Carlo Bordini, “Ma noi mangiamo carne” [“But we eat meat”]

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Ottobre. In questo periodo, dopo la manifestazione del 15 di Roma, è in corso una polemica tra i sostenitori delle manifestazioni pacifiche, e una minoranza che sostiene e applica la violenza. Io penso che entrambi abbiano ragione, se non altro nel sostenere che i metodi degli altri sono inadeguati. I sostenitori delle manifestazioni pacifiche ritengono che rompere le vetrine delle banche, incendiare cassonetti, bruciare i blindati della polizia, e (ancora peggio) dar fuoco alle auto di semplici cittadini, non serva. E hanno ragione. I sostenitori della violenza ritengono che fare ogni tanto una grande manifestazione sperando che venga un governo migliore, non serva. E hanno ragione anche loro.

Il fatto è che i giochi si svolgono altrove. Berlusconi sta per cadere, lo dicono e lo sanno tutti, ma tutti si preparano a un compromesso per formare un governo che sia in sostanza non molto diverso da quello che c’è adesso. E la situazione europea non è molto meglio di quella italiana.

Dopo le violenze del 15, settori dell’opposizione e del governo, unanimemente, hanno proposto il ritorno della legge Reale, che fu promulgata negli anni ’70. La legge Reale autorizzava l’uso delle armi da parte della polizia anche nei casi di ordine pubblico (leggi: manifestazioni). Autorizzava le perquisizioni anche senza il permesso dell’autorità giudiziaria. E gli arresti anche al di fuori della flagranza. Si calcola che la legge Reale abbia provocato 625 vittime. Le Brigate Rosse hanno ucciso 86 persone.

Io personalmente non credo che sia giusto demonizzare coloro che applicano la violenza. Ci saranno tra loro infiltrati della polizia, ma questo è normale. Non mi scandalizzo nemmeno perché lì ci sono persone di destra, o gente che vuole soltanto picchiare, gente che va allo stadio. E’ gente esasperata, lo ero anch’io, da giovane. Piuttosto il paragone con la fluidità, con l’intelligenza, con l’ubiquità degli Occupy Wall Street fa apparire rozzi questi settori che teorizzano la violenza, e allo stesso modo i neo-anarchici che stanno ricominciando a fare attentati.

Spesso penso a un’opera di Brecht: La resistibile ascesa di Arturo Ui. Hitler poteva essere fermato. E non lo fu. Anche Mussolini poteva essere fermato. Anche Berlusconi, in Italia, poteva essere fermato. In questi anni Berlusconi è stato per cadere diverse volte, ed è sempre stato salvato, in varie occasioni, da un ex comunista.

Novembre. Berlusconi è caduto. Il giorno delle sue dimissioni, sotto il Quirinale, erano presenti l’orchestra e il coro del movimento Resistenza Musicale Permanente (uno dei tanti movimenti antiberlusconiani) che ha cantato l’Alleluia di Händel. Successivamente Monti è stato accolto col consenso quasi generale della popolazione.

La cosa interessante era che nessuno sapeva (tranne gli addetti ai lavori, e neanche loro tanto precisamente) qual era il programma di Monti. Lui era il salvatore. L’accoglienza che gli è stata fatta mi ha fatto pensare all’accoglienza che fece Roma a Hitler nel 1938. Un mio amico, che sta scrivendo un romanzo e si sta documentando, mi ha detto che il popolo romano, che a quell’epoca era piuttosto povero, accolse Hitler come un Messia, con un entusiasmo delirante. Non voglio paragonare Monti a Hitler, ma solo mettere in rilievo il grado di fideismo, la proiezione che si fa su una persona in un momento di difficoltà. Mariano Rajoy ha vinto le elezioni in Spagna senza che si conoscesse il suo programma, perché lui aveva fatto una campagna elettorale generica, dicendo solo che con lui la Spagna sarebbe uscita dalla crisi. Di Pietro interrogò Monti, prima della sua elezione in parlamento, chiedendogli quale fosse il suo programma. Poi scrisse in un’intervista: io gli facevo delle domande e lui sorrideva. E non rispondeva.

