ROSSELLA OR: “Studi per Ofelia” _ dal 16 al 21 a Roma

Immaginiamo che questa famosissima rappresentazione della follia e della fatale attrazione della morte, capace di trascinare al crimine e al
suicidio coloro che furono legati al nodo dell’insanguinata corona di Elsinore – voglio dire il dramma shakespeariano Hamlet – fosse scritto
in un delirio, oggi, da un pazzo: le tracce del dolore in tutti e tre i personaggi che si dividono la scena impregnano la scrittura, che non è
dimentica dell’eleganza del dettato e delle visioni evocate in quelle pagine; solo il poeta contemporaneo si trova sul sentiero di una espressione
che “apprende” dai procedimenti della follia; ma l’intenzione non è parodica: la poesia “impazzita” non riferisce e non rappresenta la follia,
la esprime, la vive. C’è in questo delirio a tre qualche cosa di analogo alle emozioni sacre del rito barocco che il dramma ha nel cuore, con
tutte le domande sul senso del vivere, e sull’incontro di giovinezza e morte, con una evocazione potente dell’inattingibile e con i dubbi che
restano e che governano i comportamenti “impazziti”.