martedì, 27 giugno 2006 [link]
Propongo qui (e sottoscrivo in pieno) un commento di Andrea Inglese uscito da poco su NazioneIndiana:
Il precariato non è una necessità di fantomatici processi di mondializzazione, ma una strategia consapevole del fronte aziendale, con appoggio politico e giornalistico, per dividere la forza lavoro dopo lo scontro degli anni sessanta/settanta; questa strategia implica vari aspetti: massimizzare i profitti, privilegiare l’azionariato, far salire in verticale i salari di fascia alta e contenere quelli di fascia media e bassa, introdurre il terrore della crisi capitalistica (mondializzazione), sacrificare le fasce basse della società, smantellare lo stato e creare la fobia dello stato.
A questa storia che lo stato non puo’ più occuparsi di casa, sanità, disoccupati, malati di mente, ecc. ormai ci credono tutti. Anche i più critici e arrabbiati. Ed invece è da li che bisogna ripartire. Le politiche che non si fanno.
domenica, 25 giugno 2006 [link]
Giampiero Marano, da “bina” 62, 16 giugno 2006:
Per la Costituzione. E contro la riforma
Dopo un anno e mezzo di lavori che coinvolsero le principali “anime” della società italiana (liberale, cattolica, socialista), la Costituzione del 1948 fu approvata dal 90% degli oltre cinquecento componenti dell’Assemblea. Con enfasi veniale le cronache relative alla prima seduta dell’Assemblea Costituente parlano di «un’affluenza di pubblico quale si è raramente verificata anche nelle più solenni occasioni» e descrivono un’aula gremita di deputati con pochissimi seggi vuoti.
Il progetto di riforma della Costituzione, già approvato dal Parlamento e ora sottoposto a un referendum popolare confermativo, è nato invece, sia pure al termine di una lunga incubazione bipartisan, dalla full immersion di quattro “saggi”, ritiratisi dal 20 al 23 agosto 2003 in una baita sulle Dolomiti per riscrivere cinquantatre articoli sui complessivi centotrentaquattro attualmente in vigore. Il nuovo testo tende a indebolire le procedure democratiche classiche, fatte di vincoli, equilibri delicati di pesi e contrappesi, regole inevitabilmente complesse, rimpiazzandole con strategie di conduzione aziendale della politica Ne è prova la funzione manageriale assegnata dalla riforma al capo del governo (significativamente chiamato non più “Presidente del Consiglio dei Ministri” ma “Primo ministro”), ciò che secondo alcuni costituzionalisti segnerebbe la transizione dalla repubblica parlamentare a una forma di “premierato assoluto”. Il premier, eletto de facto direttamente dal popolo, non chiederà più la fiducia al Parlamento, potrà nominare e revocare i ministri (mentre la Costituzione del 1948 prevede che essi vengano scelti dal capo dello stato su indicazione del presidente del consiglio), «determinare» (e non più, o non solo, «dirigere») la politica generale del governo, sciogliere in anticipo l’Assemblea (oggi questo potere è esercitato dal presidente della Repubblica). Un’eventuale mozione di sfiducia, che potrà essere avanzata dalla sola Camera dei deputati, obbligherebbe il Primo ministro a dimettersi ma simultaneamente comporterebbe lo scioglimento della Camera stessa o, in alternativa, chiamerebbe la maggioranza a presentare una mozione di “sfiducia costruttiva” nella quale andrà indicato il nuovo premier. Il Parlamento continuerà a comporsi di due Camere: tuttavia, mentre attualmente la funzione legislativa viene esercitata da entrambe (“bicameralismo perfetto”), con la riforma la Camera dei deputati voterà le leggi di competenza esclusiva dello Stato e il “Senato federale della Repubblica” si occuperà di quelle a competenza “concorrente” statale e regionale o soltanto regionale. Verrà ridotto di centosettantasette unità il numero dei parlamentari (da 950 a 773) e si abbasserà l’età minima per essere eletti: da 25 a 21 anni per la Camera, da 40 a 25 per il Senato federale, da 50 a 40 per il presidente della Repubblica. Quest’ultimo non rappresenterà più l’«unità nazionale» ma la «Nazione» e sarà «garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica». La nuova Costituzione mette in discussione non soltanto la composizione ma il ruolo stesso della Corte Costituzionale, organo di garanzia e di controllo che per espletare i suoi compiti deve disporre della totale indipendenza dall’esecutivo. È questa la ragione per la quale, attualmente, soltanto un terzo dei membri della Consulta viene eletto dal Parlamento: la riforma, invece, stabilisce la nomina politica di sette giudici su quindici. Viene poi introdotta la cosiddetta devolution, cioè il conferimento alle singole regioni della competenza legislativa esclusiva, e non più concorrente con lo Stato, in materia di diritti fondamentali come la salute, l’istruzione e la pubblica sicurezza. La devolution comporta infine l’attuazione del “federalismo fiscale”. In caso di vittoria del «Sì», pur essendo prevista l’istituzione di un fondo compensativo a beneficio delle regioni economicamente più deboli, gli enti locali potranno gestire autonomamente entrate, spese e risorse: un rimedio «contro i guasti e gli storici sperperi del centralismo statale», come sostiene qualcuno, o il primo passo verso la disgregazione dell’unità nazionale?
Giampiero Marano
sabato, 24 giugno 2006 [link]
il 25 e 26 giugno è decisamente il caso di ANDARE A VOTARE e dire
NO
a chi pensa di stravolgere impunemente la Costituzione
giovedì, 22 giugno 2006 [link]
Biagio Cepollaro sul suo blog dedica una recensione al recente Superficie della battaglia. Marina Pizzi scrive questa nota (che mi permetto di proporre in pdf, e che si trova anche su ex04 e su brindisi e cipressi). Devo gratitudine a entrambi gli autori, a entrambe le analisi, generose e attentissime.
mercoledì, 21 giugno 2006 [link]
venerdì 23 giugno 2006, ore 21:00
Roma, La Camera Verde
via G.Miani 20, tel 06.657289454
su un io colonna
performance di Chiara Daino su testi di Emily Dickinson
nella traduzione (e con la presenza) di Massimo Sannelli
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[ da Microcritica – disegno di Patrizia Bianchi – www.patriziabianchi.blogspot.com ]
La Camera Verde, via G.Miani 20, tel. 06.657289454
martedì, 20 giugno 2006 [link]
corretto ora il testo in differx