ricordi di/per franco brocani

Marco Giusti per Dagospia:

CON FRANCO BROCANI, SCOMPARSO ORMAI IL 14 SETTEMBRE, SENZA CHE NESSUN GIORNALE NE AVESSE RIPORTATO LA NOTIZIA, SE NE VA DAVVERO UN MONDO. INTERNAZIONALE, PIENO DI VITA, DI ECCESSI, MA ANCHE DI CREATIVITÀ – REGISTA, SCENEGGIATORE, DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA, ATTORE, MA SOPRATTUTTO AMICO DEL CUORE DEGLI ANNI D’ORO DI MARIO SCHIFANO, FU IL SUO PARTNER NELLA COSTRUZIONE DEL CINEMA E DELLA SCENA UNDERGROUND ITALIANA

“Un giorno andai a trovarlo verso mezzogiorno”, raccontava Franco Brocani di Mario Schifano, “stava lavorando al grande quadro per Agnelli. Mi dice: Resta a pranzo che ci facciamo una bistecca alla Baudelaire. Si mette a tagliare con la sua solita velocità una fiorentina enorme e poi la cosparge di hascish. Ce la siamo mangiata e io sono andato nel pallone, mentre lui rideva come un bambino che aveva appena fatto uno scherzo a qualcuno”.
Ricordando la storia della bistecca alla Baudelaire, ci dispiace dire che con Franco Brocani, regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, attore, ma soprattutto amico del cuore degli anni d’oro di Mario Schifano e suo partner nella costruzione del cinema e della scena underground italiana, scomparso ormai più di due settimane fa, 14 settembre, senza che nessun giornale ne avesse riportato la notizia, se ne va davvero un mondo. Internazionale, pieno di vita, di eccessi, ma anche di creatività.
Nato in Piemonte, a Murazzano, in provincia di Cuneo nel 1938, Franco Brocani studiò al Centro Sperimentale di Roma e iniziò poco più che ventenne una carriera di sceneggiatore e di documentarista già alla fine degli anni ’60, alternandola a qualche assistentato. Scrive per la regia di Giovanni Vento l’interessante “Il nero”, lungometraggio uscito nel 1967, storia di un giovane africano a Napoli, ma anche il corto “Il pantano” di Elio Piccon, prodotto dalla Corona Cinematografica di Elio Gagliardo. Dopo aver diretto qualche documentario uscendo dal CSC, ”Screck!”, “A settentrione”, “A proposito di S.W. Hayter”, si lega alla Corona Cinematografica di Elio Gagliardo per produrre una serie di cortometraggi da unire in sala ai film.