Dicembre. Il programma di Monti è quello dell’Europa, è quello che il FMI ha proposto a tutto il mondo in questi ultimi anni e che non ha ottenuto nessun risultato tranne quello di far arricchire qualcuno e di far impoverire tutti gli altri. Il consenso di Monti sta calando rapidamente. Sono ricominciate le manifestazioni e gli scioperi. I sindacati si sono nuovamente uniti. Molti economisti della sua stessa area lo hanno criticato. Non si tratta in modo particolare degli indignati, che in Italia non hanno dato per il momento un movimento costante e giornaliero come negli Stati Uniti e in Spagna, ma di una miriade di manifestazioni, picchetti, occupazioni in cui sono molto presenti i lavoratori e sono molto presenti anche le donne. Quello che gira nelle teste di molta gente e che appare ogni tanto su Internet o sui giornali è il fantasma dell’Argentina, che è riuscita a liberarsi, con una grande mobilitazione, al diktat del FMI che l’aveva messa sul lastrico, e ora si sta riprendendo. Più che un fantasma una suggestione. C’è una profonda disillusione e un clima di grande esasperazione.

Quello che colpisce è che la situazione politica, in Italia e altrove, esprime una serie di paradossi, in cui tutti gli schemi precedenti vengono ribaltati, distrutti. La destra ruba le parole alla sinistra. Comincia a usare termini usati dalla sinistra, come ad esempio macelleria sociale. Norma Rangeri, sul “Manifesto”, parla di “maionese impazzita”, di “inversione di ruoli”. Gente che ha giocato a palla con la democrazia, che ha fatto leggi elettorali catastrofiche, false, che ha imbonito i cittadini con promesse false e monopoli televisivi, oggi protesta e grida al golpe bianco. Personaggi squallidi e voltagabbana del governo precedente accusano il governo Monti di essere il governo delle banche. A Bologna Merola, sindaco della sinistra, ha fatto sgomberare immediatamente il cinema Arcobaleno occupato dagli indignados, mentre a Roma il sindaco neofascista Alemanno non ha avuto il coraggio di far sgomberare il teatro Valle, anch’esso occupato da tempo. Il paradosso dei paradossi è che ovunque si pretende di emendare i guasti del liberismo con misure liberiste. A livello internazionale si potrebbe porre come paradosso il fatto che il paese più pericoloso per l’Europa è la Germania, e non la Grecia. In Egitto le tifoserie delle due principali squadre di calcio del Cairo si sono unite per difendere la popolazione dagli attacchi dell’esercito durante le manifestazioni. Queste tifoserie hanno una lunga tradizione di scontri con la polizia. Il paradosso è che fino ad ora le tifoserie erano considerate qualcosa che esulava dal campo della democrazia, espressioni di estremismo di destra e di sinistra, ma soprattutto di teppismo, mentre ora, “paradossalmente”, fanno parte in Egitto di un processo che chiede la democrazia.

Tutti questi paradossi dimostrano che i vecchi schemi non reggono, e gli indignados, gli Occupy Wall Street, fanno parte di questa rottura degli schemi. Non sono uno dei tanti movimenti di protesta. Ci sono almeno due elementi che li contraddistingono: il primo è la ribellione a ciò che il mondo sta diventando. Il secondo è la sfiducia nelle istituzioni che reggono la cosa pubblica, ed anche nei movimenti e partiti che si dichiarano all’opposizione. La ricerca di qualcosa di nuovo, quindi, di una partecipazione nuova, di una partecipazione reale, basata, soprattutto, sul rifiuto della delega; anche perché a differenza del passato non ci sono più punti di riferimento. La sensazione niente affatto errata è che le classi dirigenti e le classi privilegiate siano un blocco unico, con differenze tra loro non sostanziali e molto piccole.

Se l’economia è globalizzata,anche i movimenti di protesta si stanno globalizzando. Dopo anni di stagnazione, ho la sensazione che sia già nata una nuova fase storica di eventi rivoluzionari. Credo che vadano considerati come un toto non solo i movimenti degli indignati propriamente detti o degli Occupy Wall Street, ma anche tutte le lotte di popolo nei paesi arabi, le manifestazioni in Russia, e tutto ciò che si sta muovendo nel mondo. Questa nuova fase, ancora acefala, ha potenzialmente una forza immensa. Non possiamo prevedere come, cosa ne uscirà; ma una cosa è certa: questi movimenti hanno carattere di urgenza. Siamo sull’orlo di un baratro: alla base di queste manifestazioni non c’è solo il fatto che i giovani non hanno lavoro e non hanno futuro; al fondo c’è l’idea che il mondo sta morendo, o, per essere più precisi, che il genere umano ha iniziato la sua autodistruzione.

