Archivi categoria: Resistenza

La poesia manifesta: all’Aquila, il 21 marzo

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Associazione culturale
“Itinerari Armonici”

“La poesia manifesta”
Giornata mondiale della poesia
21 marzo 2012

Luogo: ovunque a L’Aquila!

La situazione culturale e sociale della città
L’Aquila, città monumentale col suo ingente patrimonio artistico e culturale, è stata completamente devastata dal tremendo terremoto del 6 aprile 2009. Ora è una città in silenzio, che aspetta la sua ricostruzione. I luoghi della cultura sono puntellati e ingabbiati nel suo ampio centro storico, divenuto un non luogo, un buco nero che incute rispetto e suscita nei suoi abitanti dolore e rabbia. Le attività culturali, soprattutto quelle musicali e teatrali, però, da tempo sono state riorganizzate in anonimi siti periferici.
Nell’assenza di bellezza a cui la popolazione era abituata emerge il desiderio di ritrovare la propria identità frantumata e messa a dura prova anche dalle vicende oscure del continuo rinvio della ricostruzione materiale.

L’idea
Tutto ruota, nel territorio, intorno alla dicotomia “presenza-assenza”.
Proprio questa antitesi, perciò, vuole diventare il filo conduttore della manifestazione da realizzare in occasione della Giornata mondiale della poesia, che cade il 21 marzo 2012.
Molto è stato fatto negli anni sul versante della poesia, che in città è stata sempre presente ai massimi livelli. In virtù di questa sensibilità delle cittadine e dei cittadini aquilani ci sembra opportuno che, tramite la “presenza” nostra e dei versi, si possa sopperire alle tante mancanze, alle tante “assenze”, affettive, fisiche, morali e propriamente culturali. La poesia è primariamente voce; e crediamo che riappropriarsi di questa voce, al di là di tutto, dia senso al nostro agire quotidiano stravolto.

L’iniziativa
Abbiamo riflettuto e dibattuto molto sulla mancanza degli spazi, sulla difficoltà di reperire finanziamenti, sulla impossibilità di comunicare con un pubblico ora disperso nei “progetti C.A.S.E.”, negli alberghi e nei paesi limitrofi; in una parola, sulle troppe “assenze”, ma con la determinazione, comunque, di mettere in luce la città attraverso la poesia…

Olivier Favier, “La Somalia non esiste più: intervista con Matteo Guglielmo”

Olivier Favier 

 

Creato nel 2005 dal centro studi americano Fund for Peace, il Failed States Index – indice degli stati falliti – classifica dal 2008 la Somalia come il paese più disastrato del mondo, più dell’Afghanistan e dell’Iraq, solo per citarne alcuni. Anche i suoi vicini, che la carestia del 2011 ha reso fragili, presentano tutti una situazione a rischio. Oltre alla Somalia, anche l’Etiopia e l’Eritrea, le altre due ex-colonie italiane del Corno d’Africa, versano in una condizione di preoccupante povertà. Nonostante la tutt’altro che invidiabile situazione dello Yemen, circa 20mila persone – per lo più somali ed etiopi – raggiungono ogni anno le sue coste a bordo di piccole imbarcazioni clandestine, e si stima che una persona su dieci muoia durante la traversata. In un paese dove l’ONU è tornato solo nel gennaio 2012, dopo più di 17 anni di assenza, l’approssimazione è diventata la regola. Secondo le stime delle agenzie di aiuto internazionale, la popolazione somala conterebbe appena 10milioni di abitanti, di cui quasi la metà sarebbe stata minacciata dalla crisi alimentare prodotta dall’ultima carestia. Per la stampa occidentale l’interesse per la Somalia si ferma tuttavia a tre argomenti: la pirateria nel Golfo di Aden, una minaccia agli approvvigionamenti petroliferi e al commercio dei paesi occidentali che ha portato al dispiegamento di un’ingente flotta di navi da guerra; l’immigrazione clandestina, ampiamente documentata a causa della morte di miglia di migranti nel Mediterraneo; e infine la “minaccia” del terrorismo internazionale, legata alle milizie islamiche di Al-Shabaab, il cui potere sembra ormai sotto attacco.

Matteo Guglielmo è un giovane dottore di ricerca dell’Università di Napoli «L’Orientale», uno dei più antichi istituti di studi orientali d’Europa. Ha dedicato nel 2008 un libro alle “ragioni storiche del conflitto” in Somalia, e prepara un secondo libro sulla geopolitica del Corno d’Africa. È inoltre l’animatore del sito insidehoa http://www.insidehoa.it/, interamente dedicato alle vicende politiche di questa regione. È tra i più eminenti rappresentanti della nuova generazione che riattiva in Italia il campo degli studi contemporanei sul Corno d’Africa, sulle scie dell’ammirato pioniere Angelo del Boca.

