanti nella stessa pagina); cioè attendono in definitiva un interprete, un lettore. Ma è forse particolarmente interessante flettere i brani citati nel senso della condivisione larga di contesto che l’opera fortissimamente chiede al “fruitore”: a tutti i fruitori.

Allo studioso, e alla filosofia, l’opera offre «enigma» da indagare – o ricodificare in domanda ulteriore. Ma in generale (e credo coerentemente col suo statuto di oggetto “estetico” in senso ampio ossia non in riferimento diretto immediato al suo essere opera d’arte) l’opera ponendosi come oggetto enigmatico disegna e apre o addirittura divarica l’orizzonte del possibile senso entro il quale un qualsiasi (non un particolare) osservatore si colloca come essere costituito di (portatore di/portato dal) senso.

Il dato vivo e vitale di un’opera sta allora nella sua mozione, immessa in e formata da una tessitura di echi formali (da decifrare, anche, secondo i loro propri codici), verso l’esistenza e anche la semplice possibilità di esistenza di un contesto condiviso, di una sorta di piattaforma o sfondo di senso che rende immaginabili e contrattabili gesti e vocaboli, interpretazioni in conflitto o in pace, e insomma tutta la macchina linguistica umana intesa come base significante, sociale, politica.

In questa accezione, la posizione di enigma è, come le due facce (= l’unica faccia) del nastro di Moebius, legata alla condivisione di contesto. Il contesto dei parlanti/ascoltatori. Degli occhi scriventi.

*

Il paesaggio: può essere visto, contemplato. La radice del senso estetico moderno sta in questo non intervento, e non finalismo. La visione delle luci nel camino, il vetro attraversato e distratto dal cruciverba di fili di pioggia e fili di osservazione; oppure chiaramente il nastro e lo spiegarsi delle colline disintegrato e riaperto, procedendo il treno, nel tempo: oggetti che non sono oggetti e non chiedono asserzione, o determinato dissenso, si appoggiano sullo sguardo come pretesti per il suo funzionamento, che così – ed esemplarmente – è verificato, è fatto vero (vivo), si ri-vede.

Simone Weil: «Questo … è la bellezza. Tutto quello che è bello è oggetto di desiderio, ma non si desidera che sia diverso, non si desidera mutarvi nulla, si desidera quel che è..»2.

Non si deve esser fraintesi parlando di bellezza. (Si sarà sempre fraintesi, per questo).

Non si tratta di una passività. Già i mezzi elettronici (che non sono solo macchine) si incaricano di incarnare in meccanismo e flussi la generale condizione del percepire. La tematizzano. E questo davvero strappa fuori l’agente dall’azione. L’esperienza facendosi riflesso – perché dimostrata riflesso in origine. (Dimostrata nei meccanismi).

Più a monte, quello che accade ad alcune generazioni che adesso scrivono è che in loro riemerge e davvero rischia di «traboccar dai fossi» [Montale, Nel sonno] e farsi ancora sangue oltre la morte, la netta sovrapercezione (come qualcosa che si senta sottolineata, ed entri due volte nei percorsi neurali che essa stessa stabilisce e, come detto sopra, verifica) del senso estetico moderno. Come un sentimento sversato, ora. Cangiante. Esperibile nei contesti che l’elettronica forma.

Tutte le volte l’ondata insiste e tenta un lembo che essa stessa ha contribuito a riscrivere: e non può dirlo – o non completamente – senza stare già variandone frastagli. (Merleau-Ponty continuamente lo ricorda).

In chi scrive con questa coscienza o “sentimento”, percepire è già troppo. Un laicissimo pre-sentire le cose (o l’antivedere – citando Massimo Sannelli) sposta e forse disarma ogni azione o passione, ed è insieme il principio della spezzatura, del taglio del verso.

____________________________________________

1 cit. anche in P.Montani, Arte e verità dall’antichità alla filosofia contemporanea, Laterza, Bari 2002, p.347).

2 La condition ouvrière (1951), tr.it. di F.Fortini, Edizioni di Comunità, Milano 1952, p.285; cit. in Ingeborg Bachmann, Das Unglück und die Gottsliebe – Der Weg Simone Weils (1955), tr.it. in I.B., Il visibile e l’invisibile. Saggi radiofonici, a c. di B.Agnese, Adelphi, Milano 1998, p.102.

5-14 maggio 2005

sabato, 14 maggio 2005   [link]
 

Università di Roma “La Sapienza”

 

 VII  SETTIMANA DELLA CULTURA

 

ARTE PER TUTTI

 

Biblioteca Universitaria Alessandrina

Museo Laboratorio Arte Contemporanea

 

inaugurazione 17 maggio 2005 ore 17:00

Programma

Ore 17:00 –  Biblioteca Alessandrina, sala espositiva e corridoi

CLASSIC COMPUTER ART – Opere di computer art dagli archivi del MLAC

George Barber, Simon Biggs, John Butler, Peter Callas, Ida Gerosa.

NEWS VIDEO – Nuove opere video del MLAC

Katia Bassanini, Sukran Moral, Roberto Perciballi, Carlo Michele Schirinzi, Lino Strangis, Roma Tearne.

EVENTI PER VOCE IMMAGINI E VIDEO

Bellezza, Caproni, Corso, Ferlinghetti, Giuliani, Pagliarani, Sanguineti Spatola, Rosselli, Zeichen.

MOSTRA BIBLIOGRAFICA DI EDIZIONI E CATALOGHI D’ARTE

Volumi curati dal Museo Laboratorio di Arte Contemporanea; rivista “Luxflux proto-type arte contemporanea”, Gangemi editore, materiali degli archivi Biblioteca Alessandrina e siti web del MLAC e della Biblioteca.

Ore 19:30 Ingresso Biblioteca Alessandrina e terrazza del Rettorato

INSTALLAZIONI: Liuba, Ikeda Uemon

LETTURE DI POETI CONTEMPORANEI: Mariano Baino, Nanni Balestrini,  Carlo Bordini, Franco Buffoni, Maria Grazia Calandrone, Marco Caporali, Mario Desiati, Lorenzo Durante, Essezetaatona, Paola Febbraro, Florinda Fusco, Marco Giovenale, Jolanda Insana, Rosaria Lo Russo, Giovanna Marmo, Giulio Marzaioli, Vincenzo Ostuni, Tommaso Ottonieri, Laura Pugno,  Lidia Riviello, Gianna Sarra. Sara Ventroni
 

BIOBIBLIOGRAFIE degli autori

www.luxflux.net

 


giovedì, 12 maggio 2005   [link]

 

Ora su http://www.nazioneindiana.com/archives/001260.html#more: l’analisi di una poesia di Massimo Sannelli. Grazie ad Andrea Inglese per l’ospitalità sul sito.

