Mercoledì 17 ottobre alle ore 21:30
presso il Barbarossa, in
Via Leonardo 30, a Seregno
proiezione del video Un pochino di tanta verità
sull’esperienza di Oaxaca.
Nell’estate 2006 un grande movimento sociale scosse il Messico. Senza rinunciare alle loro differenze, maestri, lavoratori, comunità indigene, artisti, studenti, emigrati, collettivi libertari, ONG, militanti di organizzazioni politiche e cani sciolti crearono l’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO).Durante vari mesi, la città visse la singolare esperienza di una gran festa senza governo, senza polizia e senza burocrazia, ma aperta al dialogo e all’innovazione. La saggezza collettiva si impose in modo pacifico sulle carovane della morte, i sequestri e i soprusi del tiranno Ulises Ruiz.Poco a poco la gente comune forgiò un magnifico esempio di organizzazione autonoma senza capi, senza dirigenti e senza caudilli, che si situa in linea di continuità con la Comune di Parigi, le collettività spagnole del 1936-1938 e la ribellione zapatista del 1994.
Un poco di tanta verità è un documentario indipendente realizzato da Corrugated Films, in collaborazione con Mal de Ojo TV, che registra il fenomeno inedito che si è verificato a Oaxaca, quando migliaia di maestri, casalinghe, indigeni, lavoratori del settore sanitario, contadini e studenti hanno occupato e gestito 14 emittenti radiofoniche e un canale di televisione, usandoli per organizzare, mobilitare, controinformare e, soprattutto, difendere la loro lotta per ottenere giustizia sociale, culturale ed economica.
Il movimento popolare che è insorto nel 2006, e che è stato paragonato con la Comune di Parigi e definito come la prima rivoluzione latinoamericana del XXI secolo, si fissa come uno dei suoi obiettivi strategici il possesso, il controllo e l’uso dei mass media come un elemento di carattere organico, essendo questo uso ciò che in realtà ha fatto storia a Oaxaca.
L’inizio
Qualche anno fa, la statunitense Jill Irene Freidberg era già interessata all’educazione pubblica nel suo paese: “Ho amici maestri molto frustrati per la privatizzazione del sistema educativo, ma non c’è molta resistenza”. Ha sentito parlare delle mobilitazioni magisteriali oaxaqueñas. Ha visitato lo stato, conosciuto i professori e deciso di fare un documentario che fosse particolarmente enfocado a far vedere agli insegnanti del suo paese che la loro situazione era molto simile a quella che si viveva a Sud del Río Bravo e perché vedessero come l’affrontavano i loro colleghi messicani: “Fa parte di un processo globale e si può resistere”.
Tra il 2003 e il 2005 ha realizzato il documentario “Granello di sabbia” con la sua compagnia produttrice Corrugated Films. Così, quando è nato il movimento popolare oaxaqueño nel maggio 2006, lei aveva già registrato, senza volere, il suo contesto; molti le domandavano se avrebbe filmato quello che stava accadendo. Allora lei si immaginava che sarebbe stato una cosa simile a un epilogo a quel film.
Ma sono stati gli avvenimenti ciò che hanno dato vita ad un altro documentario. Inoltre, il film ha preso una svolta verso un altro tema che l’ha sempre interessata: quello dei mass media. Freidberg ha lavorato in radio comunitarie e collaborato nella formazione di Indymedia, la rete di media indipendenti nata dalle mobilitazioni contro la OMC in Seattle, nel 1999.
Il documentario non ha praticamente una voce narrante, bensì lascia il ruolo di raccontare la storia ai maestri, locutori di radio, giornalisti ed alcuni dirigenti indigeni, oltre agli abitanti di Oaxaca che non sono stati attori diretti nel movimento, ma che ne hanno ricevuto una certa influenza, come una signora che dice: “Mi rintontivo a guardare telenovelas, adesso a casa mia non vediamo più quel genere di programmi”; li hanno sostituiti con il canale 9, occupato da un gruppo di donne della Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO).
