Caro Marco,
sono d’accordo con te. Non con una sola parte del tuo discorso ma in tutto. E allora qual è il problema?
È che sul tema della linguisticità, mi sembra, tu sottolinei con più determinazione un aspetto sociologico, io un aspetto estetico, di valore sostanziale della poesia , della singola poesia, di risultato. E con questo non puoi non essere d’accordo: bisogna avere qualcosa da dire se si scrive, proprio realizzando in quella forma ciò che non sarebbe possibile dire in altro modo. Questa è la famosa necessità della poesia, credo. Così detto, alla grossa, tra noi.
Dal punto di vista estetico un lavoro dotato solo di linguisticità risulta riduzionista, accademico, meccanico, cerebrale, manierista. E dire che nella situazione presente è gia segno di non barbarie, mi sembra comprensibile, ma io considero testi pertinenti sul piano estetico e non altri. Il costume ha la sua rilevanza e la sua storia ma in questo momento non lascio che interagisca con quanto qualitativamente da esso esuli.
Il significato dell’arte è antropologicamente molto più impegnativo di così. Ma per comprenderlo occorre uscire dall’ambito strutturalista-linguista entro cui il Novecento ha girato, peraltro con splendidi successi.
Ti ringrazio di ricordarmi ciò che ho lasciato nell’ombra. Necessariamente, d’altra parte, se si mette in luce qualcosa, si lascia in ombra il resto.
Lo stesso discorso vale per l’esperienza. Per me l’esperienza è il difficile, viene alla fine di mille mediazioni, sociologicamente invece è l’immediato. È la chiassosa ingenuità, di cui anche tu parli, che affolla i blog.
Dire l’esperienza è rischiare il divieto cartesiano dell’evidenza, evitare il cerebralismo, senza cadere nell’idealismo e nello spiritualismo romanticheggianti e volgari.
Credo che sia ora di creare inediti campi di discorso, finalmente emancipati dal rimestare continuo nella storia degli ultimi quaranta o cinquanta anni. Credo che ne valga la pena perché i contesti materiali e tecnologici offrono oggi delle nuove e inedite opportunità. Soprattutto sul piano delle relazioni tra gli attori del processo della produzione letteraria.
Le forze ci sono, un diverso modo di rapportarsi c’è, una nuova civiltà ‘letteraria’ attende solo maggiore sicurezza in sé per dire, anche sul piano della rappresentazione e della narrazione teorica, di sé e della propria specificità.
Ti ringrazio infine per tutto ciò che fai ogni giorno, con il tuo impegno, con passione e fatica per la poesia e per i poeti. Credo che ne valga la pena.
Ogni volta che leggo della buona poesia me lo dico.
Con stima grande quanto l’affetto,
Biagio