I problemi dell’epoca che viviamo hanno origine dalla caduta del socialismo reale. Dal fallimento dei regimi del socialismo reale. Nessun rimpianto per quei regimi burocratici ed oppressivi; ma la fine di un movimento antagonista, di un’oppressione antagonista, ha dato campo libero senza ostacoli alle forze del capitalismo, che, attraverso la cosiddetta globalizzazione, ha reintrodotto nel mondo la schiavitù, ha penalizzato i giovani, ha reso miserabili i popoli, ha dato un potere enorme alla finanza creando appunto quel divario tra l’1 e il 99 per cento di cui giustamente parlano gli Occupy Wall Street. Marx, tra l’altro, aveva previsto tutto questo.

In Italia, secondo un recente sondaggio, l’80% della popolazione non ha fiducia nel mondo della politica. Nel Stati Uniti il 49% dei giovani ha una visione positiva del socialismo. Ma c’è qualcosa (forse la mia età) che mi rende pessimista. E’ dal fallimento del socialismo reale, credo, che bisogna partire. Questo fallimento rappresenta un peccato originale che pesa come un macigno sulla testa di questi movimenti. In fondo, tutti i ragionamenti che dicono: noi siamo il 99%, voi siete l’1%, o, come ha detto recentemente un sindacalista italiano, noi siamo quelli che remiamo, voi siete i passeggeri, dovrebbero portare a una conclusione logica: l’abolizione della proprietà privata. Perché non è facile arrivare a questa conclusione? Proprio per il peccato originale del fallimento  del socialismo reale (del suo fallimento, non della sua sconfitta, da cui ci si può riprendere). Lo stalinismo ha fatto più danni e più vittime del nazismo. Anche perché ha impedito a un movimento rivoluzionario di espandersi. Né l’esempio della Cina aiuta ad essere ottimisti… Né quello di Cuba, purtroppo. Né quello dei vari regimi socialisti che hanno vissuto esperienze effimere in Africa e altrove. In fondo, la forza assunta dai movimenti politici di estrazione mussulmana deriva dal fatto che questi movimenti sono nati sulle macerie di regimi socialisti fallimentari, e che il solidarismo precapitalista, di tipo feudale, che li caratterizza, finanziato, tra l’altro, dai proventi del petrolio, è apparso come un baluardo molto più efficace alla dominazione del capitalismo globale.

Forse qualcosa che sta succedendo in America latina può essere portato come esempio di una mediazione positiva e interessante. Forse. Io sono rimasto molto colpito in ogni caso dall’importanza che viene data alla cultura e alla poesia in certi paesi latinoamericani. Mi ha dato l’impressione di una società ancora capace di investire in sogni, in speranze, in obiettivi futuri, anche in quel che di utopico che poi può portare a realizzazioni, mentre noi europei siamo rimasti rannicchiati nel tentativo di non perdere i vecchi privilegi che, in ogni caso, stiamo perdendo. La crisi economica del sistema USA-Europa è sistemica, non ha soluzione, e, per quel che riguarda l’Europa, non esistono paesi virtuosi e paesi non virtuosi; la crisi è partita dai paesi più deboli e non risparmia i paesi più forti, ha già attaccato la Francia e la Germania; e uno dei paradossi che vive la situazione attuale è appunto quello per cui oggi, per la tenuta dell’Euro, la Germania, con la politica della Merkel, è più pericolosa della Grecia.

Certo, la rottura di tutti gli schemi può portare a situazioni teorizzazioni o contingenze imprevedibili. Ma io personalmente sono pessimista. Sono pessimista perché il fallimento di tutti i movimenti basati sullo storicismo mi ha portato a riconsiderare determinate categorie che possono essere raggruppate sotto il termine obsoleto di “natura umana”. E lo studio della storia, tra l’altro, e in particolare il fallimento dell’esperienza sovietica e di tutte le sue diramazioni, mi ha confermato quello che oggi abbiamo sotto gli occhi: che c’è nell’essere umano un difetto di fabbricazione. L’unico nome che riesco a trovare a questo difetto di fabbricazione è un termine greco: Hybris, che in italiano viene comunemente tradotto con il termine “superbia”. Da una frettolosa ricerca effettuata su internet ho appreso che Hybris è “la dismisura, la superbia e il superamento del limite. In Omero la parola si riferiva soprattutto alla disobbedienza e alla ribellione contro il principe; nelle epoche successive passò invece a indicare la sfida dell’uomo nei confronti degli dei”. ” ὕβρις è un termine tecnico della tragedia greca e della letteratura greca, che compare nella Poetica di Aristotele… Significa letteralmente “tracotanza”, “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione””. Ai nostri occhi moderni potrebbe significare la rottura di un ordine classico proprio della civiltà greca.

