la poltrona di barb

lei lo imitò goffamente, arricciando il naso, non piaceva in coda, sistemò dei fiori di spazio, in un vaso, da un lato c’erano file di clienti senza fretta, era un regalo, lo aspettava, era come il visconte in camera da letto, lo prese e si voltò strizzando tutti e due gli occhi, non lasciava spazio alla scelta, lo costrinse a sottomettersi al suo sogno di un incontro, per un attimo anche la città parve fermarsi, allargò lo spazio tra le palpebre, lo prese per i piedi e lo tirò fino al portoncino, lei ancora molto timida era sempre incerta, per me non la perdona, pensava di lasciare che il cuore si trasformasse in granito, come fosse un modo per sancire da che parte sto, come l’udito, l’olfatto, la vista, e una ciotola capiente da sopra il tavolo ed un pennello leggermente teso, lo seguiva in silenzio e anche lui non parlava, tanto era assorto in quello che cercava, spazio e tempo.