untitled
installance n. : # 0017
type : red plastic petal with asemic sibyl on it (signed “M”)
size : unknown (too little)
record : lowres shot
additional notes : abandoned
date : Dec. 29th, 2010
time : 1:25pm
place : National Library (Rome)
“lettere grosse” cerca testi brevi. secondo caratteristiche qui elencate e a tutti note. voi inviate, spedite. noi leggiamo.
arrivano sempre materiali, talvolta interessanti, talvolta no. per il “talvolta no”, si scusano congiuntamente i vari comitati di redazione e altri collaboratori sparsi nelle mille stanze del palazzo della rivista: purtroppo l’indefessa attività non ci permette di rispondere a messaggi, o inoltrare dinieghi.
inviare lettere di elogio quando un testo ci piace, invece, è cosa che amiamo fare. solo, bisogna che prima di spedire alcunché a “lettere grosse” gli autori osservino daccapo le caratteristiche qui elencate e a tutti note, e magari leggano anche uno o due o perfino tutti e tre i fascicoli finora usciti.
questo eviterà sonori equivoci e silenti (appunto) dinieghi.
IMPORTANTE: http://letteregrosse.blogspot.com/p/submit.html
in situazione e fuori di situazione
Appunti per un dialogo
Naufragio con spettatore, in ricordo di Hans Blumenberg e della mostra a Parma di Claudio Parmiggiani, dove si può vedere una barca arenata sui libri.
1. Me lo ricordo bene, come fosse ieri, Valentino Bompiani a Milano (che anno era, millenovecentottantatre?) che ci spiega il motto aldino festina lente e ci racconta i significati del marchio: il flessuoso delfino della mobilità avvolto attorno all’ancora della fermezza.
2. Ci vorrebbe un segno chiaro e forte a indicare un nuovo percorso, come quello che nel 1499 Aldo Manuzio a Venezia ha consegnato ai posteri editando l’Hypnerotomachia Poliphili.
[http://mitpress.mit.edu/e-books/HP/hyp000.htm]
3. Come trovare una via oltre la trovata (trouvaille) di “un’editoria senza editori” di André Schiffrin? Come avviare senza ipocrisie una volontà imprenditoriale sostenuta da una competenza culturale? In Italia, dici? Impossibile.
4. Roberto Calasso sul “Corriere della Sera” il 20 giugno 2009 scrive: “L’unica pubblicazione periodica che abbia oggi una autorevolezza e un’influenza indubitabile è la “New York Review of Books” che si presenta come una rivista di recensioni, perciò non corrispondente a quella forma che forse raggiunge il picco della perfezione intorno al 1930 con i ventinove numeri di “Commerce”, sotto le ali invisibili e protettive di Marguerite Caetani. Se ci si chiede che cosa tenesse insieme così fortemente quei piccoli gruppi di amici agli inizi del Novecento, la risposta non è data tanto da ciò che volevano (spesso piuttosto confuso e indeterminato), ma da ciò che respingevano. Ed era una forma del gusto nel senso che Nietzsche dava alla parola, quindi un “istinto di autodifesa” (“non vedere, non sentire tante cose, non farsene avvicinare – prima accortezza, prima prova che non siamo un caso, ma una necessità”). Doveva trattarsi di una misura davvero accorta, se ha dato prova di essere tanto efficace. Oggi, a distanza di cento anni e di due generazioni dal fondatore, Gallimard è la prima casa editrice di Francia e si distingue tuttora per un certo gusto Gallimard, che permette di percepire con buona approssimazione se un libro può o non può essere Gallimard.”
Spero sia chiaro, una volta per tutte, che il lavoro dell’editore non consiste tanto nel pubblicare, ma nell’impedire che venga pubblicato.
5. Una volta parlavo al telefono con uno che poi si è affrettato a “scrivere e descrivere” quanto gli raccontavo, naturalmente senza citare la fonte, gli dicevo: in fondo tutto il nostro lavoro di persone vuote di sé, piuttosto che piene di sé, è proprio attraversare quel percorso che ci porta dalla competenza alla sparizione, a favore di coloro che senza competenza sono addestrati alla competizione. Senza masochismo, a sfavore di sé. Bisogna capirlo, è una palestra per l’esercizio, il perfezionamento.
5 bis. L’uomo il più dotto, erudito, letterato, del gusto e giudizio il più fino, dell’ingegno il più fecondo ec. ec. ma poco avvezzo a trattare, saprà egregiamente e fecondissimamente scrivere, e non saprà parlare neppur di cose appartenenti a’ suoi studi. E ciò non già per sola soggezione, ma effettivamente gli mancheranno le parole e i concetti. Tutto è esercizio nell’uomo. Ed è ordinario il veder uomini studiosi non saper parlare, appunto perchè avvezzi allo studio, non sono abituati a parlare ma a tacere; oltre ch’essi contraggono sovente e per questa e per altre ragioni un carattere di taciturnità, parimente acquisito. Del resto s’ingannano assai coloro che dal vedere che il tale non sa parlare, concludono ch’egli non sa pensare, non è coltivato ec. Si può parlare come uno scimunito, con freddezza e frivolezza estrema ec. ed essere il primo scienziato, pensatore, scrittore del mondo. (Leopardi, Zib. 1610)
6. Voglio Continua a leggere