*

Sul n.1/2005 de «La Clessidra» – ora in distribuzione – escono due sequenze di testi inediti: poesie da Shelter e prose da Fotosfera (pp.16-19). Inoltre: una recensione di Andrea Ponso a Il segno meno (pp.95-97).


  

Solitamente questa pagina web non riporta poesie. Piccola eccezione: al fine di correggere un minimo refuso nel primo testo di Double click (Quaderni di Cantarena, Genova 2005), propongo la poesia qui in forma esatta:

Alza la mano destra, di’ questa
è la mano sinistra. Lo specchio ragiona, ti rivolgi a una
nuvola di doppi di crani a forni di senzienti
e rotori o rasoi che confermano attraverso
lentissime lenti con i calibri con i cenni
cenni in prismi di altri è / hai raison
e che un’ombra – del tiglio – alle tue spalle mentre parli
non potrebbe
testimoniare meglio al posto tuo.

Fatto scialo dell’ultima razione, nessuno sente
il discorso. Rovesciano le sedie e cercano di divorare il ventre,
fracassano dietro scaffali, razziano con la lingua
denti, terra, aperte
le scheggiano le unghie contro intonaco, a
sangue. Vuoterebbero in un boccone il cranio
alle madri non l’avessero già fatto. Dé-jà-vu-vé-cu.
Incollanerebbero da bocca ad ano feti non ne avessero
già fatturato copyright. («Modulistica? La? Pacchi, fiumi, mari»).

È questo. È il
coetus – pensato pensante – ha distribuito i beni
– riferiti inversi. (Mano di carte).

Double click, a cura di Mario Fancello, è un’edizione fuori commercio di cento copie numerate, con immagini di Fulvio Leoncini e un saggio di Florinda Fusco. Un grazie particolare a tutti e tre, e a Massimo Sannelli, alla sua idea iniziale.


  [link]

 

Quelle riportate qui di séguito sono note pensate vari mesi fa per accompagnare Altre ombre (La camera verde, Roma 2004). Ho ritenuto poi non indispensabile includerle nel libretto. Le offro alla lettura adesso, pensando possano essere forse di qualche utilità o interesse:

Altre ombre – rispetto al lavoro in versi fin qui svolto – è raccolta ‘di barriera’, nei significati che possono normalmente esser dati alla parola confine: sbarramento a qualcosa di dato; comunicazione con quanto inizia; luogo o ‘stazione di (s)cambio’; tramite di osmosi; filtro; anche muro.

Alcuni testi vengono chiusi e risolti in questo libro: che ha così il compito di disegnare un tratto di esperienza o percorso di ricerca avviato nel 1986 e terminato nel 1998. Il ’98 è anno limite (o giunto cardanico), segna il principio di altro. La sezione conclusiva del libro, Pellicola, appartiene già alla ricerca successiva. (In effetti la scrittura materiale è collocata al 2000; ed è legata a un film – come si dirà).

Altre ombre ha questa accezione aggiunta: è l’altro rispetto a quanto scritto dopo il ’98. (E ne porta traccia).

  

* * *

 

I.  Crani di cani

  

Sezione esplicitamente dedicata a passi, tracce e ‘quadri’ cittadini (a Roma, così). Con questo titolo compare una scelta di poesie (prese in realtà da tutte le sezioni) su «Il Segnale», a.XXIII, n.67, gennaio 2004.

*

La quasi-citazione «en trois morceaux», della prima poesia, vuole essere omaggio e scherzo-sorriso per Satie (pensando a Trois morceaux en forme de poire, per pianoforte a quattro mani).

*

Da natale piove…

[edita in antologia (Tuttifruttidodici critici per dodici poeti, Le impronte degli uccelli, Roma 1999) e in rivista, su «l’immaginazione», a.XVII, n.167, aprile 2000]

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(Cortile)

Questa poesia in tre parti – o microsequenza di tre poesie – codifica sogni o percezioni notturne: la prima guarda una discesa verso la non parola dell’origine biologica; la seconda e la terza toccano e bloccano memorie nella tarda notte.

Il primo dei tre testi è uscito in un volumetto collettivo in occasione della mostra di Gabriella Di Trani, Il viaggio di Serapide, Roma, Massenzio Arte, dicembre 2000.

*

 

Il dramma niente barocco…e Matrum proprium est…

[uscite su «l’immaginazione», cit.]

 

*

 

Cielo del cieco polvere

Si parla di Bramante in relazione al travertino bianco del Lazio, luminoso, di cui è fatto il Palazzo della Cancelleria, a due passi dal mercato di Campo de’ Fiori. L’intenzione è veder oscillare lo sguardo tra due scene: una monocroma, il cànone dell’algido; l’altra policroma, inafferrabile, sguaiata. La Cancelleria ‘cancella’; il Campo ‘infiora’. Sono due «fiere» (nelle varie accezioni).

La figura di Aracne cela un attore della tela letteraria italiana, da cui molto c’è da imparare. Ma può valere anche come icona vuota. Solo profilo.

* * *

 

II.  (Luce in meno)

 

Sette poesie di questa sezione sono uscite su «La Clessidra», a. IX, n. 2, nov. 2003. Una (la sera è al fosso orlato…) è ospitata online dal sito www.manifatturae.it .

*

Si compone il morto mentre…

Maupassant, Accanto a un morto, 1883.

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la sera è al fosso orlato

Unica poesia ‘di tutte minuscole’. Prima, o tra le primissime, del nucleo di pagine dedicato a una casa in rovina. È la comparsa iniziale del tema del «cranio cavo», «scocca nera», traccia (mnestica) di oggetto o figura viva – e di allegoria, e dell’allegorizzare, allo stesso tempo. Ritorna per esempio come «marble head» o «cranio lasciato / ai suoi riti cavi», nel secondo testo di Minerva, ne Il segno meno (Manni, Lecce 2003, p.46), scritto molto tempo dopo (gennaio 2003).

I testi La sera è al fosso orlato… e Spento il filamento grande… tenderebbero a  profilare un umile implicito ‘dittico dell’Unheimlich’.

* * *

 

III.  Pellicola

La sezione Pellicola della raccolta è uscita in rivista con il titolo di Alter [deriva da film] (su «Il libro dell’immagine», vol. II, aprile 2003), affiancata da un ciclo di fotografie in bianco e nero, Nebbie, di Francesca Vitale. Un testo (Anche i cristalli del fiato…) è in un’antologia edita da Lietocolle nel 2003.

