nessun ruolo

in occidente il tempo storico è di distruzione senza residui del tempo individuale. ogni giorno si consuma l’incendio integrale delle energie fisiche e così mentali dei lavoratori. chi lavora non può più in nessun modo accedere seriamente e rigorosamente al ruolo di intellettuale. chi ha conosciuto un simile ruolo in periodi più fortunati, retrocede ora metro a metro perdendo margine, pagine, nozioni e alfabeto.

il cosiddetto analfabetismo di ritorno, che allegri sociologi illustrano dai grafici fluorescenti nelle ore brillanti delle tv, riguarda in definitiva tutti i parlanti.

in meno di cento anni si è rovesciato il discorso della Room of one’s own della Woolf.

precisamente a chi lavora sono sottratte indipendenza e libertà, dunque stanza nella scrittura.

è la chiarissima osservazione di Debord nel Panegirico: «ormai la schiavitù vuole realmente essere amata per se stessa» (non in vista di qualcos’altro). la diagnosi situazionista sulla società non registra aggiornamenti degni di nota.

la scrittura o è agìta da altoborghesi provvisti di strepitose ma anche strepitanti garanzie, o costa decisamente sangue/lacrime, o più facilmente non ha luogo affatto. (e: la nozione di “poeta operaio” nemmeno è più etichetta derisoria). fiumi interi, una volta almeno sotterranei, sembrano destinati a meno che polvere. requiescant. nulla di nuovo: è plausibile perfino pensare immorale la permanenza di una ‘intellettualità’ dove un intero pianeta di suicidi tollera e agisce il massacro di massa, il declino dell’ecosistema, la guerra perpetua.

la disgregazione di uno o molti sistemi letterari non è — rispetto ad altro — il male.

questa non è posizione nichilista. sono parole scritte in piedi negli spazi non garantiti del lavoro non letterario. che lo stesso lavoro letterario, ‘intellettuale’, abbia perso garanzie è un’aggiunta poco interessante. dovevamo pensarci prima, adesso non si salva quasi più nessuno. (chi meriterebbe salvezza? per quali azioni?)

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[ breve intervento già comparso in “Atelier”, a. XI, n. 42, giugno 2006, p. 45 ]

[ non necessariamente condivido ancora il mio tono apocalittico: l’impegno nonostante lo stato di cose descritto ricomincia ogni giorno; così è ]