Decimo quaderno di “Poesia da fare”

X QUADERNO DI POESIA DA FARE, conclusivo della prima serie (2003-2007)

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Biagio Cepollaro, Editoriale

Francesco De Girolamo, da Anfibi

Pier Maria Galli, Poesie

Massimo Gezzi, da L’attimo dopo

Gabriele Iarusso, da Coito

Giorgio Mascitelli, Lettera di un ex-adolescente

Marina Massenz, Poesie

Davide Nota, da Il non potere

Angelo Petrella, da Piazze d’Italia

Antonella Pizzo, Al limite

Davide Racca, Giona NN

Biagio Salmeri, da La dea della geometria

Editoriale, X Quaderno di
Poesia da fare. Biagio Cepollaro

Con questo decimo quaderno di Poesia da fare si conclude la prima serie dei quaderni, iniziata nel 2003. Una delle motivazioni fondamentali di questa iniziativa è stata quella di coagulare il flusso del blog e, in seguito, della omonima rivista, selezionando o compattando ciò che una periodicità mensile tendeva a frammentare.

I quaderni in pdf alludono strutturalmente e materialmente alla stampa, costituiscono per così dire l’immediata vigilia della materializzazione cartacea. E nell’essere a metà strada tra la volatilità delle pagine della rete e la consistenza oggettuale dei libri, può capitare, come a me è capitato, di chiedersi se è poi davvero desiderabile il concludersi del processo, se valga la pena, insomma, di stampare su carta tutto questo.

Questa esitazione nasce dalla circolazione e dalla diffusione, in modi specifici e ancora tutti da studiare, sicuramente più significativi per questi testi ‘scaricabili gratuitamente dalla rete’ rispetto al buco nero della distribuzione ‘terrestre’.

E i numeri, anche se sempre interpretabili, parlano chiaro.

Ma il coagulo di ciò che è emerso in rete e non , almeno di una parte rilevante di ciò che è emerso in materia di poesia in Italia, certamente in questi quattro anni e più, si è concretizzato negli indici dei dieci quaderni, tanto nutriti quanto a loro modo essenziali e severi.

E’ come se i quaderni avessero registrato, senza averne l’intenzione, un vero e proprio mutamento di paesaggio: apparizione di nomi e voci della poesia mai ascoltati prima, trasformazioni di percorso di poeti più avanti negli anni, vitalità di traiettorie nel tempo fedeli a se stesse.

La prevalenza di questi voci si radica, nel suo formarsi e primo esprimersi alla luce, tra gli anni ’90 e i primi cinque anni del nuovo millennio. Ed è proprio questa prevalenza a fare il paesaggio mutato che dicevo prima.

Nel licenziare questa prima serie dei quaderni se mi chiedo qual è il sapore che mi resta di tanta poesia letta e dei poeti incontrati spesso attraverso mail ma qualche volta incontrati di persona e, davanti ad un bicchiere di vino, diventati istintivamente amici, mi rispondo che è la precarietà, la provvisorietà di una lingua che non si carica più di istanze supplementari di poetica, con i suoi segni evidenti di rifiuto e ripulsa, con il suo fitto e denso dialogare intertestuale.

Basti pensare agli anni ’80 e ’90 e l’attuale paesaggio si staglia con le sue radicali differenze: dissolto di fatto il manierismo, le diverse forme di citazionismo, evitate le secche trash così devastanti per la narrativa coeva, sgonfiata sostanzialmente ogni pretesa orfica risalente agli anni ’70, ciò che è venuto fuori è la pervasività di un quotidiano non realistico (non quello, almeno, generato dal realismo degli anni ’50 e 60), quasi a mostrare, attraverso gli strumenti della ‘percezione estetica’, questa ‘nuova generazione di realtà’ come avrebbe detto Paul Virilio.

Non più contrapposizione tra alto e basso, tra nobile e volgare, tra tradizione e avanguardia: sviluppo e disseminazione di ciò che avevo intuito tra gli anni ’80 e’90 nelle riflessioni sul deterioramento delle polarità moderne (cfr. Perché i poeti? www.cepollaro.it/poeti.pdf).

Questo quotidiano non realistico può toccare indifferentemente i temi del sacro o del profano, della sessualità nelle sue diverse forme o delle difficoltà di stabilire un senso alle circostanze, può stringere in nodi intellegibili relazioni attraversate dal potere anche sociale, anche storico e le miserie degli umani rapporti. Anche questo è quanto emerge dalla mia ricognizione nei quattro anni di vita di questa prima serie dei quaderni e raccolto in Incontri con la poesia (www.cepollaro.it/CepInconTes.pdf).

Ma è comunque, anche se non configurato e radicato in una biografia, il quotidiano di qualcuno. Ed è questa, credo, la nuova modalità in cui si presenta la condizione idiolettale.

Non è nella lingua, nel lavoro microlinguistico, nell’insistenza sui significanti da scomporre e ricomporre, come attestato in modi diversi e secondo diverse finalità, negli anni ’70-’90, ma è in una sorta di condizione antropologica idiolettale.

D’altra parte l’impossibilità -che si fa palese con la diffusione dei testi e di sempre nuovi autori in rete- di costringere in qualche schema inventato ad hoc quel tipo o quell’altro di poesia, sta proprio a significare l’orizzontalità del nuovo paesaggio.

Si tratta di un orizzonte dove ognuno cerca di disegnare la propria rappresentazione, non perché veicoli dei sensi ulteriori, progettuali, di ‘conversazione sociale’ sulla base di uno spazio pubblico di riferimenti condivisi, ma semplicemente per poterle abitare.

E’ questa lingua d’emergenza, come una volta mi sono espresso per caratterizzare la poesia più recente incontrata, che ha fatto il ‘movimento’ della poesia di questi ultimi dieci anni.

Biagio Cepollaro