Il ‘clima’ mentale (emotivo, poi) della serie è quello di un indovinabile film di Tarkovskij, che ha direttamente ‘generato’ Pellicola. Il verso «il ricordo non suo lo commuove», nell’ultima poesia della sezione, fa riferimento a questo.

*

Arriva il treno, per terra…

L’ultimo verso¸ «sweet-ladies-good», fa cantilena fredda usando la conclusione della parte II del Waste Land eliotiano (già citazione di Amleto).

*

Sembra non sia niente

«La madre non riconoscerà / il figlio, il figlio la madre» (memoria di Matteo X 34-36; e Luca XII 51-53).

1-4 maggio 2005

mercoledì, 04 maggio 2005   [link]
 

Freddezza e persistenza del senso

 [ intervento su «L’Almanacco del Ramo d’Oro»,

a. II, n.5/6, nov.-dic.2004, pp.57-60. Ora anche

su Italianistica OnLine ]

 

1.

  

Una permanenza e persistenza di senso, nella forma di senso-non-senso, ossia come eco familiare dell’enigma che chiamiamo ‘oggetto estetico’, può attuarsi ancora attraverso strumenti retorici e tematici che il Novecento ha variato e rinnovato, non raso al suolo.

   La visione di una Storia che avanza come macchina e incendia le proprie orme è eredità di quel positivismo che giusto il XX secolo ha fatto saltare. La realtà del gliommero gaddiano, dei labirinti di Joyce, del tempo recursivo in Kafka, dei compiti incompìbili dei personaggi di Bernhard, dei sogni concentrici di Borges e Cortàzar, dei tagli immedicabili e sempre medicati nelle scene di Beckett, non fanno altro che disegnare un modello di quel che la percezione (l’esperire) opera già normalmente in ciascuno di noi. Almeno nella variante dell’anthropos che sembra comparsa sul pianeta nell’arco di tempo delle ‘rivoluzioni originarie’ della modernità.

[Ossia: la rivoluzione industriale e la rivoluzione filosofica (Kant, Critica della facoltà di giudizio, 1790): che ricevono prestissimo unione e sigillo, traduzione, ‘attuazione’ anzi addirittura tematizzazione in meccanismo, in virtù di un evento ‘enorme’, una callidissima inventio: la fotografia, 1839]

2. 
Lungo l’intero arco del secolo XX, l’arte – anche in qualità di forma possibile di conoscenza – ha esibito o sondato inquietanti e coerenti/utili modelli di indagine e relazione con la materia e la percezione, insomma con il reale. Diffratte nei prismi delle opere, le cose si scoprono meno ‘semplici’, meno immediatamente e sommariamente ‘gestibili’, commerciabili. Si avvicinano cioè, come immagini, a quanto di fatto già sono: complessità, tessuto-testo ulteriore.

   La violenza, l’economia di puro profitto, il potere politico, lo Spettacolo, hanno al contrario rispettato – e imposto – ben diversi modelli di realtà, di azione, rodati da millenni di sfruttamento impunito. Per esempio quel dualismo radicale di mondo e lettura del mondo che assomiglia non poco alla nuda e semplice separazione – puerilmente data per insanabile – del senso dal non-senso. Come se il reale si costituisse e nominasse solo per scacchiere.

   Appunto al persistere del senso, ma nella forma complessa e sempre interrogativa opaca e inafferrabile del senso-non-senso, alludono moltissime scritture recenti: ciascuna nella propria specifica prassi. Si tratta di pagine che, come puntatori, vettori – e mai semplici ‘oggetti’ – sanno fare saggio scialo e gioco e uso delle molte ricchezze del Novecento.

   Una simile chiave di lettura permette di indagare eventi tanto diffusi quanto – altrimenti – inspiegabili. Ad esempio il ritorno e la coesistenza – talvolta in uno stesso autore – di tensioni di ricerca, di classicismo, di poesia ludica, di scrittura ‘al grado zero’, di narrazione, di lirica; in un tempo che – secondo uno storicismo ingenuo – dovrebbe al contrario aver smarrito e ‘superato’ simili modi di inabissamento au fond de l’inconnu.

   Tra questi è ben visibile un rinnovarsi della scrittura – e modalità di conoscenza – fredda.

3. 

Una (nuova?) freddezza è percettibile in esperimenti di autori contemporanei giovani e non giovani. Senza dare al termine un connotato negativo. Al contrario. Ci sono lavori di maestri alla radice dell’ipotesi: la scrittura metaforica-metamorfica di Valerio Magrelli; le intermittenze di autoanalisi, e riferimenti ipercolti, di un autore come Giuliano Gramigna (si veda il notevole Quello che resta, Mondadori, 2003); il controllo assoluto del testo – anche nel muovere dichiarazioni addirittura ‘politiche’ e civili – attuato da Franco Buffoni; lo sguardo distaccato che viene dai ritratti a penna di Valentino Zeichen; ma pensiamo alla ricerca (al vasto laboratorio) di Amelia Rosselli, Nanni Cagnone, Giuliano Mesa (specie nei Quattro quaderni, Ed. Zona, 2000).

   Si tratta di una scrittura capace di semantizzare le aree fredde della sintassi, le singole unità grammaticali, l’inusualità delle situazioni fotografiche catturate.

   È area o àmbito di ricerca in cui non tutti gli autori nominati (o non in ogni parte del loro lavoro) possono riconoscersi. Ma si direbbe innegabile il loro influsso sull’esistenza e sul diffondersi positivo, recente, di opere orientate al freddo, con forti basi di ossessione dell’osservazione (referto, scatto b/n da morgue, o accensione cromatica) che può nascere tanto da scelte e studio rigorosi, al limite dell’ascesi, quanto – per ossimoro – dall’incandescenza di storie individuali, oppressione, lutto. Dalle linee della tradizione della ‘misura’ (Beckett, Ponge, e gli autori del segno) e da quelle indiscutibilmente ‘debordanti’ (beat, Burroughs, Artaud): questo, dovendo elencare sommariamente filiazioni solo letterarie.

   Ma è un errore: si dovrebbe semmai – o in parallelo – indagare nella direzione della musica, nel jazz, nella fotografia e negli oltraggi di Matthew Barney, di Nan Goldin, fino al gelo puro di Boltanski, agli interni ostili di Luisa Lambri, di Alessandra Tesi, ai set di David Lynch.

4. 

Quali i nomi? Mi limito solo ad alcune delle numerose e interessanti voci femminili: Giovanna Frene, Elisa Biagini, Florinda Fusco, S/z Mary, Sara Ventroni, Paola Zallio, Francesca Genti, Alessandra Greco, Laura Pugno.

