Archivi tag: Corrado Costa

per costa

da http://puntocritico.eu/?p=4341

Si può forse dire [attenuando: è mia cautelosa opinione sia non implausibile suggerire] che un po’ ovunque, verso la metà degli anni Sessanta, è successo qualcosa nel(la percezione del) linguaggio comune, quotidiano, che ha aperto un fronte pressoché nuovo nella poesia e nella prosa – e non solo nella scrittura di ricerca.

La parcellizzazione e le dissipazioni della (percezione della) solidità del soggetto, che ne facevano qualcosa di problematico o perfino insostenibile per gli autori della prima metà del Novecento, diventano il terreno ‘naturale’ dell’immaginazione nella seconda metà del secolo. (Quella di Chandos è così aria respirata poi da chiunque: letterato o meno).

Proprio mentre – nel secondo dopoguerra – alcuni decenni politicamente accesissimi declinano troppe certezze in termini di potere e sua distribuzione, tanta parte della poesia italiana (o per via di complessità o per via di linearità) mostra di prendere le distanze da ogni atteggiamento didascalico, parenetico. Dismette abiti egoticamente ‘crepuscolari’ ma sa tenere per fermo un “principio di esitazione” (Zublena) che non concede né al quotidiano né all’eccezionale di fissarsi in figura stagliata, e dunque “poetata”, cioè provvista di garanzie già codificate e statiche nella sensibilità ed esperienza di chi legge.

Gli autori – alcuni autori – congegnano e inventano materiali ricchissimi (e forme inedite, svincolate da molti schemi) senza pre-obbligare il lettore a identificarsi col loro sguardo, tantomeno col loro ‘ruolo’. E si rifiutano di proiettare sulla distanza che li separa dal lettore stesso l’ombra di una coesione che sanno (per tutti) inesistente. Se il corpo è un corpo-in-frammenti, l’incertezza dell’ombra è una grafia da reimparare a ogni pagina.

In questo, Corrado Costa ha rappresentato probabilmente una voce anzi la voce più divertita e affilata e persuasiva, nella scrittura italiana di quegli anni. (E dei nostri).

MG

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Riambientarsi ma anche difendersi


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[nb: al momento non è possibile scaricare il pdf di questo documento: ne è prevista la sola lettura in rete]

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i link in scribd sembrano non funzionare. li ripropongo qui di séguito:

[replay] _ corrado costa @ logosfere

Zonahttp://www.editricezona.it/thecompletefilms.htm

scheda pdfhttp://www.editricezona.it/pdf%20per%20la%20rete/LOGOSFERE.pdf

QuintaDiCopertinahttp://www.quintadicopertina.com/index.php?keyword=complete+films&Search=Cerca&Itemid=1&option=com_virtuemart&page=shop.browse&vmcchk=1&Itemid=56

cfr. anche: http://www.fattitaliani.it/index.php?mact=News%2Ccntnt01%2Cdetail%2C0&cntnt01articleid=7303&cntnt01returnid=102

da non dimenticare: CORRADO COSTA alla Biblioteca Panizzi:

http://slowforward.wordpress.com/2012/07/07/promemoria-il-titolo-lo-mettiamo-dopo-_-i-libri-dartista-di-corrado-costa-_-dal-7-luglio-a-reggio-emilia/

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[ … e su gammm: Vita di Lenin ]

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[replay] _ un’annotazione su corrado costa

da Punto critico (21 lug. 2012):

Si può forse dire [attenuando: è mia cautelosa opinione sia non implausibile suggerire] che un po’ ovunque, verso la metà degli anni Sessanta, è successo qualcosa nel(la percezione del) linguaggio comune, quotidiano, che ha aperto un fronte pressoché nuovo nella poesia e nella prosa – e non solo nella scrittura di ricerca.

La parcellizzazione e le dissipazioni della (percezione della) solidità del soggetto, che ne facevano qualcosa di problematico o perfino insostenibile per gli autori della prima metà del Novecento, diventano il terreno ‘naturale’ dell’immaginazione nella seconda metà del secolo. (Quella di Chandos è così aria respirata poi da chiunque: letterato o meno).

Proprio mentre – nel secondo dopoguerra – alcuni decenni politicamente accesissimi declinano troppe certezze in termini di potere e sua distribuzione, tanta parte della poesia italiana (o per via di complessità o per via di linearità) mostra di prendere le distanze da ogni atteggiamento didascalico, parenetico. Dismette abiti egoticamente ‘crepuscolari’ ma sa tenere per fermo un “principio di esitazione” (Zublena) che non concede né al quotidiano né all’eccezionale di fissarsi in figura stagliata, e dunque “poetata”, cioè provvista di garanzie già codificate e statiche nella sensibilità ed esperienza di chi legge.

