gran gran (conclusioni, non necessariamente su pasolini) / differx. 2013

In foto: chele di granchio panate in numero di tre

in un epocale convegno molto partecipato cinque poeti si interrogano in pubblico sulla tragica fine di pasolini. il convegno essendo epocale è prodigiosamente affollato in pubblico si interrogano per arriveranno ad alcune

conclusioni definitive sulla cosa, a uno dei misteri italiani a sarà finalmente chiarito.

hanno deciso di farcela da soli coi mezzi della poesia senza polizia magistrati medici indagini.

la inizialmente rarefatta si poi con il seguire invece.

riuniscono richiamano gente, che funzioni da assai, e che sia il loro. con la partecipazione di molte persone si uniscono si raccolgono assieme belle energie e le cose possono essere speditamente risolte dimorando nella verità. la sala è dimorano affollata da generosi da

incuriosite e accaldate, e dal loro desiderio di fare da soli senza così fanno.

i cinque poeti che risolveranno pasolini sono sul palco, palco in grezzo legname, rilevato mezzo metro rispetto a e vi è un percettibile [qualsiasi parola]. i loro metodi sono acuti, per esempio estraendo da involucri di plastica delle crocchette panate di polpa di granchio.

questo è uno. mentre li ascolto, dalla platea, seduto in terra, perché non c’è più posto, mastico un’ala di pollo. il pollo è infatti un animale alato.

ascolto in questo momento le conclusioni autocritiche che sta tirando un giovane poeta che in verità è il presidente giovanni gronchi, travestito da presidente antonio segni. si toglie la prima maschera dicendo di aver fondato ormai da tempo immemorabile la rivista letteraria “l’altro e l’altro dall’altro”, che detiene il desiderio di confronto ma anche di raffronto. vi è un vivo fremere nella platea. e vi è un corale annuire.

un secondo autore conclusivo prende il microfono afferma di essere in particolare molto affine con la parola di paul celan che dice la congiunzione “per”. ripete assai spesso “per”. numerosi annuiscono nella popolosa sala, con vivaci commenti. alcuni poeti tra i cinque, diciamo due, rinunciano alla loro sedia e si siedono come gli indiani per terra, ciò ci fa sentire. purtroppo si rompe il microfono e non si sente un pezzo di discorso del giovane poeta che citava celan, ma subito arriva un altro microfono. vi è un alternarsi. lui ripete la frase, da ciò si capisce che in realtà non citava celan ma un memorabile aforisma di giuseppe saragat, casualmente presente in sala nonostante tutto.

è incredibile cosa riesce a fare la poesia dal bar alla sala vi è un viavai di gente che ascolta molto interessata tutti i vivaci interventi guardando fissamente verso il palco. vi è anche un brusio ma solo di bicchieri e non di voci. il terzo poeta si commuove, non riesce a parlare. il quarto poeta lo abbraccia col microfono, dicendogli le sue lacrime sono la cosa più vera sono veritative concludono la conclusione più onesta cui si potesse

il quinto poeta concorderebbe ma è rimasto amaramente strozzato dalla polpa giace morente in terra, usciva un po’ dal quadro del discorso e lì per lì non si notava che si divincolava sull’assito stringendosi le mani intorno alla gola battendo amaramente i talloni. alcuni sostengono si sia autosoffocato. è così o no? il pubblico si divide.vivaci applausi conclusione si danno appuntamento a un ulteriore convegno leggermente meno epocale che però cercherà di stabilire coi soli mezzi della poesia le cause dell’agonia e della probabile morte (sembra ancora vivo) di costui. non ne ricordano il nome con assoluta esattezza così hanno deciso di chiamarlo, come i greci col dio ignoto, “il poeta senza nome”.

la riunione è sciolta, nel dispetto del folto pubblico che non è riuscito a intervenire, e si assiepa attorno.

sul palco cadono fasci casuali di sceneggiature proemi che il folto numero di si ritrovava in borsa le disponibili maestranze devono chiudere la sala è tardi, i dialoghi proseguono in strada poi in parte nella rosticceria sotto il poster.