da oggi, 5 ottobre @ spazio unimedia (genova): “tutti gli artisti mentono”, mostra di mauro panichella

Mauro Panichella con i nuovi lavori “tutti gli artisti mentono”, chiede e si chiede Chi è l’Artista? A chi appartiene il Segno? Qual è l’Opera? Chi mente? – giocando con il paradosso del mentitore e sul linguaggio globale e digitale.
Inaugurazione il 5 ottobre, dalle 18 a mezzanotte. La mostra prosegue fino al 15 novembre.

SPAZIOUNIMEDIA. Palazzo Squarciafico Piazza Invrea 5b – Genova

Il segno è qualsiasi cosa che consenta di mentire.

U.Eco

 

In questa mostra, che inaugura la stagione 2023-2024 di SpazioUnimedia, Mauro Panichella esplora il confine infinitamente mutevole fra l’individuo-artista e la tecnologia, confine che si va rapidamente modificando con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale.

Cosa succede quando le macchine producono arte? L’installazione site specific “Tutti gli artisti mentono”, composta dal vecchio motore di una cucitrice industriale (gli objects trouvés sono ricorrenti nel lavoro di Panichella) è un’opera d’arte che a sua volta produce un’opera d’arte (il segno primitivo della grafite sul muro) esistente per se stessa.

È necessario dunque chiedersi, ed è una tematica estremamente attuale, quali siano le conseguenze sull’originalità e sull’unicità dell’opera d’arte quando è l’artista a ritirarsi apparentemente dall’atto creativo.

La macchina come apparato autonomo di creatività esiste a partire dalle macchine trafilatrici di Jean Tinguely (Meta-matic n.6 – Parigi 1959) ma Mauro Panichella pone la macchina in rapporto/conflitto con la realtà insieme naturale e virtuale, evidenziando non solo la fragilità del linguaggio logico di fronte a un’antinomia (il paradosso del mentitore) ma anche di fronte alla sproporzione incommensurabile fra la verità e la possibilità di conoscerla e di rappresentarla.

Con questa installazione Mauro Panichella pone in discussione anche il rapporto fra visitatore, artista e opera d’arte: come per le macchine da disegno di Hirst e Eliasson o le fotocopiatrici di Steven Pippin, è il visitatore stesso che azionando un pedale o un pulsante può mettere in moto o spegnere la macchina, avviando o sospendendo il processo creativo.

In mostra anche la moltiplicazione del segno nel cloud delle scritte in 22 lingue diverse, e gli smartphone dagli schermi infranti, e pertanto illeggibili, metafore della onnivora comunicazione globale e insieme della virtuale incomunicabilità del concetto arte.

Limbania Fieschi 

 


 

Beauty lurks in the Chaos of the Beholder
Ben Patterson

 

Ci stiamo avvicinando a una nuova stagione artistica, con nuovi progetti, nuovo entusiasmo e il desiderio un po’ euforico che tutto vada al suo posto in questa situazione da “destini incrociati” dove nulla si può lasciare al caso.

Mauro Panichella, uno dei due artisti « giovani » che continuo a seguire con estremo interesse (assieme a Giulia Vasta, che –  guarda caso – è sua moglie !) si trova ad affrontare tre mostre contemporaneamente, tutte a Genova e tutte molto diverse tra loro…: la sua personale “Tutti gli artisti mentono” allo Spazio Unimedia, l’installazione “Convergenze (im)possibili”, con Mauro Ghiglione e Michelangelo Penso nello spazio archeologico di San Donato, ai Giardini Luzzati (curata con Leo Lecci) e l’esposizione di un’opera nella manifestazione “Visibilia” curata da Isabella Puliafito per il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce.

Con Mauro abbiamo tanto parlato, confrontando i nostri pensieri, con la stessa attitudine coltivata negli anni con gli artisti Fluxus, dove il dialogo è sempre stato molto vivace, assolutamente privo di gerarchie, di schermi e di schemi, sempre foriero di nuove idee e nuovi progetti…

Felice di tutto questo, penso che la lettura di alcune testimonianze sia utile per avvicinarsi al lavoro di Panichella… poi, come conclude lui, sono le opere a parlare per se stesse.

Caterina Gualco

 

«Cara Caterina,

Ho pensato che per presentarti i miei nuovi progetti è necessario riprendere il filo da dove l’avevamo lasciato prima de “Il rituale dell’inatteso”…. Andando a ritroso nel tempo, attraverso la consultazione dei miei taccuini, ho potuto riguardare con la dovuta distanza alcuni appunti che all’epoca erano troppo acerbi per potermi convincere del tutto. Alcuni risalgono al 2018: era letteralmente un altro mondo (sic). Però, in prospettiva, tra i progetti inediti vecchi e nuovi qualcosa si salva: “Elevage de pixels”“Clouds”, “Non sunt multiplicanda entia sine necessitate (telescopio/microscopio)” e infine “Tutti gli artisti sono bugiardi”. Ho fatto una selezione delle opere più concretizzabili e le ho associate per elementi comuni in modo da poterle considerare per la costituzione di un’eventuale esposizione. Ma alla fine (come succede sempre), al di là di ogni discorso, sono le opere a parlare.” …

…“Un braccio elettro-meccanico traccia un segno sul muro. Il braccio impugna una grossa grafite, lasciando un segno primitivo, una traccia continua e orizzontale derivata dal movimento cinetico del macchinario. Il titolo di questo progetto – Tutti gli artisti mentono – fa riferimento al paradosso del mentitore, l’ enunciato di Epimenide che mette alla luce la fragilità del linguaggio logico di fronte ad un’antinomia. Trasportando il paradosso del mentitore sull’opera, e più generalmente lo si applica ad alcune aporie legate a dinamiche tipiche dell’era digitale (ad esempio la proprietà intellettuale o l’intelligenza artificiale) si pone al centro della riflessione la creazione artistica e la figura stessa dell’artista. Chi è l’Artista? A chi appartiene il Segno? Qual è l’Opera? Chi mente?

