Ancora sull’alfabeto

sbirciando qua e là in rete talvolta direi perfettamente confermato — anche al livello dei “mediamente alfabetizzati” — quel che scrive De Mauro.

autori con due o tre libri alle spalle, interventi in riviste, solide curatele e incarichi redazionali anche prestigiosi, hanno problemi di ortografia e sintassi, di organizzazione del pensiero.

parlo di severe difficoltà nell’affrontare anche elementari strategie d’uso della lingua italiana. difficoltà che si superano in linea di massima verso la fine delle scuole inferiori.

tuttavia la preoccupazione di De Mauro non riguarda precisamente (mi sembra di intuire) i sedicenti letterati. il problema è dell’intera società italiana.

cito solo l’incipit dell’articolo: “Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona incomprensibile”.

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competenze linguistiche di base o avanzate, e corretta (o non troppo scorretta) organizzazione del pensiero in segni trasmissibili, sono poi intrecciate ad altri processi mentali, legati ovviamente a questioni e decisioni di tipo politico, etico, e più ampiamente “comportamentale”, sociale.

una società dove la comunicazione è fortemente in crisi (per rumore e sovraesposizione al rumore sì, ma soprattutto per sovraesposizione a quella folle banalizzazione necessaria ai semianalfabeti per condividere senso) è una società francamente nei guai.

(non cito la stranota battuta di Nanni Moretti).

che poi anche i letterati o alcuni o molti o perfino moltissimi tra questi si rivelino preda di un tot di (non riconosciuto, non intenzionale) caos, di una qualche pericolosa caduta di competenze linguistiche, è meno grave ma altrettanto impensierisce.

e può spingere a sospettare che in un contesto dove i livelli di alfabetizzazione e di percezione e uso delle complessità della lingua sono medio-bassi o in caduta libera, il problema della poesia (di molti che la scrivono e di quei drappelli di eroi che la leggono) possa dirsi — senza grande esagerazione -– legato a filo doppio a quello di una intera società.