Il miele è un certo comportamento del mondo nei riguardi del mio corpo e di me stesso. Da qui deriva che le sue differenti qualità non sono semplicemente giustapposte in esso, ma sono persino identiche, in quanto manifestano tutte la medesima maniera d’essere o di comportarsi nel miele. L’unità della cosa non è dietro a ciascuna delle sue qualità: è riaffermata da ciascuna di esse, ciascuna di esse è la cosa tutta intera. Cézanne diceva che si deve poter dipingere l’odore degli alberi. Nello stesso senso, Sartre scrive, ne L’Essere e il Nulla, che ogni qualità è «rivelatrice dell’essere» dell’oggetto. «Il limone si svolge per intero attraverso ciascuna delle sue qualità, e ciascuna delle sue qualità si dilata tutta attraverso ciascuna delle altre. È l’acidità del limone che è gialla, è il giallo del limone che è acido; si mangia il colore di un dolce, e il suo sapore è lo strumento che ne svela la forma e il colore a ciò che possiamo chiamare l’intuizione alimentare […]. La fluidità, il tepore, il colore bluastro, la mobilità ondeggiante dell’acqua di una piscina mi danno insieme le une attraverso le altre […]».
Le cose non sono dunque davanti a noi come semplici oggetti neutri da contemplare; ogni cosa simbolizza per noi un determinato comportamento, ce lo ricorda, suscita in noi reazioni favorevoli o sfavorevoli, ed è per questo che i gusti di un uomo, il suo carattere, l’attitudine che ha assunto nei confronti del mondo e dell’essere esterno si leggono negli oggetti di cui si circonda, nei colori che preferisce, nei luoghi in cui sceglie di passeggiare.
Maurice Merleau-Ponty, Causeries, tr. it. Conversazioni, SE, Milano 2002, pp. 35-36
Non diversamente, il testo (anche non) dopo il paradigma non può essere incontrato – tantomeno “trovato” – attraverso un’analisi o scansione dei suoi presunti elementi, o per via di frazionamenti successivi, ma AMBIENTANDOSI al suo interno. Percorrendolo. Dunque percorrendone anche le fratture, ma come coestese al clima complessivo che quel testo induce e costruisce, dissemina.