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La collana ChapBook dell’editore milanese Arcipelago, a cura di Michele Zaffarano e Gherardo Bortolotti, nata circa quattro anni fa, ha al suo attivo già undici uscite. Tra gli autori spiccano alcuni dei nomi più interessanti della scrittura di ricerca contemporanea in lingua inglese e francese, secondo direttrici che possono essere – genericamente – inquadrate per l’area inglese nell’eredità o versante della Language poetry, e per l’area francese nel vasto spazio di scritture che hanno fatto séguito alle esperienze successive (a volte distanti da) “Tel Quel”. La collana ha uno spazio per italiani che lavorano in non diverse direzioni. Si parla di nuovo cut-up, googlism.
Fra questi autori, tre sono usciti recentemente con testi fra loro assai diversi ma indubbiamente vicini e si direbbe affini per ‘trattamento freddo’, antiretorico (anche contro ogni nuova retorica iperformalista) dei materiali scelti e assemblati.
Si tratta di Alessandro Broggi, con Nuovo paesaggio italiano, Riccardo Cavallera, con SLM, e Adriano Padua, con Alfabeto provvisorio delle cose.
Del chapbook di Broggi ha scritto una puntualissima analisi e recensione Cecilia Bello Minciacchi, nel numero 26 di Alias, parlando del lavoro dell’autore lombardo come di “una scrittura sfrondata da ogni lusinga, esatta e inesorabile”, aggiungendo che “anche quando le sue geometrie compositive paione esitare nel poème en prose Broggi non cede a tentazioni seduttive”.
Roberto Cavallera, tramite una prosa non lineare, non stagliata/squadrata, anzi volentieri deviata, deviante, ma non per questo barocca, opera invece con e attraverso strutture spezzate e scalene che si riframmentano in tabulazioni e versi (apparenti), ripercorrendo e rilanciando l’adesione di una sregolata o follemente regolata sintassi al personaggio mitico-storico di Salomè (qui devocalizzata dunque forse denudata in “slm”) – prassi che è stata una delle principali nella storia della ricerca italiana migliore: impossibile non pensare a Carmelo Bene.
Padua incolonna gli spezzoni di un romanzo di cui tace, e ne sminuzza parti in righe idolenti-indisponibili a farsi ingabbiare nell’enclosure che chiamiamo verso. Se di poesie, di versi, si tratta (e lo sono), intendono darsi come tali precisamente operando sul negativo del concetto di verso. Scantonando dai marcatori del poetico già in forza del cut-up che genera e (ri)forma la pagina franta, le spezzature.
Importante ricordare che la collana di cui parliamo ospita tra le sue plaquettes (all’incirca questa è la traduzione dell’inglese “chapbook”) uno dei o forse “il” maggiore dei rappresentanti di quella che negli USA è la controversa e folle e accattivante-necessaria linea nota come “flarf poetry”: Kasey Silem Mohammad. Con Marte ha bisogno di terroristi (sezione del suo goloso e più ampio libro Deer Head Nation) Gherardo Bortolotti traduce così in Italia uno dei primissimi esempi di “googlism”: modalità di scrittura in gran parte già spiegata dal proprio nome, e su cui Mohammad stesso ha scritto alcune pagine critiche definitorie se non definitive, rintracciabili e scaricabili liberamente dal sito www.gammm.org. Pagine che parlano non più di poesia trovata, come oggetto trovato, readymade, bensì di “sought poetry”, poesia “cercata”, attivamente e quasi provocatoriamente perversamente cacciata, inseguita sulla scacchiera virtuale del mondo codificato e tradotto-tràdito-tradìto in bytes.
Sovradeterminare i contenuti incongrui e invadenti della rete, allora, è una differente nuova via della scrittura di ricerca. E un ulteriore tassello di quelle “letterature procedurali” (concettualismo, cut-up, testi elencativi) a cui è impermeabile e sordo il mercato, e ostile l’editoria. Per fortuna non tutta l’editoria, come si vede.
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Alessandro Broggi, Nuovo paesaggio italiano, Arcipelago, 2009, pp. 36, euro 3
Roberto Cavallera, slm, Arcipelago, 2009, pp. 28, euro 3
Adriano Padua, Alfabeto provvisorio delle cose, Arcipelago, 2009, pp. 32, euro 3
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Una versione più breve dell’articolo è apparsa sul «manifesto» del 5.02.2010.