   Non c’è forse una prossimità spiccata (come in fotografia diresti tra Lambri e Tesi) fra le pagine di Biagini e quelle di Pugno e Fusco? Non parlano un linguaggio simile, i corpi esposti nel freddo/bianco autoptico della pagina? E nel calore (ancora bianco, assoluto) che nei loro testi sillaba rapporti, sesso, cibo, dolore?

   Ha o non ha senso leggere L’ospite, di Biagini, il poemetto Spostamento, di Giovanna Frene, o i racconti di Sleepwalking, di Pugno, avvertendo il medesimo ronzio albino ostile sottile e penetrante (necessario come un nuovo lessico), che viene dagli spazi cavi limpidi – o ‘sparati’ in cybachrome – di Lambri e Tesi?

   Se questa traccia minima di ipotesi di lettura è pertinente, è desiderabile che la critica letteraria inizi o riprenda a progettare studi in grado di legare con decisione i linguaggi della poesia e delle arti contemporanee. Se la poesia – ma la letteratura in generale – ha uno spazio di ascolto e incidenza ristrettissimo, ciò è in parte dovuto anche al sonno in cui è caduta precisamente la critica (non solo quella letteraria). Non è fuori luogo pensare che solo da un suo accrescimento drastico possa venire una (ri)costruzione di ruolo incisivo – ovviamente sul piano gnoseologico – della ricerca artistica. 

   All’opposto, ogni diverso strumento di indagine, creativo come analitico, ogni linguaggio che ceda alla deriva semplificatoria che profitto, potere e spettacolo chiedono, accentua la debolezza (genetica, ineliminabile) della parola articolata, e rende in più volgare e straordinariamente falso e dilettantesco ogni percorso che senza mai revocarsi in dubbio pretenda di lavorare su un piano di alta formalizzazione linguistica: ossia, in definitiva, sul piano letterario ampio: critico e creativo. 


lunedì, 02 maggio 2005   [link]

 

Mi scuso con chi non ha (ancora) ricevuto Double click. Ne ho alcune copie, nei prossimi giorni saranno inviate.


  

Due importanti lezioni di laicismo, con proposte che meriterebbero seri
interlocutori politici, vengono da Franco Buffoni : link a Nazione Indiana :
http://www.nazioneindiana.com/archives/001161.html#more

http://www.nazioneindiana.com/archives/001163.html#more


  [link]

 

Una nota di lavoro, 2004

[pensata per i coordinatori del progetto ‘Klandestini’]

   

Ho scritto Double click tra 2001 e 2002, ma solo negli ultimi due anni ho potuto mettere a fuoco con precisione alcuni testi che lo formano, e percepire le linee del libretto, sentirlo – diciamo così – risolto. In questo è stato assai utile il fatto di legare la sua architettura (la progettazione della struttura, e la scelta di cosa accogliere e cosa no) al pensiero dei temi di fondo di «Klandestini».

L’esperimento ampio che vado seguendo dal 1996 è quello di Delle restrizioni: una opera-di-opere, ancora in scrittura, che di fatto mi impegna da (e mi impegnerà per) parecchi anni. Lateralmente rispetto a questo percorso maggiore, si creano talvolta degli spazi e testi-identità a cui mi lego, e che posso facilmente sentire in grado – più di qualsiasi altra pagina – di portare e trasmettere il segno della ricerca generale che in altre opere vado svolgendo.

Double click ha tale caratteristica. E si connette quindi a Shelter, serie ancora inedita di poesie dedicate al ‘riparo’, al luogo di difesa dal dolore e però di prigionia, alla chiusura in ospedali, recinzioni, spazi bianchi. Vorrei dire che Double click e Shelter formano idealmente un dittico, di cui il primo testo offre la dimensione dell’ampiezza, orizzontale, e il secondo la dimensione della profondità, verticale. Il primo è dedicato alla città, ai luoghi della violenza, al viaggio imposto, all’ingiustizia del tempo sequestrato. Il secondo è invece centrato su figure specifiche, singoli ritratti di malattie circoscritte, casi, individui feriti.

*

  

Nato come voce anarchica, a suo modo perfino ‘politicamente connotata’ (ironia nel sottotitolo: «Addressed to English Crowds»), Double click ha forse il pregio di tenere insieme più fili del tessuto generale di tutte le scritture che nel tempo mi impegnano:

– il tema della doppiezza delle percezioni (impossibile percepire oggetti se non raddoppiandoli, moltiplicandoli: in specchi progressivi: è poi la logica che presiede al doppio click che fa funzionare i mouse che normalmente usiamo);

– il tema del dolore e della fuga e viaggio, dell’abbandono e del disfarsi delle cose, dei rapporti umani, soprattutto dei rapporti con i luoghi, che si dissolvono prima nel tracciato biografico (dover lasciare un’abitazione, non poter contare su alcune persone care, non avere sostegno economico) e poi in quello memoriale (iniziare a dimenticare una casa d’origine, e a esserne dimenticato);

– il tema della violenza, di una certa quantità di energia resistente, come indispensabile per non soccombere;

– il tema dei supporti o strumenti (fotocopie, immagini virtuali, specchi, fotografie) che si imprimono e si cancellano; che aiutano e fermano e smentiscono e tradiscono i gesti della memoria.   

*

  

L’ultimo testo della raccolta, Dentro il peso del mondo, è una sequenza onirica in parte dettata dall’immagine della morte di Pasolini. Chiusa com’è tra una citazione da Char e una da Ashbery, la raccolta Double click ha necessariamente a che vedere con il peso del reale: non con il realismo però. Semmai con l’identità originariamente deformante dello sguardo. Del suo doppio tocco sulle cose. 

