Càpito in una libreria qui a Roma, diciamo in centro, un tardo pomeriggio. La sala principale di esposizione è occupata da un concerto di un pianista che strimpella jingle bells e altre cose natalizie. Nella seconda sala di esposizione tutto il tavolo centrale è occupato da un rinfresco. Alle pareti ci sono per due terzi libri di cucina e per l’infanzia (alcuni molto belli; alcuni no) e per un terzo “grande editoria”: Bompiani, Adelphi, Mondadori, Rizzoli.
Pienone. Gente ovunque che mangia e ascolta, o mangia soltanto. Un commesso isolato a tenere a bada il marasma. Nelle altre sale, solo cibo e niente libri. All’entrata: nessuno. Potrei infilare indisturbato l’uscita senza pagare i tre testi che ho preso. Aspetto pazientemente di pagare. Non un’anima all’orizzonte.
Il pianista ha finito. Una cinquantina di “persone-dopo-l’applauso” si versano sui tavoli delle cibarie. L’entrata è sempre vuota. Sposto lo sguardo su un tavolo alla mia sinistra. Vedo una biografia di un cantautore impresentabile e un ennesimo tomo di versi (*) di un ancor meno presentabile ministro di questo governo. Mollo lì i libri, meglio prendere aria.
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(*) èdito da una casa che ho con ciò ovviamente rimosso dagli ‘amici’ in FaceBook. (È il minimo).