Una comunità sognata, un nuovo ordine e una grande purificazione e un avvicinamento — senza pensare alle complicazioni, che sono così spregevoli e la cui fonte è l’assenza di distanza.
(Unica Zürn, Appunti di un’anemica, in Due diari, tr. it. di Eva-Maria Tüne, L’Obliquo, Brescia 2008, p. 36)
Nel senso e perfino anche nel nome di questa comunità si parla, quando si parla di iniziative estranee all’attuale mondo dei letterati.
Con rispetto per la distanza a cui la Zürn accenna, come fonte di riflessione, testo. Rispetto per il lavoro del tempo, per il lavoro e lo stile (lavoro che è lo stile). Per la malattia, per la scrittura della e nella malattia, per il peso della realtà diffratta scomposta in pagina. Dunque per tutto quello che la comunità dei chierici o meglio dei chierichetti non conosce, e anzi esalta per ‘normalizzare’, fraintendere, sminuzzare giù al pubblico di piccioni. (Beccate, beccate, fa bene, ingrassa: ionizzate il vostro sterco, caricatelo, “comprate” Artaud e Celan, cittadini, citateli, citateci, comprateci).
Mentre il male, lo spessore delle cose, il senso che da queste viene, i testi, e poi l’identità chiusa, circoscritta, e il suicidio: non si comprano e non si trasmettono. Non si conoscono. Vanno rispettati. I sei piani della Zürn il 19 ottobre del 1970, la Senna di Celan, il 19 aprile dello stesso anno.