 


domenica, 01 maggio 2005   [link]

 

Massimo Sannelli

Lettera su Double click    (da www.microcritica.splinder.com, 29-5-2005)

  caro Marco, non avrei mai pensato ad una lettera in forma di saggio, come le lettere – bellissime – di Gio Ferri o quella (un capolavoro) di Marzio Pieri in coda all’antologia ákusma, ma per Double click[1] faccio un’eccezione (alla regola; e a me!). Il microcritico e la microcritica potrebbero essere accusati di lavorare per amicizia: allora ho pensato di dichiarare sùbito l’amicizia e di scrivere una lettera, che sarà pubblica. E non voglio avere un filo logico. Non voglio essere ‘intelligente’; né ideologo. Non voglio preludere a nulla.  Ti scrivo da quello che dovrebbe essere, se Dio vuole, il penultimo giorno di lavoro, e l’ultimo pomeriggio, di lavoro nell’Azienda – qui non vorrei nominarla – prima di rientrare a tempo pieno nell’Università. E così voglio: lì si portano i panni curiali, qui si sentono i dipendenti – metà operai metà impiegati – dire “schizzo!”, con accenti genovesi pesanti. Tra i curiali, anche se “di sinistra”, non c’è molta comprensione per questo tipo di lavoro: per loro si vive cresce muore all’interno dell’Accademia, e se io ne sono fuori è un limite – io stesso sono a me un limite. Nell’Azienda gli uomini ostentano la propria virilità, e ne soffro; la frase “sono ignorante” è pronunciata con dignità, quasi con orgoglio. Qui si incontra bene il popolo, ed è una delusione vederlo non o pochissimo ‘popolare’; anzi feroce, contro altri pezzi di popolo. Il denaro è un veleno e lottare per averlo è un dramma e una rovina: in questo siamo tutti uguali, contemporaneamente homines e lupi.  Quasi tutto il tempo è dedicato alla sopravvivenza: tu lo sai bene, e scrivi che “Quaranta minuti non sono molti / per l’immortalità dell’anima prima / del lavoro” (p. 20; dopo i primi tre versi, che costituiscono una strofa, ed è un’isola di sensi sull’immortalità dell’anima, appaiono molti versi sul molto che manca e il poco che c’è, e che non è sacro). Infatti la precarietà di “atipico” del figlio di p. 22[2] è tua, mia, di quasi tutti: e questa precarietà aspetta, dal punto di vista della critica letteraria, una contestualizzazione seria. Qual è il rapporto – se esiste – tra l’insicurezza biologica e gli stili? Ipotizzo che questo rapporto esista[3]; e che produca più chiusura intra moenia che apertura, più rapporto con la musica e il dolore che con la cronaca e la prosa prosaica. Eppure il linguaggio ‘duro’ non è una fuga: qui sta il gioco. E qui sta, per te, un itinerario mistico (pensa all’etimologia di mistica): “ha una curvatura ovvero non / inizia, non è iniziato, non / c’è – dice – / creazione, ma solo l’arco – ripreso / daccapo e più // piegato critico a sguardo / chiusa, cripta /  che alla fine fonda, lo fonda, eppure o perciò / non rimargina” (p. 23). Mark Strand, che hai studiato bene, scrive: “I have a key / so I open the door and walk in. / It is dark and I walk in. / It is darker and I walk in” (Seven Poems).  Hai scritto un libro che ha una sua voce particolare, e che contrasta con la levità fonico-ritmica di Curvature e del Segno meno. Per te, come per me, il Medioevo è un punto di riferimento forte (per me, addirittura, è una specie di scenario su cui si proietta tutto o quasi il non-Medioevo); e nel Medioevo la scrittura è anche, automaticamente, un’interpretazione dei fatti da dire: a un tipo di fatto corrisponde un tipo di dire. Ogni enunciato sta in una Tradizione e in una Metalingua, esplicita o implicita. Se “mai non vo’ più cantar” come ero solito, è perché il mio rapporto con Amore cambia; e se Amore sono io, per il mio sentimento – il cap. XXV della Vita Nova docet, insegnerà sempre – ‘io’ sono la radice delle lingue letterarie che sperimenterò. Potrò costruire piccoli sistemi, che sono analisi e descrizioni della realtà: “(Voce che dice di mancare)” (p. 15). Quindi testi, ma poi libri, ovvero descrizioni. Da un altro maestro, che non a caso compare in Double click, impariamo che la recensione di un libro è la descrizione di una descrizione.  Non alludo per caso a Pasolini. L’ultima riga del tuo testo è per lui: in nota, a p. 46, scrivi che le due poesie conclusive “chiudono la figura – che l’intero Double click sottintende e non ‘svolge’ – del viaggio, sullo sfocarsi dell’immagine (su tutte) della morte di Pasolini”. Perché Pasolini è importante? E’ importante perché ha avuto un cuore, prima di tutto, e non un muscolo. Sai a chi mi riferisco. Ma per noi, per l’anno 2005, i testi delle Ceneri di Gramsci o di Poesia in forma di rosa non sono più così fondamentali. Lo sono altri testi, invece: per me, e credo anche per te, Trasumanar e organizzar (anche dal punto di vista delle soluzioni formali) e quella costellazione di inediti o semiediti (le poesie per Medea, ad esempio) che testimoniano che qualcosa stava accadendo, nel senso del nuovo: proprio nel momento in cui l’autore capiva che il mondo non lo voleva più. La morte di Pasolini è commovente; ma a me sembra sempre uno scandalo intellettuale: nel senso che è difficile capirla, e chiede di essere capìta; e nel senso che è una specie di performance totale, che aspetta ancora la sua ermeneutica (che non dovrà essere né completamente giudiziaria, né completamente metapoetica; né agiografica). C’è stata una ‘poesia’ di Pelosi? Proprio nel momento in cui forse obbediva ai Poteri o, inconsapevolmente, agiva anche a loro vantaggio, meritandone la copertura? Forse sì. E questo omicidio è un testo, non a caso preceduto da autoprofezie. Uomini e donne come Pasolini non hanno né idee né veri e propri progetti: i progetti sono concepiti e abbandonati, e a volte realizzati; ma questi autori non credono, letteralmente, in nulla, e non sperano nulla. Sono pieni e vuoti. Solo la carità li seduce, e di carità muoiono.  “Replicano, riapplicano” (p. 18). In effetti la descrizione è un argomento fondamentale, quanto i sensi e la lingua. “Vieni a vedere il / vedere” (p. 16) è quasi un motto logico, e (apparentemente) tautologico. E che cosa si veda è importante, e la stessa poesia che inizia, significativamente, con Double click, lo descrive e lo testimonia: una violenza che ha come origine la violenza, come risultato la violenza, come sviluppo la violenza. Ci sono argomenti che possono essere trattati solo anaforicamente e martellando: l’ho fatto ora, e lo fa Florinda Fusco nell’ultimo capoverso della sua postfazione, dove dice (e martella, giustamente): “Violento è il non ascolto. Violento è il muto controllo socio-politico su tutto. I ritmi imposti. Violenta è l’inarrestabile compravendita di oggetti e persone, il trading divenuto tradizione. Violenta è la perenne lotta per il possesso…”). Ci sono argomenti, dunque, che ‘invocano’ l’enfasi: l’enfasi stessa è, da un lato, una bestia nera, e, dall’altro, un modo come un altro.  Dunque “l’ombra è coperta dalla propria ombra” (p. 18). E anche i testi sono ombre, concrezioni ad altissima tensione, con versi-massa, plurilinguistici, oppure direttamente in inglese, se è vero che tutto il libro è “addressed to English Crowds”. L’inglese è una lingua neoimperiale (ricordo un’intervista in cui Boff si rifiutava di parlarlo, in quanto tale; mi dispiace di non poterla citare con più precisione). Nella lingua in cui si uccide si ricordano gli uccisi, come a p. 33: “Consider that enormous stack of shells’ / ashes […]. / Billions of bodies – kids women men – down / eyeless”.  L’epigrafe di Char, all’inizio, è un marchio, che ‘segna’, se il lettore è sensibile, tutta la comprensione che verrà. Il reale è devastato ma l’irreale (gli ideali? le virtù? sì, forse proprio le virtù) è intatto. Una situazione alternativa costituisce un desiderio, da appagare: “Essere lontani dalla realtà, in riva al mare, per esempio (p. 29; interessante, tra l’altro, la non-realtà del mare: un’altra allusione a Pasolini, al suo volersi ritrovare sul mare-madre, come in Una disperata vitalità?). E di questa sopravvivenza dell’irreale si soffre, immancabilmente. Auschwitz, e le sue infinite repliche, uccidono uomini, ma non la humanitas. I segni e i sensi possono continuare – ma lo scandalo è qui. Dover ancora vedere pensare parlare – e farlo con tanta precisione da poter produrre anche metavisione metapensiero metalinguaggio –: è questo che forma la speranza, ma anche il dramma. Edipo avrebbe preferito non sapere… Eppure non si uccide. La vista scompare, ma la storia è nota.   Esiste, ed esisterà con forza, un nuovo filisteismo contro il quale non varranno le reazioni satiriche di Heine. La prima obiezione filistea sarà: “Non si capisce”; la seconda: “La poesia non deve essere un muro, ma una porta”; la terza: “La poesia è fatta di cose poetiche”; la quarta: “La poesia deve essere per tutti”. Non si può rispondere: chi non capisce non può. E tu conosci bene questa disperazione, l’hai provata, ne abbiamo parlato e scritto, pubblicamente e no. Per capire servono una chiave (quella di Strand nel dark) e molta carità. Ma anche così non si capirà mai del tutto; soprattutto se si identifica la comprensione con il controllo (del testo)… Ho paura, lo sai, di quella finta ingenuità che cerca cose chiare nei testi e in tutto, e reclama la Ragione. Il fatto è che le famose “radici cristiane dell’Europa”, ad esempio, non sono un patrimonio ‘razionale’.  Il Cristianesimo è infinitamente approfondibile dal punto di vista culturale, ma vuole, nello stesso tempo, un’estrema umiltà nell’uso del sapere e nel comportamento quotidiano. Da un lato ci chiede di capire l’impossibile (il parto della Vergine, la transustanziazione del pane e del vino, la resurrezione del Cristo e dei morti, l’effusione dello Spirito Santo, la Trinità); dall’altro ti ricorda che devi essere umile, (come) un bambino: studiare teologicamente ciò che adori e non sapere nulla, nello stesso istante. Assumere contemporaneamente la coscienza dei sapienti, l’ingenuità dei più piccoli, la miseria dei più poveri, ha molti punti in comune con il ruolo del poeta e con il suo difficile, ma bellissimo se si realizza, interpolarsi con tutti e con tutto.  Mi chiedo, e ti chiedo: il particolare otium delle humanae litterae, poesia compresa, è solo un sabato da santificare? O è tutto? E’ lecito dedicare ad esso tutta la vita, come in un sacerdozio? E’ lecito, sapendo che la forma di Double click e di altri libri che gli sono fratelli potrebbe essere non capìta? Dico: violentemente non capìta… Oppure la dedizione chiede elasticità? Se sì, fino a che punto? Con citazioni: “La poesia – è forse così poco nella mia vita? Senza poesia io non esisterei”[4], “Amo e capisco una cosa sola al mondo, ed è la poesia”[5]. Tu sai che cosa vorrei per me… Sai a che cosa credo quando non credo a nulla. E di che cosa vivo, “dopo tanti schiamazzi in rottami di sanscrito, / e chilometri cubi di sangue” (p. 35).