Il titolo del progetto, tradotto in diverse lingue diventa opera e, di conseguenza, oggetto antropologico, così come il macchinario, che ho costruito utilizzando il vecchio motore di una cucitrice industriale.

La parola “artista” in alcune lingue non può essere tradotta. Il verbo “mentire” invece è universale.”… »

Mauro Panichella

 

«Caro Mauro, ricorderò sempre la scena iniziale del film “Oltre al Giardino”, in cui Chance Giardiniere, prima ancora di rendersi conto di essersi svegliato, va a spostare una piantina in vaso perché possa prendere un raggio di sole. So – da generazioni di contadini prima di me – che talvolta una giovane pianta che appare uguale a tante altre, ha in sé tutte le potenzialità che la trasformeranno in un albero particolarmente rigoglioso. Per tutta la mia lunga vita di gallerista, ho sempre seguito le voci misteriose che mi spingevano a interessarmi a un artista piuttosto che a un altro… Ecco la delizia della scelta, ciò che fa di un lavoro abbastanza simile a qualunque altro, qualcosa di speciale. Non sempre le voci sono sincere, e qualche volta l’entusiasmo parte troppo in anticipo. Tuttavia, quando succede, il miracolo è un lavorare stupendo, perché diventa una partecipazione diretta alla creatività, e da lì parte tutto un meccanismo per far sì che il resto del mondo (del proprio piccolo mondo almeno) ne venga a conoscenza e ne partecipi… »

Caterina Gualco, testo tratto da “Finds” 2016 – De Ferrari Editore

 

A questo punto mi sembra opportuno, o almeno mi piace tanto, proporre una piccolissima antologia di testimonianze che, secondo me, hanno veramente colto l’artista nel suo lavorare e nel suo porgersi.

 

«…Mauro Panichella è un artista che accanto a un’attività schietta e istintiva, nata da uno slancio emotivo, coltiva tenacemente un versante di studio metodico e di produzione scritta. Qui l’accumulo di nozioni di provenienza disparata si risolve in successive intuizioni e si affianca a rigorosi processi di archiviazione. Concluso un lavoro, e trascorso il necessario intervallo, subentra in lui quello sguardo estraneo, diverso, che Luciano Fabro raccomandava ai suoi allievi trentacinque anni fa… »

Sara Fontana, testo tratto da “il rituale dell’inatteso” 2019 – Sagep Editore

 

«Infine c’è l’esposizione, che Mauro Panichella ha disposto in forma di narrazione e presentazione, prima di tutto. Voglio dire disponendo il reperto come un segno muto e portante linguaggio al medesimo tempo, cioè parlante e visivamente a metafora di una parte per il tutto, quella che non vediamo, o quella parte che non vogliamo vedere, quella che ci accompagna dal nostro mattino alla nostra sera, quando tutto si fa buio, e riprendiamo quella posizione, spesso fetale, per ri-entrare nel grande sonno della vita e nel grande sogno dell’arte. Un grande sogno sempre fulminante e illuminante: “Fulgur. »

Antonio d’Avossa, testo tratto da “Finds” 2016 – De Ferrari Editore

 

«C’è una sottigliezza nei lavori di Mauro Panichella: una sottigliezza che mi ricorda un’altra nozione duchampiana: la sua nozione di inframince. L’inframince è il mondo di tutte le piccole cose, di tutti i fenomeni minori, dei quali, in generale, non possiamo concepire l’importanza nell’immensità dell’universo: gli piaceva l’esempio del calore che lasciamo sul sedile di una sedia quando ci alziamo in piedi e ci allontaniamo da essa. Questo è come il battito delle ali di una farfalla che non scatena un uragano dall’altra parte del globo. Ma c’è anche una domanda a proposito della scala da tenere a mente in relazione all’universo in generale. Quanto piccolo deve essere “minore” in un universo infinitamente grande? Ci potremmo anche chiedere se un filamento di folgorite potrebbe essere un altro esempio dell’inframince.

Infine potremmo stabilire che questa escursione verso l’immensità sia stata suggerita da una delle opere di Mauro Panichella: Ritorno al mondo reale (Display)n°5 potrebbe essere la sezione di una mappa della radiazione cosmica che i fisici vedono ai confini più remoti e antichi dell’universo. »

Henry Martin, testo scritto da “Ritorno al Mondo Reale” 2017 – Gian Marco Casini Gallery

 

«…E poi una fotografia, un autoritratto romantico ma anche netto, filmico più che pittorico, come fosse un fermoimmagine, ancora elettrico, da Lars Von Trier: un uomo di spalle chiama all’immedesimazione, guarda alla sua selva, la illumina con una potente torcia. Il cielo, però, non è plumbeo o terrificante, non sembra presagire alcuna tempesta né suggerire sconvolgenti rivelazioni, melanconici stati d’animo; un’improvvisa rivelazione, invece: forse dal bosco siamo usciti, “a riveder le stelle”… » 

Amina Gaia Abdelouahab, testo scritto per la mostra “Rainbow Costellation” 2021 – Unimedia Modern Contemporary Art

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