Hybris esprime bene quello che ho in mente, e il fatto che secondo i Greci porti alla tragedia si attaglia bene alla situazione che stiamo vivendo, che è chiaramente quella di una lenta tragedia. Se si crede alla hybris che c’è nell’uomo di disvela l’ingenuità che è nel pensiero di Marx e forse più in quello dei marxisti: e cioè che una società razionale è possibile quando le forze produttive sono tali da poter assicurare la soddisfazione dei bisogni di tutti. “Quando ci saranno beni a disposizione per tutti, come oggi è possibile, non ci sarà bisogno di rubare, di prevaricare, faranno tutto le macchine, si potrà avere una società razionale e senza conflitti” (questa non è una citazione, è un sunto di quella che è stata un’opinione corrente). In nome di questa credenza si è combattuto per il socialismo e lo si è creduto scientifico, ma a quanto pare la storia non ha confermato questa teoria. Trotsky giustificò la nascita della burocrazia in URSS con l’isolamento e l’arretratezza dell’Unione Sovietica, ma alla luce di quanto è successo dopo (e anche alla luce di quanto è successo prima, se diamo un’occhiata alla storia) c’è qualcosa di più. In parole povere, non esiste limite all’avidità e alla distruttività umana. E’ una pulsione inarrestabile, incontrollabile, irrazionale.

Il termine “vita”, vita organica, secondo una vecchia analisi letta in gioventù, significa che la vita è ciò che nasce, si riproduce e muore, e non può continuare a vivere se non distrugge altra vita. Cioè, se non “mangia”. Gli esseri umani mangiano, come tutti gli altri animali; ma non si limitano a questo. L’avidità umana, a differenza di quella degli animali, è inarrestabile. Ed è questo difetto di fabbricazione che ci sta portando all’autodistruzione e che rischia di farci durare meno dei dinosauri. Forse, anzi sicuramente, è proprio la capacità creativa dell’essere umano lo strumento, il volano di questa distruttività insaziabile, la base che permette a questa avidità di soddisfarsi; ma sembra che non ci sia limite a questo. E in questo periodo sono superati tutti i limiti.

Il potere si riproduce ovunque, in qualunque circostanza, in qualunque forma di assembramento o di relazione umana. Forse (lo dice qualcuno) anche all’interno degli attuali movimenti. C’è chi dice che all’interno dei movimenti già emergono nuovi leader che si sbracciano per ottenere visibilità: potrebbe essere vero o comunque verosimile.

Tutte le rivoluzioni hanno avuto il loro bonapartismo. Questo è particolarmente chiaro oggi, dopo che le enormi forze e sforzi e tensioni della parte migliore dell’umanità hanno portato a risultati osceni e terrificanti. Tutte le rivoluzioni si sono concluse in grandi assestamenti storici che hanno portato alla creazione di nuove gerarchie di potere e di nuovi strumenti di potere. A cominciare dalla rivoluzione cristiana. La rivoluzione inglese, nata in nome di ideali quanto mai nobili, ha portato all’intervento dell’Inghilterra nella tratta degli schiavi, all’oppressione dell’Irlanda, ha segnato l’inizio dell’intervento inglese in India, e ha posto le basi dell’espansione del colonialismo inglese del Diciannovesimo secolo. La rivoluzione francese è sfociata in pochi anni nell’Impero napoleonico. E via discorrendo…

Chi è potente vuole essere potentissimo. Chi è ricco vuole essere ricchissimo. Il dominio incontrollato e senza ostacoli del capitalismo finanziario sta portando il mondo all’autodistruzione. Il fallimento dei vari convegni sul clima è l’espressione più chiara di come questa violenza irrazionale non sia capace di porsi dei limiti. I No Global di Seattle, gli Indignados, gli Occupy Wall Street, tutti quelli che stanno cercando di lottare per la loro e altrui sopravvivenza scardinando i vecchi schemi, partendo da zero, cercando di creare nuove forme che non tengano in considerazione i vecchi movimenti “progressisti” di tutte le forme, sono i santi di oggi. Ma io credo che il genere umano può essere salvato solo da una nuova religione. Perché noi mangiamo carne.

