Spesso si dice o sento dire (ovviamente “nel guscio chiuso-costante delle allucinazioni autoindotte” di cui soffro, sibilerebbero gli antifan della scrittura di ricerca) che la scrittura di ricerca (appunto) è
principalmente vòlta a un’attenzione al linguaggio
Ebbè. Alzo un cartello: “Qui si basisce”.
Già. Perché, con subitanea chute di tutto il possibile, a tanto squillo araldico sonato da voci critiche anche solide o solidificàntisi, sorge dubium tosto:
se uno che parla
ossia usa la lingua per parlare
non ha attenzione al linguaggio
a che cosa ha attenzione?
[varianti varie: dovrebbe avere, avrebbe, avrà]
E, in subordine:
Cosa mai diamine ha a che fare una scrittura come quella asemantica di Accame o come quella iperlimpida di Tarkos o di Börjel o di Frisch o di Isgrò o di Haack o di Kunz o di Tao Lin con quella sorta di compulsiossessione “per il linguaggio” [complicaaato, sì; e: bruuutto, sì] che a detta dei deTTrattori convulsiverebbe le giornate e le cortecce dei redattori di gammm.it ? (gammm slinkato qui: ché se ne ha abbastanza! su i forconi! basta coi gammmi! vogliono il linguaggio! [vox populi] basta col linguaggio! e via gesticolare)
MAH … [resto col dubium]
Dovendo fuggire le torce vicinàntisi, chiudo qui il post, stoppo, scappo.