Le cose si stanno rivelando ossimoricamente, dentro e fuori; in un certo senso, la nostra vita, nonostante tutti gli scompensi e gli sforzi, ha un suo “fondo dell’anima” assolutamente sereno, perché “chi è, ha fatto” e si stampano “little signs, snowy filth, squares or – or – / mere circles, mere / tiny circles in the air” (p. 33; e si pubblica nella lingua dell’Imperium!); nello stesso tempo, ci sono “al portone i magri colpi, aritmici. / Non esce nessuno. L’angoscia (nome / ridicolo, iridato) sale. Sa che / vale”, come tu scrivi (p. 31). Hai scritto anche, per Mark Strand e per tutto/tutti, che “per fedeltà a Eraclito” bisogna precisare: “fissità derisa e mutamento umbratile non sono che due versanti dell’unica realtà”[6]. E lo stesso Strand: “If I say it, it cannot be. / If I said it, I didn’t” (The Sargentville notebook). Tutto è (in) tutto; eppure non ci si capisce ancora. Ma la sfida è proprio questa…

  (Genova, 29 aprile 2005, Santa Caterina da Siena)

               


    

  [1] Marco Giovenale, Double click, Cantarena, Genova, s.d. [ma 2005], con una postfazione di Florinda Fusco e due opere di Fulvio Leoncini. I testi sono stati scritti tra il 2002 e il 2003.

[2] “Il figlio che li assisteva ha preso i mesi di aspettativa. / Al trenta per cento di stipendio. / Stanno adesso sotto terra, può tornare a lavorare. / Ma, fino a fine agosto, non a tempo pieno. / A quella data scade l’accordo. // L’accordo è tutto in queste cose”. Sul brutto August – “the worst / month to die” – v. anche la poesia, in inglese, di p. 38, quasi un rovesciamento dell’April cruellest month.

[3] Le citazioni adatte non mancherebbero. Cfr. la quarta di copertina del Mare a destra di Massimo Gezzi (Atelier, Borgomanero 2004), in cui sembra di intuire una storia di difficoltà nel lavoro e di dignità, sempre: “E’ dottorando di ricerca (senza borsa) in Filologia Moderna all’Università di Pavia, città in cui vive lavorando in una libreria-copisteria”.