Forse, nel panorama delle rivoluzioni che si sono rivelate nuove strutture di potere, le uniche rivoluzioni che sono riuscite sono le rivoluzioni culturali. Per questo, io laico, ateo o sicuramente non credente, penso che solo una nuova religione, una religione senza Dio, che ormai è morto, una rivoluzione culturale laica travestita da religione, potrebbe salvare l’umanità. Ammesso che ciò sia possibile. E ammesso che ne valga la pena. Perché è solo a livello irrazionale che si potrebbe agire. In teoria, coi mezzi tecnici che ci sono, i problemi del mondo potrebbero essere risolti in una settimana. Io ti dono questo, tu mi doni questo. Io rinuncio a questo, tu rinuncia a questo. In Abruzzo, quando i guardiacaccia sono costretti a uccidere un orso, perché dà fastidio, penetra nelle case, è pericoloso, gli mettono in bocca un po’ d’erba. Gli danno da mangiare. Gli chiedono scusa per averlo ucciso. Io ti uccido per non essere ucciso, perché devo mangiare, ma ti chiedo scusa. Gli esseri umani non chiedono scusa alla natura. Quello che è scomparso è il senso del sacro. Mettere un po’ d’erba nella bocca di un orso è avere compassione, provare dolore per averlo ucciso. Sentire che in fondo la propria sopravvivenza è una colpa. La hybris è esattamente il contrario di tutto questo.

L’idea della religione come nuova socialità, sostitutiva dell’idea del socialismo, è un ritorno al Medio Evo, in cui la sacralità del re fu la base per la formazione delle monarchie nazionali. Non è un bel vedere, ma è meglio della guerra atomica… e queste idee sono assolutamente inattuali. E per essere ancora più inattuale vorrei proporre il ritorno al sentimento di colpa. Sentire come una colpa non la trasgressione al dovere della castità, o dell’obbedienza all’autorità costituita, ma all’idea di rispetto. Rispetto per gli orsi, naturalmente.

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October. In this period, in the wake of the demonstration on the 15th inRome, a polemic is underway between the supporters of peaceful demonstrations and a minority that upholds and practices violence. I think that both are right, if only in maintaining that the other’s methods are inadequate. The upholders of peaceful demonstrations deem that breaking banks’ windows, burning garbage bins, setting fire to the police’s armored vehicles, and (even worse) lighting up the cars of ordinary citizens, is useless. And they are right. The supporters of violence sustain that holding a large demonstration from time to time in the hope that a better government will appear is useless. And they, too, are right.

The fact is that the contest is taking place elsewhere. Berlusconi is about to be toppled, everybody is saying it and everybody knows it, but everybody is getting ready to compromise in order to form another government which, in substance, would not very different from the current one. And the European situation is not much better than the Italian one.

After the violent outbursts on the 15th, sectors of both the opposition and the ruling coalition have unanimously suggested that the Reale law, which was enacted in the 1970s, be reinstated. The Reale law authorized the use of firearms on the part of the police simply in order to keep the peace (i.e. at demonstrations). It authorized searches without a court warrant. And arrests also in the absence of flagrant violation of the law. It has been assessed that the Reale law caused 625 victims. The Red Brigades killed 86 individuals.

Personally, I don’t believe it is right to demonize those who practice violence. There will be some infiltrators from the police amongst them, but that is normal. Nor am I scandalized that there are right-wing individuals in their ranks, or people who only want to rough others up, people who frequent soccer stadiums. They are exasperated folk, I was like that myself as a young person. Rather, it is a comparison with the fluidity, the intelligence, the ubiquity of the Occupy Wall Street demonstrators that makes these sectors that theorize violence seem coarse, just as it does the neo-anarchists who are starting to plant bombs again.

A Brecht opera often comes to my mind: The Resistable Rise of Arturo Ui. Hitler could have been stopped. And he wasn’t. Mussolini, too, could have been stopped. And Berlusconi could have been as well. In these years, Berlusconi has been on the verge of being toppled several times, and he has always been saved, on various occasions, by an ex-communist.

November. Berlusconi has been toppled. The day he handed in his resignation to the President of the Republic, outside of theQuirinalPalacethere were the orchestra and the chorus of the Permanent Musical Resistance movement (one of the many anti-Berlusconian movements) who performed Handel’s Hallelujah Chorus. Subsequently, Monti was welcomed with the almost general consensus of the population.

