“Poesia da fare”, n.28

Poesia da fare n. 28: conclusione della Prima Serie (2005-2007).

Dicembre 2007

Indice:

Editoriale (di Biagio Cepollaro)

Testi:

Gabriele Iarusso, da Coito

Biagio Salmeri, da La dea geometria

Immagine:

Fausto Pagliano, 2006 (B.C)

http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/rivista/pf028.pdf

 

Editoriale

 

Con questo numero ventotto si conclude la prima serie della rivista on line Poesia da fare.

La rivista, in pdf, è nata nel maggio del 2005 ( evoluzione del flusso dell’omonimo blog avviato nel 2003) con un Numero Zero che comprendeva testi di Luigi Di Ruscio (da Iscrizioni, inedito che sarebbe poi diventato e-book di Poesia Italiana E-book), dell’esordiente Jacopo Galimberti e del narratore Giorgio Mascitelli. Vi erano anche dei testi critici su Andrea Inglese e Sergio La Chiusa e un’immagine ‘povera’ da me prodotta.

Sicuramente la ‘leggerezza’ è un formato adatto alla rete, invogliando l’accesso e il ‘salvataggio’ su disco fisso: infatti, è stato ed è considerevole il numero degli accessi, potendo ‘sfogliare’ la rivista anche a monitor. Ma questa ‘leggerezza’ era anche un modo per resistere, con scelte qualitative, al flusso inarrestabile e ipertrofico della rete.

La scelta di due autori, un’immagine, un breve scritto come editoriale: brevità del messaggio ma periodicità mensile puntuale, concentrazione su poche cose perché non vi fosse rumore. E si, perché il mezzo interattivo per eccellenza paradossalmente è anche il luogo del solipsismo più sfrenato e disperato. Invece intorno alla rivista Poesia da fare, in questi due anni e mezzo, non solo vi erano altre iniziative convergenti (il blog omonimo, i Quaderni semestrali, le e-dizioni di Poesia Italiana E-book) ma si è andata formando via via una comunità di scrittori: alcuni si sono conosciuti proprio grazie a questi strumenti in rete ed hanno trovato affinità e motivi di vero dialogo. E i nomi sono poi proprio tra quelli che oggi si vanno sempre più consolidando per affidabilità e per risultati di lavoro letterario…

Poesia da fare non ha voluto essere anacronisticamente una rivista di ‘tendenza’ come poteva (e assolutamente doveva in quel contesto novecentesco, negli anni ’90) essere Baldus, né ha voluto sottrarsi all’impegno della scrittura attraverso i tornei vocali, le corride poetiche, le fiere del narcisimo paratelevisivo, né d’altra parte ritrarsi in un silenzio privo di curiosità per il presente e per le sue più diverse manifestazioni di qualità.

Alla fine la rivista ha preso atto del mutamento tecnologico-esperienziale (per dirla con un‘espressione che usavo ai tempi di Baldus,) e ha proposto delle possibilità di poesia, possibilità tutte da realizzare ma intanto concrete, a loro modo, più che possibilità in molti casi: risultati, provvisori, ma attestati…

Dentro la Rete ma con una lunga esperienza maturata prima della Rete, dentro i flussi ipertrofici del web ma senza cedere all’indifferenziato, all’equivalenza dei valori, alla superficialità e caoticità incoraggiati dalla facilità del click. Soprattutto senza compromessi con la sterilità, spesso insopportabile, del narcisismo di tanti operatori in cerca di una residua ‘identità’ sociale, all’apparenza facile da raggiungere, attraverso un’arte per nulla facile come la poesia.

Senza queste concrezioni non avrei potuto fare gli incontri che ho poi raccontato in Incontri con la poesia. Quattro anni di critica on line(2003-2007): più di venti poeti letti con interesse intellettuale e coinvolgimento emotivo…

Più di venti prospettive di configurazione dell’esperienza contemporanea, dove l’unico collante vero mi pare essere, soprattutto extra-letterario: la ‘precarietà’ e la ‘ricerca a tastoni’ nel bel mezzo di quel rumore che la rete non produce ma semplicemente riproduce…

E’ questa precarietà nel disorientamento radicale ad essere, credo, il tratto distintivo, di una poesia non più novecentesca, quella sì sempre e comunque sorretta da conforti teorici, di poetica, se non addirittura ideologici. Anzi, quando oggi deliberatamente si prova a riconnettersi a qualche tradizione novecentesca, l’effetto è quello della forzosa riesumazione di orizzonti tramontati, sia che si tratti di istanze normative, sia che si ripensi ad istanze trasgressive…Anche per questo la centralità dei testi tiene rispetto ad interminabili discussioni che finiscono con l’andare a vuoto, sul vuoto…

Non si può ricominciare che dai testi, insomma, da ciò che concretamente si fa, dalla poesia fatta che apra alla poesia da fare

Poi viene il rispettoso e dialogante accostamento, la lettura che sia una reale esperienza di lettura, viene, insomma, il momento della critica che non è altro che una lettura intensa, adeguata alla relazione, e quindi, difficile… Tutta da reinventare in contesti così mutati e nell’affollarsi di voci significative di cui tener conto: non certo per mappature il cui senso è solo editoriale. Quante antologie appaiono come un vecchio strumento inservibile nell’era in cui l’esaustività è esclusa per principio e i criteri dell’autorevolezza del selezionatore sono tutti in questione, a cominciare dall’incapacità di tenere insieme lo sguardo sull’universo cartaceo e su quello della Rete, senza arrendersi negando l’uno o l’altro! E ciò non è raro che accada…

A conclusione di questa prima serie potrebbe seguire una seconda serie, rinnovata, con un gruppo redazionale…Per ora è solo un’ipotesi da verificare… Intanto devo dire che, a parte la fatica di gestire da solo il numero notevole di testi e di autori per la realizzazione di questi ventinove numeri -col numero zero-, in quest’avventura mi sono, si può dire?, più spesso divertito…

Biagio Cepollaro