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di villa in villa / raffaella terribile. 2017

Di Villa in Villa

(Una poesia “scanasciuta” e ciottoli arcani)

di Raffaella Terribile
(già in “STEVE”, n. 50, 2017, pp. 46-9)

L’incontro con una poesia bellissima e ignorata di Emilio Villa avviene nel corso del consueto appuntamento che il Laboratorio di Modena regala ai suoi affezionati amici, in occasione della presentazione del numero 49 di Steve, con un contributo critico su Emilio Villa. Si tratta di “Omaggio ai sassi di Tot”, scritta nel 1949 e circolata pochissimo, oggi quasi dimenticata. Il “padrone di casa”, Carlo Alberto Sitta, la presenta ricordando come fu Adriano Spatola ad avvicinar-glisi un giorno, con fare da complottista, per passargli questo testo, scritto molti anni prima, ignoto quasi a tutti e ripreso, nel 1962, su “Bab ilu”.

Un testo che sconcerta e sorprende perché oggi, a distanza di quasi settant’anni, non ha ancora perso lo smalto della giovinezza, lo sberleffo dell’anarchia, il gusto della verbigerazione selvaggia, dell’accumulo descrittivo lussureggiante e barocco, propri dell’Emilio Villa in stato di grazia. Carlo Alberto Sitta legge e interpreta in maniera attoriale le immagini torrenziali che si accavallano l’una sull’altra, davanti a un pubblico attento ed emozionato, rapito dai salti di registro, dalle continue invenzioni linguistiche. Villa passa dai latinismi biblici ai preziosismi arcaici dell’italiano letterario, dai falsi francesismi al lessico dialettale lombardo. Dal basso al sublime, ogni registro linguistico è contemplato e compreso in un gioco funambolico che stordisce e diverte.

Il titolo appare misterioso, ma così non doveva essere per i primi lettori. Che cosa sono i sassi di Tot? Chi è Tot? Una divinità dell’antico Egitto? Un gioco di parole per indicare il Tutto indifferenziato? E i sassi sono forse sacri betili orientali? Niente di tutto questo. Per una volta Emilio Villa ha dato un titolo normale a quello che era un vero e proprio omaggio. Partiamo da Tot. Il nome di Amerigo Tot non dirà niente ai più, ma nel 1949 era un artista “sulla breccia”: magiaro, classe 1909, diploma a Budapest alla Scuola Superiore di Arti Applicate, specializzazione in Grafica, poi studi al Bauhaus a Dessau, con maestri come Klee, Kandinskij e Moholy-Nagy, e quindi alla scuola di Otto Dix a Dresda. Continua a leggere