Il canale 9, di carattere statale, ha fatto parte di una rete di mass media creata dalla APPO. Nel suo momento più forte ha tenuto sotto controllo circa 14 emittenti radio commerciali, oltre al canale televisivo.
La paura ufficiale
Curiosamente – racconta la cineasta- non è che le occupazioni siano nate da una profonda analisi della situazione dei mass media, bensì da un bisogno semplice: “Vedi che i mass media ti stanno criminalizzando e dici basta”. La loro occupazione è stata la risposta alla distruzione della radio magisteriale, Radio Plantón. Ed è stato in quel momento quando è stata occupata Radio Università. Successivamente è stato distrutto a colpi da sparo il ripetitore del canale 9 e la risposta è stata occupare una decina di emittenti radio.
Il documentario rivela, inoltre, quanta paura aveva il governo di Ulises Ruiz dei comunicatori: ci sono testimonianze di gente, dopo essere stata arrestata, veniva torturata per estorcerle il nome di coloro che lavoravano nella radio.
“La radio ha permesso al movimento una capacità di risposta e di controllo” che difficilmente avrebbe avuto in altro modo, spiega nel documentario Luis Hernández Navarro.
A Freid interessa anche mettere in risalto come la radio ha funzionato per la maggior parte del tempo come un’assemblea: la gente parlava per dare la sua opinione; se non era d’accordo con una decisione della APPO, parlava per dirlo e molte volte cambiava così il corso delle cose.
Un pochino di tanta verità espone inoltre le deficienze delle radio occupate. Varie persone intervistate coincidono nel dire che sono servite per convocare le diverse azioni, ma che “hanno allimentato poco la coscienza”, ammette un dirigente indigeno. “È mancata un’iniezione di contenuti”. Ma “aveva senso al momento”, ha spiegato Freidberg. Ovviamente, con le celeri per le strade, non ci si mette di certo a fare delle analisi profonde.
La cineasta crede che forse proprio questa mancanza di “informazione profonda” sia la causa di una parte della perdita dell’appoggio popolare della APPO in città.
Il documentario cerca di dare una visione panoramica del movimento, che include lo scontento generalizzato nei confronti di Ulises Ruiz ed anche delle elezioni presidenziali del 2006.
Attualmente, il segnale di Radio Plantón è tappato da un pezzo heavy metal che si ripete all’ossesso; su vari dei suoi membri pendono ancora degli ordini di cattura e recentemente hanno ricevuto diverse chiamate di minaccia alla loro integrità fisica.
Radio Plantón si può sintonizzare in www.radioplanton.net, sito mediante il quale decina di migliaia di persone nel mondo hanno potuto ascoltare l’informazione della APPO.
Il seme è piantato e molte delle persone intervistate nel documentario pensano che gli abitanti di Oaxaca non avranno mai un tale rapporto con i mass media. E senza andare troppo lontano, fuori città è cresciuto enormemente l’interesse per l’installazione di radio comunitarie.
Un pochino di tanta verità tratta anche il tema della Radio Cittadina, che svolgeva un ruolo contrario a quello di Radio Plantón e Radio Università. I suoi messaggi si contraddistinguevano per il carattere classista e reazionario, allertando ad esempio i genitori di non lasciar uscire i figli la sera perché “i vandali della APPO vanno in giro a violentare con l’intenzione di contagiare l’aids alla gente per bene” o dando nomi e indirizzi di presunti militanti del movimento, includendo i giornalisti.
Questa stazione “aveva un ruolo fondamentale nel clima di terrore”, ha affermato la Freidberg, coproduttrice di This is what democracy looks like, sulle mobilitazioni di Seattle, nel 1999.
Oltre al materiale di Corrugated Films (www.corrugate.org) e Mal de Ojo TV (www.maldeojotv.net), il documentario include anche materiali del Canalseisdejulio ed altri media.