[4] Marina Cvetaeva, lettera del 25 settembre 1923 a A.V. Bachrach, da Parigi: in Il paese dell’anima, a c. di Serena Vitale, Adelphi, Milano 1988, p. 253.

[5] Natalia Ginzburg, Le piccole virtù, Einaudi, Torino 1974, p. 53, nella prima pagina del racconto Lui e io (1962).

[6] Mark Strand, La linea di coscienza dello sguardo, a c. di Damiano Abeni e Marco Giovenale, “Poesia”, 192 (2005), pp. 2-22: p. 3.

aprile 2005

giovedì, 28 aprile 2005   [link]
 

Il blog di Biagio Cepollaro, Poesia da fare (www.cepollaro.splinder.com), diventa Poesia da fare rivista mensile on line, in formato pdf. È già in linea un Numero Zero, maggio 2005, sempre per le edizioni di Poesia Italiana E-book: www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm  

«La rivista sarà articolata nelle seguenti sezioni: Editoriale, Testi, Letture, Immagine, accomunate dal tema dell’attenzione. Attenzione ai testi poetici, al senso, presenza a sé, disponibilità alla poesia di questi anni e, nel rumore della società dello spettacolo, allo specifico di una sola immagine: pochi testi, poche letture, una sola immagine. Quasi una dieta della mente o una sua ecologia all’inizio del millennio. Il condensato di questo flusso continuerà a precipitare nei Quaderni di poesia da fare, fin qui giunti al IV numero. 

Il Numero Zero è già in linea e comprende inediti di Luigi Di Ruscio, Jacopo Galimberti e Giorgio Mascitelli; la postfazione al libro di Sergio La Chiusa, I sepolti, LietoColle 2005 e un’immagine» (B.C.) 


lunedì, 25 aprile 2005   [link]

 

Solitamente questa pagina web non riporta poesie. Piccola eccezione: al fine di correggere un minimo refuso nel primo testo di Double click (Quaderni di Cantarena, Genova 2005), propongo la poesia qui in forma esatta:

Alza la mano destra, di’ questa

è la mano sinistra. Lo specchio ragiona, ti rivolgi a una

nuvola di doppi di crani a forni di senzienti

e rotori o rasoi che confermano attraverso

lentissime lenti con i calibri con i cenni

cenni in prismi di altri   è / hai     raison

e che un’ombra – del tiglio – alle tue spalle mentre parli

non potrebbe

testimoniare meglio al posto tuo.

Fatto scialo dell’ultima razione, nessuno sente

il discorso. Rovesciano le sedie e cercano di divorare il ventre,

fracassano dietro scaffali, razziano con la lingua

denti, terra, aperte

le scheggiano le unghie contro intonaco, a

sangue. Vuoterebbero in un boccone il cranio

alle madri non l’avessero già fatto. Dé-jà-vuvé-cu.

Incollanerebbero da bocca ad ano feti non ne avessero

già fatturato copyright. («Modulistica? La? Pacchi, fiumi, mari»).

È questo. È il

coetus – pensato pensante – ha distribuito i beni

– riferiti inversi. (Mano di carte).

  

 

Double click, a cura di Mario Fancello, è un’edizione fuori commercio di cento copie numerate, con immagini di Fulvio Leoncini e un saggio di Florinda Fusco. Un grazie particolare a tutti e tre, e a Massimo Sannelli, alla sua idea iniziale.


sabato, 23 aprile 2005   [link]

 

Da segnalare l’articolo di Giovanna Frene, Prime ipotesi sui “contemporaneissimi”, uscito inizialmente in «L’Ulisse», rivista online (ed. Lietocolle), n.1, 29 giu. 2004 (http://www.fucine.com/corporate/lietocolle/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=612), poi ripreso e modificato in Prospezioni sui contemporaneissimi, in «L’almanacco del ramo d’oro», nn. 5/6, febbraio 2005, pp. 181-206, e nel sito di Lietocolle: all’indirizzo http://www.lietocolle.com/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=1037, dall’11 aprile 2005.

    


martedì, 19 aprile 2005   [link]

 

Grazie a Mario Fancello (e alla proposta di Massimo Sannelli), esce ora per le edizioni genovesi dei ‘Quaderni di Cantarena’ la plaquette di poesie Double click: edizione fuori commercio di cento copie numerate, con immagini di Fulvio Leoncini e un saggio di Florinda Fusco. Alcune pagine erano state anticipate qualche tempo fa dalle pagine del progetto “Klandestini”, nel sito del British Council.


domenica, 17 aprile 2005   [link]

 

La Camera Verde ha cambiato numero telefonico: chi volesse ordinare una copia di Altre ombre o di Curvature, o di altri testi èditi da Andrea Semerano, può chiamare il numero 06-6572894540, tutti i giorni (tranne il lunedì) dopo le 18. Oppure scrivere al consueto indirizzo: via Giovanni Miani 20, 00154 Roma.


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la fotografia rovescia il campo inquadrato in alterazione – generale. in verità alterata del momento. (ma: in sé ogni momento è alterato: così qualcosa come un’obiettività si riattesta).

(il fatto di alterare ciò che già nella percezione – per via della percezione stessa – è oscillante e continuamente cambiato, è un modo dell’oggettività. o meglio: è un modo del generale riferirsi al percepire, che fontalmente è alterato, ha e dà alterazione).

l’interruzione fotografica, il riquadro, taglia nel tempo quello che il tempo brucia, sì, ma anche quello che annuncia. sono percettibili i movimenti futuri, tutto quello che lo scatto non riesce a tener dentro


sabato, 16 aprile 2005   [link]

 

alla prosa breve può essere dedicato un discorso legato da una parte ai caratteri antilirici del Diario ottuso rosselliano, dall’altro al senso-non-senso convocato sulla pagina dalla ricerca intera di Beckett.

fare tutt’ora riferimento a due ‘luoghi’ del pieno Novecento ha valore solo se e in quanto viene sentita ed esperita una vera e propria piccola comunità (finalmente anche italofona) che lavora con una non-narrazione e una non-lirica. questa comunità esiste.


mercoledì, 13 aprile 2005   [link]

 

A interpretare e chiarire la terza Critica kantiana [contro varie misletture offerte recentemente da pamphlet tanto agili e abili quanto superflui] contribuiscono egregiamente quattro libri di Emilio Garroni, nodali anzi imprescindibili anche per decifrare e ri-cifrare molti aspetti dell’arte del Novecento. Non mi stancherò mai di raccomandarne la lettura:

Immagine, linguaggio, figura. Osservazioni e ipotesi (Laterza)

L’arte e l’altro dall’arte. Saggi di estetica e di critica (Laterza)

Estetica. Uno sguardo-attraverso (Garzanti)

Senso e paradosso. L’estetica, filosofia non speciale (Laterza)


mercoledì, 06 aprile 2005   [link]

 

è riproposto qui di séguito un testo uscito su www.pseudolo.it nel giugno 2002 (indirizzo completo: http://www.pseudolo.it/CL10Giovenale_Sensocaos.htm):

  

SENSO, CAOS

 

 

 

            

Beckett citato da Shainberg: 
 

La confusione non è una mia invenzione, ne siamo circondati e l’unica possibilità che abbiamo è lasciarla entrare. La sola possibilità di rinnovamento è aprire gli occhi e vedere il disordine. Ci sarà una nuova forma e questa forma sarà tale da ammettere il caos e da non tentare di spacciarsi per qualcos’altro.