 

Olivier Favier: Durante il medioevo e l’età moderna, Mogadiscio è stata una città arabizzata, un importante punto di scambio tra Occidente e Oriente. I primi europei ad approdare sulle sue coste furono i portoghesi, anche se solo negli anni ’80 dell’ottocento, la Somalia diventa, dopo l’Eritrea, il secondo territorio che l’Italia, ultima delle potenze coloniali europee, desidera acquisire in Africa. La Somalia è sotto protettorato dal 1889, e diventerà una colonia nel 1905, prima di essere integrata nell’Africa Orientale Italiana dal 1936 al 1941. Quali cambiamenti appaiono nel paese durante l’età coloniale?

Matteo Guglielmo: La presenza italiana in Somalia si può misurare in due modi, da un punto di vista fisico (infrastrutture, comunità italiana presente nel paese, ecc), e da quello socio-culturale. In entrambi gli ambiti, l’impatto italiano fu piuttosto limitato, anche se le conseguenze della colonizzazione furono tante e gravi. Essendo un rapporto tra colonizzatori e colonizzati, e dunque tra dominanti e dominati, le relazioni tra gli italiani e i somali furono sempre limitate allo “stretto necessario”, e gli autoctoni non ricoprirono mai dei ruoli di responsabilità nell’amministrazione coloniale. Basti pensare che ai somali non era permesso proseguire gli studi dopo la terza elementare, segno di una precisa volontà italiana a voler mantenere la popolazione in uno stato di assoggettamento totale. La presenza italiana si differenziava molto tra centro e periferia. Ad esempio a Mogadiscio e nelle maggiori cittadine del centro-sud, la comunità di italiani era più presente, e l’amministrazione coloniale gestiva direttamente il territorio. Cosa diversa nell’entroterra e nelle regioni più periferiche, dove il controllo del territorio era scarso o “mediato” da capi locali che agivano come intermediari tra gli autoctoni e l’amministrazione. La Somalia fu la più povera delle colonie italiane, anche perché eccezion fatta per le regioni tra i fiumi Giuba e Shabelle, dove fu introdotta una qualche forma di sfruttamento agricolo, ben poco si fece per organizzare dei veri e propri apparati produttivi. La Somalia servì agli italiani per lo più come apripista per la conquista dell’Etiopia del 1936, e fu dunque un territorio realmente strategico solo da un punto di vista geopolitico. L’introduzione delle leggi razziali nel 1939 sancì anche nelle colonie un regime di apartheid, che era comunque presente in via per lo più informale ben prima della loro approvazione ufficiale. In Italia ben pochi erano a conoscenza di ciò che accadeva in colonia, anche per la totale assenza di programmi o borse di studio elargite dal governo italiano a favore di somali, etiopi ed eritrei. L’assenza di comunità somale presenti in Italia è come se avesse nascosto l’esistenza stessa delle colonie all’opinione pubblica italiana. Ed è per questo che, una volta terminata l’esperienza coloniale nel 1941, non fu particolarmente difficile per la politica italiana omettere e nascondere lo scomodo passato coloniale. Il recupero della memoria coloniale è la prima sfida che deve affrontare l’Italia di oggi, per cominciare a dibattere realmente sul suo passato, ma anche per affrontare le sfide del suo futuro.

O.F. Di nuovo sotto controllo italiano attraverso un mandato delle Nazioni Unite, la Somalia Continua a leggere

Intervista a Matteo Guglielmo sulla Somalia

da Olivier Favier:

Sul “manifesto” è uscita una versione ridotta dell’intervista a Matteo Guglielmo. Quelli che la vogliono leggere in francese la possono trovare su Rue 89 in versione ridotta, in versione integrale su Dormira jamais.

Di nuovo una carestia è annunciata nel Sahel per la primavera, e per adesso nessun giornale importante, almeno in Francia, ha dedicato un articolo al problema.

Réfutation de tous les jugements, tant élogieux qu’hostiles, qui ont été jusqu’ici portés sur le film “La société du spectacle” / Guy Debord. 1975

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=XTsv_lzkxDw&w=520&h=385]


[youtube http://www.youtube.com/watch?v=JSnugAWh0so&w=520&h=385]


[youtube http://www.youtube.com/watch?v=n3WSLlDk1j0&w=520&h=385]


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