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LE OPERE RIMARRANNO ESPOSTE FINO ALLA METÀ DI FEBBRAIO 2023.
*senza inaugurazione VISITE SOLO SU APPUNTAMENTO scrivendo a depositosolventi@gmail.com oppure a info@pasqualepolidori.net
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Fra il 1971 e il 1973, Ferruccio De Filippi realizza una serie di opere che hanno in comune l’inclusione di uno o più libri fra i materiali adoperati.
Il primo di questi lavori fu concepito in occasione della mostra personale alla galleria Diagramma a Milano, nel marzo 1971. Ispirandosi al «Méphistophélès et l’androgyne» di Mircea Eliade, l’artista posa per cinque fotografie scattate da Mariella Bolzoni, in una delle non rare performance e azioni private attraverso le quali si muove la ricerca di De Filippi in quel periodo.
L’anno seguente, in risposta allo stimolo offerto da Mario Diacono a un gruppo di artisti chiamati a ragionare sulla «nascita della fine del libro come arca santa della parola irrilevante» (Diacono in «e/o», 1972) De Filippi presenta «Cultura prima e seconda», un’azione che coinvolge una copia di «L’archeologia del sapere» di Michel Foucault (Rizzoli, 1971), che l’artista tiene legata dietro la nuca mentre passeggia nel suo studio innaffiando una pianta di geranio.
La sostituzione dell’atto di leggere con l’atto di stare-presso-un-libro o di fare-qualcosa-con-un-libro è rafforzata in un’opera del 1973 esposta alla galleria La Salita, e il cui carattere enigmatico si annunciava fin nel titolo: «Cosa significa il responso dell’oracolo?» — domanda che troviamo stampata su di una cartolina che l’artista inviava a un numero ristretto di corrispondenti e sulla quale compariva l’immagine del Tesoro degli Ateniesi nel santuario di Delfi, elemento che insiste sul carattere archeologico dell’atto artistico.
L’opera è una complessa installazione che comprende anche elementi di carattere spiccatamente simbolico: tele di lino alle pareti con su applicate delle fotografie che ritraggono individualmente l’artista, la sorella e il cognato; quaderni e libri coperti con lastre di vetro e di rame; la copia di una testa di terracotta sumera; una sedia su cui siede l’artista in persona, con i piedi nudi ricoperti da forcine per capelli, sugli occhi due placche di rame e sulle ginocchia un libro aperto. Di nuovo, la lettura è assorbita nella negazione del vedere e nella posizione del corpo, che qui è immobile e concentrato. Però contemporaneamente il senso di quella concentrazione — paradossale poiché priva di effetto — si trova traslato nella presenza statica e inesplicata degli oggetti, fra cui i libri, intorno al corpo di chi (non) legge. In questo caso, i libri erano: «La ricerca antropologica» di Joseph B. Casagrande, Einaudi 1966; e tre libri di Claude Lévi-Strauss: «Dal miele alle ceneri», Il Saggiatore 1970; «Razza e storia e altri studi di antropologia», Einaudi 1967; «Antropologia strutturale», Il Saggiatore 1967.
Nello spazio di DEPOSITO SOLVENTI sono allestite le fotografie e una scelta di elementi materiali che riassumono il senso di questi tre lavori, oltre all’opera «Ermafrodito», stampa fotografica su carta con intervento a penna e matita finora inedita.
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L’esposizione delle opere di Ferruccio De Filippi è un contributo a Specific Reading Conditions, il percorso operativo elaborato da Michele Zaffarano, Luciano Neri e Pasquale Polidori con l’intento di esplorare i significati, i modi e le possibilità effettive della lettura d’autore (il reading letterario) oggi.
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DEPOSITO SOLVENTI è una specie di archivio dedicato alle interferenze tra arte visiva, scrittura, voce ed esperienze traduttive. Vive di debiti, conversazioni e contributi operativi di varia materia.
Nasce come luogo fisico del progetto SOLVENTI, una serie di pubblicazioni curata da Pasquale Polidori in collaborazione con l’editrice Cambiaunavirgola, Roma.
DEPOSITO SOLVENTI si trova a Roma in via Flaminia 58 e collabora con l’associazione culturale AOCF58.
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LE OPERE RIMARRANNO ESPOSTE FINO ALLA METÀ DI FEBBRAIO.
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