per la poesia a Firenze

ricevo da Elisa Biagini (cfr. qui) e diffondo a mia volta:

…c’è una città dove forse non si potrà più celebrare la poesia di altri paesi, e la nostra: Firenze.

Qui infatti, dopo nove edizioni che hanno portato poeti italiani e di tutto il mondo a leggere i loro testi dalle Oblate a Villa Romana, dalla Villa Medicea di Castello alla Badia Fiesolana, “Firenze Poesia.Voci lontane-Voci sorelle” rischia di morire.

Il Festival, che ha fatto incontrare ai fiorentini poeti canadesi, americani, romeni, indiani, sudafricani, venezuelani, russi e giapponesi, solo per nominare alcuni dei paesi di provenienza, come pure Milo de Angelis, Antonella Anedda, Eugenio de Signoribus, Vivian Lamarque e Fabio Pusterla e altri fra i poeti italiani più interessanti e importanti, e ha permesso a poeti più giovani di condividere il proprio lavoro, a causa dell’assenza di finanziamenti da parte delle autorità e di sponsor privati, forse quest’anno non riuscirà a portare i poeti del mondo a Firenze (e stiamo parlando di una manifestazione che potrebbe già fare molto con soli 2500 euro!). E la città, che a questi poeti ci tiene perché ogni anno li ha seguiti con passione (e gratuitamente) durante le varie serate, merita di averli perché parlare di poesia è parlare del mondo, è gesto di condivisione e dialogo, è scoprire che, nella parole di Anne Sexton, “la mia cucina, la tua cucina/la mia faccia, la tua faccia” (e per la storia del festival e i nomi di tutte le persone che hanno lavorato per realizzarlo-me compresa- e per i testi dei poeti che vi hanno partecipato, si rimanda a http://associazioni.comune.firenze.it/labbuon/home.html).

Per sua natura poi “Voci Lontane-Voci sorelle” (che inizia già a fine anno a preparare l’edizione del giugno successivo) non si è mai limitata ad una carrellata di voci (né si è prestata ad iniziative “di vetrina”, le uniche ad attrarre finanziamenti perché di forte impatto mediatico ma troppo spesso di scarso contenuto culturale) ma ha anche creato momenti di riflessione sulla critica (attraverso convegni e presentazioni di libri), accogliendo in pieno la sua missione pedagogica e non di mero intrattenimento, con l’intento di raccogliere quante più persone possibile nell’abbraccio della poesia.

Tanto più, quindi, in questo momento di disagio storico-culturale, la parola poetica è necessaria come stimolo a un ragionamento sul linguaggio e sulla realtà: è uno spazio di riflessione sociale,  politico ed estetico, non un allontanamento dal reale, ma un essere nel mondo, pienamente e consapevolmente (e divertendosi anche!)

Parola necessaria per i cittadini ma purtroppo quanto mai “spendibile” per le amministrazioni, dal momento che è quasi sempre la prima voce ad essere tagliata, perché considerata superflua, praticamente un hobby, visto che in Italia tutti scrivono ma nessuno legge (e vi faccio il mio esempio: dall’inizio dell’anno sono stata a portare la mia poesia a Cork, Londra, Bilbao e Dresda e nessuna di queste è una città italiana).

Cosa possiamo fare per ascoltare anche quest’anno le voci dei poeti qui a Firenze? Ognuno di noi può sollecitare l’amministrazione affinché contribuisca a fornire questo servizio ai suoi cittadini, può cercare degli sponsor privati, può “adottare un poeta”, impegnandosi, per la durata del festival, a dare ospitalità in cambio di versi, può partecipare ad una sottoscrizione che copra le spese di viaggio per la loro venuta, può dare una mano e un orecchio.

Facciamo dunque uscire le parole dal chiuso della pagina!

Elisa Biagini