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ogni tanto abbaiano, ma moralmente / differx. 2021

Ogni tanto gli epigoni letterari di pinco o quelli di pallino ci moralizzano. Loro che dieci quindici anni fa avrebbero venduto le trippe proprie e altrui per la gerenza di una colonna settimanale su questo o quell’organo di confindustria o altro=stesso paròn (e chissà che cosa vendono adesso che la colonna ce l’hanno), citano i klassici del liberalismo crudo e cotto per spiegare cos’è la giustizia a chi da quella giustizia è vladtepesianamente impalato 24/7.

Melanconici perché la Gestapo originale sembra chiusa da un po’, incapaci di trovare altro impiego che non sia giornalistico al loro dispenser orale di lucido da stivali, si arrabattano come sgabelli, prefatori a comando, cestini dell’umido, o come spie e delatori ricchi d’inventiva (e invettiva).

A volte fanno i droni e si avventurano in una visione dall’alto su vicende (sempre letterarie, povere lettere) di cui — non avendo competenze né specifiche né generali — mai lessero né capirono mazza alcuna.

Proprio per questo insegnano — via Repubbliche o Fogli o Messaggeri o Corrieri o Soli o Lune o Stelle (clarite et pretiose et belle) — cosa è giusto pensare e cosa no. Spiegano ai punk che il punk è morto; e poi che sono morti, in ordine inverso di scomparsa, il comunismo, i situazionisti, Freud, Marx, le ciambelle col buco e il fuoco. Spiegano a quegli scriteriati dei prosatori contemporanei che dovrebbero piuttosto andare a capo. Eccetera.

Ma soprattutto esercitano l’udito a non sentire le risate. E l’udito ubbidisce, unico dei loro cinque sensi a distinguerli dai cani.

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