The interesting thing is that no one knew (except the insiders, and even they not so precisely) what Monti’s program was. He was the savior. The favorable welcome given to him made me think of the welcomeRomereserved for Hitler in1938. Afriend of mine, who is writing a novel and reading up on the subject, told me that the Roman people, who at the time were rather poor, welcomed Hitler like a Messiah, with delirious enthusiasm. I don’t want to compare Monti to Hitler, but only to highlight the degree of blind faith, the extent to which things can be assumed about an individual in  moments of difficulty. Mariano Rajoy won the elections inSpainwithout making his program known, because he  conducted a generic electoral campaign, saying only that, with him,Spainwould have come out of the crisis. Di Pietro questioned Monti before he was elected to Parliament, asking him what his program was. Then he wrote in an interview: I posed him questions and he would smile. And fail to reply.

December. Monti’s program is that of Europe, the one the IMF has been proposing to the world over the past few years and that has failed to yield any result other than that of making of few persons more rich and everybody else poorer. Monti’s consensus is dropping rapidly. Demonstrations and strikes are flaring. The various unions have joined forces again. Many economists of his same political area have criticized him. It’s not a question of the Indignados in particular, who in Italy have failed, for the time being at least, to provide a constant and daily movement as they did in the United States and in Spain; but of a myriad of demonstrations, picket lines, occupations in which workers are participating in great numbers and women are very present as well. What is poking about in people’s heads and, from time to time, appears on the internet or in the papers is the phantasm of Argentina, which managed to free itself, thanks to a great mobilization, from the hold of the IMF – that had taken it to the cleaners – and is now recovering. More than a phantasm, a suggestion. There is a deep sense of disappointment and an atmosphere of great exasperation.

What is striking is that the political situation, in Italyand elsewhere, expresses a series of paradoxes, in which all previous schemata have been turned upside down, destroyed. The right steals words from the left. It starts to use terms employed by the left, such as, for example, social butchery. Norma Rangeri, in the daily “Il Manifesto”, speaks of “mayonnaise gone mad”, of a “reversal of roles”.  People who have played ball with democracy, who have passed catastrophic, false electoral laws, who have touted citizens with false promises and television monopolies, today are protesting and denouncing a coup d’état on the sly. Squalid characters and turncoats of the previous government accuse the Monti government of being the government of the banks. In Bologna, Merola, the left-wing mayor, had the Arcobaleno movie theatre, which had been occupied by the Indignados, cleared immediately, while inRome the neo-fascist mayor Alemanno did not have the courage to clear the Valle theatre, which had also been occupied for some time. The ultimate paradox is that people are everywhere purporting to amend the faults of liberalism by means of liberalist policies. At the international level, one might deem paradoxical the fact thatGermany, and notGreece, is the country that poses the greatest danger toEurope.

InEgypt, the fans ofCairo’s two main soccer teams united in order to defend the population from the attacks of the army during the demonstrations. Those fan clubs have a long tradition of clashes with the police. The paradox is that up till now soccer fan clubs had been thought of as phenomena that fell outside of the democratic ballpark, an expression of right- and left-wing extremism, and especially of hooliganism; whereas now, “paradoxically”, in Egypt they are part of a process that beckons democracy.

All these paradoxes go to prove that the old schemata do not apply any more, and the Indignados, the Occupy Wall Street protesters, are a part of this breakdown of schemata. They are not one of the many protest movements. There are at least two elements that distinguish them: the first is rebellion against what the world is becoming; the second is distrust in the institutions that uphold the res publica, as well as in the movements and parties that claim to be the opposition. A search for something new in underway, therefore, for a new kind of participation, for a participation that is real and based, above all, on the refusal of rule by proxy; not least because there are no longer points of reference as there were in the past. The not-in-the-least-bit-wrong impression is that the ruling classes and the privileged ones constitute a single block, with differences between them that are insubstantial and very small.

If the economy is globalized, the protest movements are becoming globalized as well. I have the feeling that, after years of stagnation, a new historical phase of revolutionary events has already been born. I believe that one should consider as one and the same, not only the movements of the Indignados proper or those of the Occupy Wall Street protesters, but also all of the popular struggles of the peoples in the Arab countries, the demonstrations in Russia, and everything that is moving in the world. This new phase, still headless, is of potentially immense strength. We cannot foresee the means by which something will come out of it, or the nature that it will have; but one thing is certain: these movements have urgency as a common characteristic. We are on the edge of a precipice: at the root of these demonstrations there is not only the fact that the young are without work and without a future; at bottom, there is the idea that the world is dying, or, to be more precise, that the human species has actually begun to destroy itself.

