Mi rendo conto che è particolarmente confortante il meccanismo del riconoscimento. Davanti a un testo organizzato (o non troppo disorganizzato) in senso metricamente evidente, o celato ma indagabile, il critico esulta. Riconosce.
Scriverebbe un saggio. Sta per scriverlo.
Fermati, o critico.
Guarda il testo, la pagina, il senso, il “cosa io autore voglio tu veda”. Considera lessico, retorica, inversioni, rime, tutto.
Fa pena? Allora, o critico, rinuncia alla metrica e a tutte le sue tentazioni. E dillo, una buona volta, che esiste il brutto, il kitsch inconscio, l’ingenuità mal governata, il cattivo verso. E dillo che la metrica lì non ‘salva’ ma è un’aggravante.
È cosa possibile, puoi farcela, tenta, sii retto e impavido: non temere i tuoi nemici. Saranno sempre meno numerosi dei posteri che al contrario riderebbero e certo rideranno di tue diligenti prudenti impaurite analisi numeriche condotte su un castelletto di spazzatura.