Proprio per girare un documentario, uno di questi film della Corona, Brocani conosce per la prima volta nel 1966 Mario Schifano. Titolo dell’opera doveva essere “È ormai sicuro il nostro viaggio a Marrakesh”, che diventerà poi “È ormai sicuro il nostro viaggio a Knossos al labirinto”. Un film che Brocani stesso pensava perduto, ma che è conservato negli archivi della Cineteca di Bologna assieme agli altri film della Corona. Mentre si lega a Schifano di una forte amicizia (“A Mario piacevo perché ero uno dei pochi che aveva il coraggio di criticarlo apertamente”), Brocani seguita a girare documentari-zavorra che nessuno voleva fare.
Contemporaneamente nel 1969 però lo troviamo assistente di Pasolini per l’episodio “La sequenza del fiore di carta” e di Siro Marcellini per il poliziesco girato a Genova “La legge dei gangsters” con Klaus Kinski. Gira il corto più personale “La specchio a forma di gabbia”, tratto da un racconto di Borges. Proprio Mario Schifano, nel 1969 lo omaggerà con un film sulla sua (futura) scomparsa, “Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani”, dove Brocani è sceneggiatore e attore assieme a Viva, Tano Festa, Adriano Aprà, Louis Waldon e lo stesso Schifano, e gli fece fare una sorta di salto di qualità, presentandogli il produttore Gianni Barcelloni per fare il suo primo lungometraggio, “Necropolis”, follia horror-artisticoide che girerà probabilmente nel 1968 e uscirà due anni dopo.
Barcelloni riuscì a rimediare 40 milioni di lire da un amico inglese che si vendette per l’occasione un quadro di Kenneth Noland e mise tutto sul film. Il cast era composto da una serie di attori amici di Mario e legati alla factory di Warhol che stazionavano a Roma. “Necropolis”, sorta di rilettura di Frankenstein, musicato da Gavin Bryars, è interpretato così dalle bellissime e scandalose Tina Aumont, Nicoletta Machiavelli, da Carmelo Bene e Pierre Clementi, Rada Rassimov, Aldo Mondino, Paul Jabara. Vennero pagati tutti un milione a testa. “Tutta gente fuori dalla realtà”, ricordava Brocani “per un uso superassiduo di stupefacenti”.
Subito dopo, siamo nell’estate del 1968, Brocani e Schifano scrivono assieme a Positano “Umano, non umano”, che verrà firmato dal solo Mario. Francamente quasi tutte i dizionari riportano “Umano non umano” precedente a “Necropolis”, che uscì nel 1970, un anno dopo. E lo stesso Barcelloni ricordava di aver conosciuto Schifano mentre stava girando “Trapianto consunzione e morte di Franco Brocani”, e contemporaneamente un quadro ispirato ai Baci Perugina e le opere per la sala da pranzo di Gianni Agnelli, proprio per girare “Umano non umano”.
Quindi prima di “Necropolis”… Ma Brocani, nella biografia dedicata a Schifano da Luca Ronchi, precisa proprio che “Mario non avrebbe mai potuto girare ‘Umano non umano’ se prima non avesse visto il mio Necropolis”. Possibile? E continua, “L’abbiamo scritto in base allo stesso schema, io ho collaborato alla sceneggiatura, adesso è considerato un classico ma nessuno ne conosce davvero la fenomenologia formale e ideale. (..) Erano tanti capitoli visti con un occhio più da pittore che da letterato o da vero cineasta”. Problemi di date a parte, l’estate del 1968 a Positano con Schifano a scrivere un film un po’ senza sceneggiatura, nei ricordi di Brocani, voleva dire anche frequentare le folli feste a casa di William Berger.
O amici come Tina Aumont che si era fatta arrivare dall’Afghanistan dosi incredibili di acido. A Positano arrivano perfino Gli uccelli, il gruppo più scatenato del ’68 romano. Durante la lavorazione del film la situazione non cambia. Anzi. Lo stesso Brocani racconta di Rada Rassimov che, a casa di Schifano, “ha cominciato a fumare cose strane, è andata nel pallone e si è liberata da ogni pudore. Di lei si poteva fare quello che si voleva. A un certo punto arriva il marito, Andermann, e si crea una situazione un po’ voyeuristica…”.
Tra gli altri corti che gira subito dopo “Necropolis” troviamo “La maschera del minotauro”, “Notte, orgogliosa sorella”, “Segnale di un pianeta in via di estinzione”, “Umano, decifrabile perduto”, “Omaggio a William Blake”. Anche se non è facile districarsi in un periodo così ricco di titoli e di partecipazione, sono degli stessi anni, i primi ’70, anche il lungometraggio di finzione tedesco diretto da Volker Koch, “S.P.Q.R.”, dove lo troviamo attore assieme a Pier Pasolini, Ninetto Davoli, Lydia Mancinelli. E già dal 1972 Brocani ha iniziato a collaborare anche come sceneggiatore nel cinema, decisamente meno artistico, di Angelo Pannacciò, un produttore e cineasta umbro che era arrivato nel dopoguerra a Roma pronto a qualsiasi impresa e che probabilmente aveva incontrato all’epoca di Siro Marcellini.
Per Pannacciò scrive, senza firmarlo, l’horror erotico “Il sesso della strega”, e poi il suo secondo horror, “Un urlo dalle tenebre” con Richard Conte e Françoise Prevost. Sono piccole produzioni pagate malissimo, come ricordano attori e collaboratori di Pannacciò. E non si capisce bene perché avesse scritto film di questo tipo. Al tempo stesso, inoltre, seguita a girare i suoi corti, come “L’ippogrifo”, ispirato da Paul Valéry, e non sarà forse un caso che quando Pannacciò passerà all’hard (“Sì… lo voglio”, “Luce rossa”, “Erotico 2000”), che si dice sceneggiati in parte da Brocani, prenderà proprio il nom de plume di “Angel Valéry”.
Nel 1981 Brocani firma il suo secondo lungometraggio, “La via del silenzio”, cosceneggiato da Luigi Bazzoni e interpretato da Sibilla Sedat, Margareth Clementi, Stanko Molnar. Quasi una produzione tradizionale, seguito nel 1982 dal corto “Clodia”, scritto assieme a Riccardo Reim e tratto da un racconto di Marcel Schwob con Olimpia Carlisi, che diventerà la sua musa, e Elide Melli. Lo ritroviamo negli anni ’90 alle prese con altri lungometraggi, “Via i piedi dalla terra” (“La ghirlanda poetica”) con Francesco Carnelutti e Valeria D’Obici e nel 1997 “A ridosso dai ruderi”, sempre con Carnelutti, Angelica Ippolito, Paolo Graziosi, Vladimir Luxuria, Roberto Herlitzka.
Seguita a girare film, che non trovano una vera e proprio distribuzione, anche negli anni 2000. “Medicina, i misteri” con Olimpia Carlisi e Paolo Graziosi del 2002, “Le opere, i giorni” del 2006, che farà da base per un documentario girato da Giacomo Bartocci sul regista, “Franco Brocani – Cuore meccanico in corpo anonimo”. L’ultimo film che riesce a girare è “Schifanosaurus rex”, dedicato all’amico appena scomparso. Da anni viveva e lavorava a Civitella San Paolo, vicino Roma.