The problems of the era in which we live have their origin in the fall of Real Socialism. In the failure of the Real Socialist regimes. We have no longing for those bureaucratic and oppressive regimes; but the end of an antagonist movement, of an antagonist oppression, has cleared the field of all obstacles to the forces of capitalism, which, through so-called globalization, has reintroduced slavery into the world, discriminated against the young, rendered peoples miserable, bestowed upon financial interests an enormous power and created that gap between the 1 and the 99 percent that the Occupy Wall Street protesters rightly talk about. Marx, by the way, had predicted all this.

According to recent poll, 80% of the population inItalydoes not trust the world of politics. In theUnited States, 49% of young people have a positive view of socialism. But there is something (perhaps my age) that makes me pessimistic. It is from the failure of Real Socialism, I believe, that one must start. That failure represents an original sin that weighs like a nightmare on the brain of these movements. Basically, all the arguments which say: we are the 99%, you are the 1%, or, as an Italian labor union representative recently said, we are the rowers, you are the passengers, should lead to a logical conclusion: the abolition of private property. Why is it difficult to come to such a conclusion? Precisely because of the original sin of the failure of Real Socialism (of its failure, not of its defeat, from which one might recover). Stalinism produced more damage and more victims than Nazism. Not least because it prevented a revolutionary movement from expanding. Nor does the Chinese example help one to be optimistic… Nor does that ofCuba, unfortunately. Nor does the example of the various socialist regimes that have lived ephemeral experiences inAfricaand elsewhere. At heart, the strength that has accrued to political movements of Muslim extraction is due to the fact that those movements were born on the ruins of the bankrupt socialist regimes, and that the pre-capitalist solidarity of a feudal type that characterizes them – which is financed, moreover, with the proceeds from the sale of petroleum – appeared to be a much more effective bastion against the domination of global capitalism.

Maybe something that is happening inSouth Americamay be considered an example of a positive and interesting mediation. Maybe. I was very struck, in any event, by the importance that is attributed to culture and to poetry in certain South American countries. It gave me the impression of a society that was still able to invest in dreams, in hopes, in future goals, and also in that element of utopianism that in time can lead to accomplishment, whereas we Europeans have remained all curled up in the attempt not to lose the old privileges that, in any case, we are losing. The economic crisis of the USA-Europe system is systemic, it has no solution, and, as far as Europe is concerned, there aren’t countries that are virtuous and ones that are not; the crisis began in the weaker countries and does not spare the stronger ones, it has already touched France and Germany; and one of the paradoxes of the current situation is precisely that today, as far as the standing of the Euro is concerned, Germany, with Merkel’s policies, is more dangerous than Greece.

Of course, the breakdown of all schemata can lead to unpredictable situations, theorizations, or contingencies. But I, personally, am pessimistic. I am pessimistic because the failure of all movements based upon historicism has led me to reconsider certain categories that may be grouped under the obsolete term “human nature”. And the study of history, amongst other things, and in particular the failure of the Soviet experience and all its offshoots, has confirmed to me that which, today, lies in front of our eyes: there is a fault in the way human beings are designed. The only name I can find for this fault in our design is a Greek term: hubris, which in English is commonly translated as “arrogance”. From a quick search on in the internet I learned that hubris is lack of proportion, extreme haughtiness, going too far. In Homer the word referred mostly to disobedience and rebellion against the prince; in later epochs, it came to mean man’s  challenging of the gods. ὕβρις is a technical term in Greek tragedy and literature that appears in Aristotle’s Poetics… It literally means “impertinence”, “excess”, “arrogance”, “pride” or “prevarication”. To our modern eyes it might mean the breakup of a classical order proper to Greek civilization.