(L. Shainberg, Samuel Beckett, 1992, ed. it. Minimum Fax, Roma 1996)

Può esser detto che la scrittura contemporanea – se è scrittura – è confronto più o meno conscio con lo sguardo di cui Beckett parla. È, allora, di ricerca (Naturaliter).

      

 

Dunque (e si dice qui non per acquisizione che marcia verso un ‘progresso’ ma semmai perché linguaggio e coscienza sono nella storia, e il Novecento è esistito): non c’è scrittura che in qualche modo non sappia – e sia pure per poetiche conflittuali – che l’ammissione di caos è discorso continuamente riaperto

      

 

È un dato, pietra d’inciampo che vale come profit and loss. Acquisto-perdita, meglio ancora.

      

 

L’accoglienza verso l’opzione caos – o verso quel dato diremmo antropologico che è la significazione novecentesca  del caos – non è un elemento che entra nella scrittura da un qualche ‘fuori’ miracolosamente cristallino, vergine.

      

 

La parola, qualsiasi parola, anche perfettamente incosciente di pregresse realtà/acquisizioni ‘letterarie’ (novecentesche  o meno), è una parola-caos. Miniata e minata dai propri limiti-rilanci di senso. Ciò non è prescrittivo, è semplicemente l’acqua in cui nuotiamo. L’aria che ci respira.

      

 

Al contrario, una visione o versione di delirio aristotelico (una lettura pre-saussuriana del mondo), o una considerazione  del linguaggio ‘come strumento’, tuttora misinterpreta il parlare come azione ‘di volta in volta’ sottoposta a perdite  o acquisti di senso. I quali formerebbero così – nella mente di chi ci crede – una specie di sinusoide o teatrino su cui  un qualche oggetto evidentemente definito, come una luna o un pulcinella, ora è accolto su sfondi dorati ora è calciato  giù dalle scale.

      

 

Non si tratta di afferrare o perdere ‘qualcosa’, tantomeno attraverso mezzi di significazione – o quant’altro (gli attributi  sono moltiplicabili, una volta ammessa la qualita’ di ‘strumento’ del parlare).

      

 

È importante sottolineare (in sede critica, dove c’è sordità; ché in sede creativa, e di linguaggio quotidiano, non è necessario: sarebbe come ripetere ogni giorno che il sole sorge a est): la centrale, fontale individuazione del linguaggio – della percezione – come luogo del problema (e problema a/per se stesso).

      

 

Lingua-luogo. È nella parola che precisamente si forma-demolisce la forma demolita dell’interrogazione sulla parola. La parola che si disegna con un colpo di gomma, o che scompare in inchiostro (la parola del limite, in sostanza).

      

 

Solo inesperienza, dilettantismo e nuove esilaranti peristalsi petrarchesche, o tossi da secolo decimonono, oggi tengono troppi intellettuali legati alla lettiga del senso inteso come opposto al non senso. Quasi si galleggiasse in un vero mondo dualista, del resto già dotato o dotabile – vediamo – di un’ecclesia o apparato gestionale di baronie pronto a passare in mano a chi detiene politicamente i poteri effettivi, economici, o li appalta.

      

 

Ma lo spirito soffia dove vuole. La ‘cosa’ estetica è imprescrittibile. Perché non è definit(iv)amente oggetto, cosa.

Di conseguenza non ha bisogno di preti che la amministrino. 
 
 
 

 

 


martedì, 05 aprile 2005   [link]

 

Cinquanta milioni di persone prima o poi si accorgono se complessivamente stanno male, vivono male, viaggiano verso la miseria. Allora hanno paura, per fortuna, e reagiscono, per fortuna


lunedì, 04 aprile 2005   [link]

 

Un articolo di Andrea Raos sulla poesia italiana contemporanea (e su BINA!): in Nazione Indiana


Un’annotazione di Massimo Sannelli su alcuni versi di Altre ombre, ora in www.microcritica.splinder.com


domenica, 03 aprile 2005   [link]

 

non

Slow-forward è un riquadro, una specie di telemetro, che mostra segmenti di attività di un personale laboratorio di scrittura e studio. Tenta inoltre di configurarsi come luogo utile per incontrare link, scovare intrecci, suggerimenti. A volte microsaggi o note. Non ha alcuna stabilità e periodicità. Non è un esperimento di critica, tantomeno militante.

A questo punto è noioso ma forse onesto e indispensabile ripetere e sottolineare un invito fatto più volte attraverso questa pagina: l’invito a non inviare in nessun caso alcun file o libro o testo alla mia casella elettronica, o all’indirizzo postale. Almeno ora. Il ‘momento biografico presente’ è complesso – anche se spero possa variare dopo l’estate. Ad oggi, non ha uscita. Pertanto non è in nessun modo possibile fare alcun tipo di recensione, né leggere testi; ma nemmeno archiviarli. La fase (che come ripeto è decisamente critica) sicuramente non cambierà per un lungo tratto di settimane, rischiando anzi di peggiorare. Pagine inviate in formato elettronico o cartaceo non potranno essere lette. Potrebbero anzi andare perse, nel caos dei giorni, dei mesi.

 

 


sabato, 02 aprile 2005   [link]

 

Un saluto di amicizia a Robert Creeley, scomparso mercoledì 30 marzo.

Due pagine web:

http://www.ildikos.com/2005/03/robert-creeley-1926-2005.html

http://www.wwnorton.com/nd/welcome.htm


venerdì, 01 aprile 2005   [link]

 

lo spostamento del linguaggio ‘poetico’ fuori dalla fascia significante (ma costantemente nell’area del senso-non-senso) dovrebbe essere prassi anche storicizzata. e plausibile e raggiungibile per lettori mediamente colti anche perché storicizzata.

la smentita di questa ipotesi è continua, e continuamente sorprendente