1. uno dei problemi o forse solo luoghi della scrittura, nello spazio di sovrapposizione degli insiemi cartaceo e digitale, è quello della trascrizione.
2. un autore con formazione nata in contesto gutenberghiano può realizzare testi in primis in formato cartaceo, come inventati e scritti a mano, o – indifferentemente o meno – come appunti tratti da fonti diverse e semplicemente presi da queste. in entrambi i modi, sia che si tratti di rilavorarli perché solo a penna, o di rielaborarli perché ‘rough’, deve spostarli da un contesto grafico a un altro, da un sistema di segni idiomatici e strettamente legati all’identità, a un contesto astratto e comunque riconfigurante, come è quello della pagina elettronica. senza questo spostamento è quasi impossibile pubblicare (se non nella forma della pagina manoscritta fotografata) il testo.
3. la trascrizione è una traduzione. (come tradurre è in assoluto trascrivere assai male). (tanto male da cadere in un’altra lingua, … infine in qualche modo contortamente pertinente).
4. nella traduzione, come nella trascrizione/edizione e rielaborazione di un testo ‘handwritten’, possono intervenire errori, deviazioni, anche tradimenti coscienti, e riscritture. manipolazioni – volontarie o meno – di segni che diventano altro da una pura traslazione linguistica A–>B.
5. traduciamo continuamente, e continuamente spostiamo di campo e di luogo tracce, segni. quella che può saltuariamente ‘mancare’ all’essere è la trascrizione in senso classico. prendere cioè un testo manoscritto, nostro, e digitarlo al pc. ma perché questa dovrebbe essere “la trascrizione in senso classico”? forse perché, come detto sopra, è la via privilegiata (o che consideriamo tale) per ogni pubblicazione, sia essa tipografica o in rete? come mai allora non ci accontentiamo di una fotografia del manoscritto, se sufficientemente chiaro, e non pubblichiamo direttamente quella?
6. forse perché riteniamo indispensabile precisamente la trascrizione nella forma della traduzione, rielaborazione, dislocazione del testo. un testo non è veramente se stesso (o lo è solo nella sua forma di fissazione primaria, anale, narcissica, di prodotto immediato, oggetto invariato invariabile) quando è nel suo primo stato. alla nascita, non è un testo, ancora.
7. il disturbo, la disfunzione, la dislocazione, il rumore, al posto della corretta trascrizione e della corretta traduzione, possono essere l’infinito spettro dei suoni che una aurea regola dell’armonia ha invece fin qui tenuto fuori dal contesto del lavoro – appunto – di traduzione.
8. il glitch può avere e ha senso dunque dove può (non programmaticamente né nella forma della ‘regola’, in nessun modo) (ma: può, in ogni caso) intervenire non solo nella trascrizione da manoscritto a dattiloscritto, e nella traduzione, ma in tutte le fasi del più generale trasporto dei segni da un luogo organizzato o disorganizzato iniziale a un provvisorio o perfino definitivo altro luogo (organizzato o disorganizzato) finale.
9. può anche non intervenire. può non esserci glitch, disturbo. al suo posto, o prima ancora, o corradicalmente rispetto al testo nella lingua madre, possono verificarsi inserzioni o intere faglie e strutture e pagine in lingue altre.
10. se l’intero spettro dei suoni e delle distorsioni possibili sta come il colossale territorio di spostamento a circondare l’areola di partenza del testo, per trasformarlo nell’area di arrivo, niente toglie che l’intero spettro di quelle ulteriori differenze e alterità che sono i regionalismi, le altre lingue, i dialetti, i segni grafici, le specchiature, le immagini, possa attendere non in agguato per aggredire questa diligenza che da A va a B, ma esserne addirittura la fondazione. (e: fonazione babelica potenziale?).
11. cose che possono accadere. senza numero. un testo può direttamente nascere in altra lingua, parzialmente, e attendere una traduzione, o non attenderla, non volerla. volere e ottenere semmai pagine di grafica, di foto, embedding di suoni, alterazioni visive. invasioni del contesto plastico (fisico) che circonda il suo supporto materiale. (cose che succedono. queste e altre).
12. il glitch grafico e/o sonoro può essere l’occorrenza puntuale di un inverosimilmente ampio continente e oceano di lingue che preme al vetro sottile della pagina, comunque e costantemente. e che filtra dentro o si allaccia ai racemi già in origine divergenti del testo per dimostrarsene cointeressenza non occasionale, anzi base e gioco-fonte.
13. in queste condizioni, anche una pagina di scrittura asemantica, che lentamente si fa riga leggibile, e poi si retrovolge in opacità, o sovrapposizioni, accoglie cluster grafici, si fa strappare e riscrivere da altri frammenti, e dunque viene fotografata ed esposta sicut est, si dimostra ancora aperta a trascrizione e traduzione, e tuttavia non necessariamente segno di narcisismo, anzi già testo, testo successivo, traslato, trasposto (se ancora non trascritto, precisamente). perfino finale.
14. il glitch non è l’occorrenza dell’errore, o non necessariamente. è il punto di visibilità (dato per distorsione di un ordine che tutta la visione e i codici chiamano normale da millenni) dello spettro ampio, o oceano, di cui sopra. è il punto di affioramento della possibilità vasta della trascrizione e traduzione e alterità (differenza linguistica di base, natale) che già stava nella mano prima che iniziasse a scrivere.
15. il segno, prima ancora di depositarsi nello spazio che lo accoglie (quale che sia), porta intera la fragilità che pure lo vorrà necessario. ma: se è fragile, come può essere inteso e voluto addirittura come necessario? accade – appunto – per il peso e lo schiacciamento dato da tutto ciò che non è lui: l’intero spettro del variare, l’intera gamma delle possibilità, riduce lo spessore del segno segnabile al filo unico del segno segnato.
16. questa riduzione non si opera tuttavia a meno di sentire costante la pressione dello spettro, del continente-oceano, e percepirla come aprente. le scritture nuove sono dunque minacciate, spaccate su un lato, e da quel lato vanno verso il differire continuo che già prima le generava.
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[già in Punto critico, 28 feb. 2013: http://puntocritico.eu/?p=5089]
immagine:
MG, installance 0058, untitled (from asemic to what?), in
http://installance.blogspot.it/2013/02/i0058-untitled-from-asemic-to-what.html
a cui aggiungere:
Riccardo Cavallo, asemic+text+image-allegoria della scrittura, in
http: // weeimage.blogspot.it/2013/02/asemictextimage-allegoria-della.html
[link sostituito poi da http://wee-image.blogspot.com/2013/02/asemictextimage-allegoria-della.html]