La moneta fasulla coniata citando a vanvera, fa splendidamente tuttavia luce su sé (sulla propria sostanza) (che è appunto dell’ordine della falsificazione). In una pagina in rete a cui non si può che augurare lunga permanenza in server e backup (come memoria storica dell’ordine appena detto, e dei suoi attori e cogestori), accade questo:
una persona cita, di un testo che è parte di un mio libro fatto di circa 4100 caratteri (spazi inclusi), una frase di 21 caratteri (spazi inclusi) e ne deduce contorte panzane da me mai dette né pensate. (Fa dunque ciò lavorando su una percentuale dello 0,046 % del libro: praticamente un devoto degli ologrammi).
Non posso essere più preciso, perché non vorrei mai che costui sapesse che cosa esattamente ha detto: è importante lasciare cose come questa nella loro assoluta perfezione. Proprio sperando che abbiano lunghissima permanenza in rete, e che tutti possano leggerle.
La crescita verticale del numero di occorrenze del kitsch e del falso evidente (opaco solo ai falsificatori) potrebbe perfino essere materia di coscienza. Anche se, concedo, meno per gli storici che per (alcuni) artisti.