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Bruno Di Marino:

È MORTO FRANCO BROCANI (1938-2023)
Il 14 settembre ci ha lasciati Franco Brocani, ma lo abbiamo appreso solo oggi pomeriggio. È stato un grande cineasta, autore di un film “Necropolis” (1970) che resterà nella storia del cinema underground. Ma sono soprattutto i suoi progetti non realizzati, i suoi film visionari solo immaginati (e rimasti sulla carta o nella sua testa) che continueranno ad ossessionarci. Persona di immensa cultura e di gusti piuttosto radicali, Franco avrebbe potuto regalarci molto di più, ma si è sempre scontrato con un sistema, quello cinematografico, che non lo ha compreso e non lo ha agevolato. Franco stavolta esce di scena realmente e non metaforicamente come nel finale del terzo lungometraggio della trilogia di Schifano intitolato, appunto, “Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani” (1970). Come in quell’epilogo, il suo corpo si sarà sicuramente dissolto in una lenta esposizione multipla (o in una infinita dissolvenza incrociata) ricordandoci che per lui cinema e vita sono sempre stati un’unica cosa.

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Bogdan Kara:

“Se Marx avesse capito che la prima fabbrica di sfruttamento era la donna. E avesse messo la donna prima dei sottoproletari, avrebbe fatto la storia della sinistra diversa.”

Scopro che a metà settembre se ne è andato Franco Brocani, uno dei protagonisti del cinema underground e sperimentale italiano. Autore molto vicino a Mario Schifano, col quale si dedicheranno a vicenda due lungometraggi: ‘Pianto, consunzione e morte di Franco Brocani’ e a distanza di anni ‘Schifanosaurus Rex’. Tra fine anni Sessanta e inizio Settanta Franco Brocani girerà una serie di cortometraggi che sono tra le perle del cinema italiano. ‘È ormai sicuro il mio ritorno a Knossos’, ‘Notte, orgogliosa sorella’, ‘La maschera del minotauro’, ‘Umano, decifrabile perduto’, ‘Omaggio a William Blake’, per citarne alcuni, hanno una natura distopica, affondano nella letteratura, ma colgono come pochi le specificità del mezzo cinematografico.

per chi fosse interessato :

un’intervista che è stata realizzata qualche anno fa. Franco Brocani parla non solo del suo lavoro, degli anni sessanta, del rapporto con Schifano, ma offre anche delle considerazioni politiche molto avanti sui tempi. Un uomo di una vasta cultura che riesce a mettere in relazione suggestioni e spunti dai campi più diversi, come non siamo più abituati a pensare.

“Se Marx avesse capito che la prima fabbrica di sfruttamento era la donna. E avesse messo la donna prima dei sottoproletari, avrebbe fatto la storia della sinistra diversa. La donna è la fabbrica dello sfruttamento […] Marx non poteva conoscere Freud e De Sade. La trilogia dell’antipotere è quella lì: Marx, Freud e De Sade.”

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Nicola Roumeliotis:

Addio al regista Franco Brocani (1938-2023), di cui alla Cineteca di Bologna con Marco Beltrame ho ritrovato il film “Sulla poesia”, omaggio ad Amelia Rosselli e Dario Bellezza, le cui immagini sono ora in Bellezza, addio.

“Scompare Franco Brocani (che era stato assistente di Pasolini e Bertolucci). Il suo film più famoso è “Necropolis”, del 1971, che mette in scena i “mostri” della storia, da Elizabeth Barthory a Frankestein fino ad Attila e l’azteco Montezuma, con un cast indovinato da Tina Aumont a Pierre Clementi, i warholiani Viva e Louis Waldon fino al grande Paolo Graziosi e Carmelo Bene. Le scenografie sono di Altan. Ma “Necropolis” dovrebbe essere l’unico suo film che si trova in dvd ma le sue qualità da regista (sperimentale? con tutte le contraddizioni che questa parola può contenere) si notano anche nel “La maschera del Minotauro” e nell’ultima sua fatica “Schifanosaurus rex” del 2009, dedicato all’amico Mario Schifano.
Magari ora, dopo la sua scomparsa, qualcuno deciderà di recuperare i suoi film”.