Hubris is an apt expression for what I have in mind, and the fact that it leads to tragedy according to the Greeks fits well with the situation in which we are living, which is clearly that of a slowly unfolding tragedy. If one believes in the hubris that lies in man one pulls the veil off of the naïveté that lies in the thought of Marx and perhaps even more in that of Marxists: namely that a rational society is possible when the productive forces are capable of ensuring the satisfaction of everyone’s needs. “When goods will be available to all, as today would be possible, there will no longer be any need to steal, to prevaricate, machines will do everything, we will be able to have a society that is rational and conflict free” (this is not a quotation, it is a summary of what used to be a widespread belief). In the name of this credence, socialism was fought for and believed to be scientific, but it seems that history has not confirmed the theory. Trotsky explained the origin of bureaucracy in theUSSRin terms of theSoviet Union’s isolation and backwardness, but in light of what happened subsequently (and also in light of what happened before, if we glance back at history) there is more to it. In plain words, there is no limit to human greed and destructiveness. It is an unstoppable, uncontrollable, irrational impulse.

The term “life”, organic life, according to an old analysis I read when I was young, means that life is that which is born, reproduces, and dies, and cannot continue to live if it does not destroy other life. Namely, if it does not “eat”. Human beings eat, like all other animals; but they don’t stop there. Human greed, unlike that of animals, is unstoppable. And it is this fault in our design that is leading us to self-destruction and runs the risk of causing us to last less than the dinosaurs. Perhaps, or rather surely, it is precisely human beings’ creative capacity that is the tool, the driving force of this insatiable destructiveness, the basis that allows such greed to be satisfied; it seems, however, that there is no limit to it. And in this period all limits have been breached.

Power reproduces itself everywhere, in every circumstance, in every form of human gathering or relation. Maybe (some say so) even within the current movements. There are those who say that, within these movements, there are already new leaders who go well out of their way to obtain visibility: it might be true or, in any case, plausible.

All revolutions have had their Bonapartism. This is particularly clear today, after enormous forces and efforts and tensions on the part of the better part of humanity have led to obscene and terrifying results. All revolutions have ended in great historical arrangements that have led to the creation of new hierarchies of power and new tools of power. Starting with the Christian revolution. The English Revolution, born in the name of ever-so-noble ideals, led to the participation ofEnglandin the slave trade, to the oppression ofIreland, marked the beginning of English intervention inIndia, and laid the foundations for the expansion of British colonialism in the Nineteenth Century. The French Revolution gave way in a matter of a few years to the Napoleonic empire. And so on…

Whoever is powerful wants to be extremely powerful. Whoever is rich wants to be extremely rich. The unchecked and unhindered dominion of financial capitalism is leading the world to self-destruction. The failure of the various conferences on climate change is the clearest expression of how this irrational violence is incapable of keeping itself in check. The No Global activists in Seattle, the Indignados, the Occupy Wall Street demonstrators, everyone who is trying to struggle for their own and other people’s survival by subverting the old schemata and starting from scratch, by trying to create new forms that disregard the “progressive” movements of old in all their various guises, they are the saints of our time. But I think humankind can only be saved by a new religion. Because we eat meat.

The survey of revolutions that have given rise to new power structures suggests that, perhaps, the only revolutions that have succeeded are cultural ones. For this reason, I who am secular, atheistic or, most assuredly, a non-believer, think that only a new religion, a religion without God – who, by now, is dead – a nonreligious cultural revolution disguised as a religion, might save humanity. If such a thing is at all possible. And if it is worth the effort. Because it is only at the irrational level that one might be able to act. In theory, using the technical means that are available, the problems of the world could be solved in a week’s time. I give you this, you give me that. I give this up, you give that up. In theAbruzziregion ofItaly, when gamekeepers are forced to kill a bear, because it is bothersome, goes into houses, is dangerous, they put a bit of grass into its mouth. They give it something to eat. They ask it forgiveness for having killed it. I kill you so as not to be killed, because I have to eat, but I ask your forgiveness. Human beings do not ask nature for forgiveness. What has disappeared is a sense of the sacred. To put a bit of grass into the mouth of a bear is to feel compassion, to experience pain for having killed it. To feel that, at bottom, one’s survival is a sin. Hubris is exactly the opposite of all this.

The idea of religion as a new sociality, which replaces the idea of socialism, is a return to the Middle Ages, when the sacredness of the king was the basis for the formation of the national monarchies. It’s not a pretty picture, but it’s better than nuclear war… and these ideas are absolutely out of fashion. And so as to be even more out of fashion, I would suggest that we go back to a feeling of guilt. To feeling guilty, not for having been derelict in the duty to be chaste or to obey established authority, but in the duty to bear respect. Respect for bears, of course.

Traduzione di Nail Chiodo

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Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista tedesca eXperimenta, (www.experimenta.de), febbraio 2012