Gli autori – alcuni autori – congegnano e inventano materiali ricchissimi (e forme inedite, svincolate da molti schemi) senza pre-obbligare il lettore a identificarsi col loro sguardo, tantomeno col loro ‘ruolo’. E si rifiutano di proiettare sulla distanza che li separa dal lettore stesso l’ombra di una coesione che sanno (per tutti) inesistente. Se il corpo è un corpo-in-frammenti, l’incertezza dell’ombra è una grafia da reimparare a ogni pagina.

In questo, Corrado Costa ha rappresentato probabilmente una voce anzi la voce più divertita e affilata e persuasiva, nella scrittura italiana di quegli anni. E dei nostri.

mg

 

scritture di ricerca: dopo il paradigma

Marco Giovenale

[…]

I. Per datare i cambiamenti: alcuni indizi

da una mail del 17 aprile 2012
a Jennifer Scappettone
[…]
I.0.
In questi giorni sto rileggendo Lacan, soprattutto Dei Nomi-del-Padre, e vado smontando e ricombinando (tenendo presente Rosselli) varie teorie o letture critiche, sulla base dei testi. Già quasi in incipit (p. 15 dell’edizione italiana a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi 2006): «Vediamo […] che cosa succede quando un nevrotico giunge all’esperienza analitica. Comincia anche lui a dire delle cose. […] In un primo momento crede di dover fare lui stesso il medico e di dover informare l’analista. Va da sé che nella vostra esperienza quotidiana lo riporterete al suo piano, dicendogli che non si tratta di questo, ma di parlare, e preferibilmente senza cercare di mettere un ordine, di dare un’organizzazione, vale a dire senza cercare di mettersi, secondo un ben noto narcisismo, al posto dell’interlocutore».
È proprio quanto fa, secondo un ben noto narcisismo, lo scrittore che non intende ragioni e vuol stare con entrambi i piedi al di qua del cambio di paradigma. E vuole (sadicamente: impone di) essere seguito dal lettore sul proprio terreno di regole e gioco. Incede nella propria retorica e chiede a gran voce il patto di reciproca illusione tra autore e lettore. Come se tutto fosse fisso, come se Lord Chandos fosse seppellito per sempre, e tutto si desse chiaro, stabilito: identità dei parlanti, di chi ascolta, del mondo nominato, variabili e costanti della comunicazione, linguaggio, metri e stili, accordi pregressi di codici, tutto coeso, tutto senza domanda. Al limite, questo narciso non ha bisogno di interlocutori, d’altro canto il “pubblico della poesia” è fatto (quasi tutto) di narcisi come lui.  (Anch’essi auctores, non a caso).

I.1.

L’impressione è che da circa mezzo secolo noi tutti siamo fuori da un “paradigma”. In occidente, almeno. (Paradigma è vocabolo sentito alternativamente o troppo invadente o troppo poco inclusivo, eccessivamente blando; dunque lo si assumerà come signum arbitrario da variare; al momento lo uso come puro termine convenzionale, e provvisorio).

Se un cambio di paradigma c’è stato (perfino in Italia), di fatto ci troviamo adesso in un altro/differente (o entro una serie di altri), che invece appunto ci include e determina. Siamo (nati) in un diverso paradigma che include/informa percezioni reazioni relazioni nel contesto o panorama occidentale, e nei testi che vi si producono. Tutto o moltissimo è cambiato intorno a noi e in noi anche per via di quel che è stato scritto e sentito e percepito e fatto e detto dall’inizio degli anni Sessanta. A me sembra che si sia pienamente (e contortamente) dentro un mutamento, o mutazione avvenuta e ancora in atto: ci siamo letteralmente nati, è stato la nostra placenta.

Eviterei di parlare di Modernismo come di Postmoderno. Anche se parlare, invece, di paradigmi è quanto meno fumoso. Ma qui non scrivo un “saggio”; qui semmai si dà per avviata (con puntini di sospensione all’inizio e alla fine) una sequenza di ipotesi e domande, più che risposte; si ragiona operando su un terreno che il ragionamento stesso tenta di preparare a un viaggio verso definizioni in larga parte da elaborare.

I.2.

Il cambio di paradigma sembra essere iniziato al principio degli anni Sessanta. Rosselli scrive Spazi metrici nel 1962, Antonio Porta Aprire nel 1960-61, Corrado Costa le prime poesie sul «verri» in quegli stessi anni. (Ma gli esempi sarebbero dozzine). Esce nel giugno 1962 Opera aperta, di Eco.

Rosselli chiude e castra razionalmente/musicalmente il metro italiano forzandolo in SPAZI metrici, Antonio Porta raffigura sì un delitto (dalle annotazioni ad Aprire, testo che conclude I Novissimi), la cui vittima è una donna (che è immaginabile lui tema); ma, pur facendo così, smembra l’io proprio, parlante: è totalmente preso dal disintegrare e disinnescare sia il racconto sia l’io che narra la storia. Corrado Costa è già al dopo, è collocabile in una diversa percezione, una diversa modulazione di testualità. Questo in verità sarà evidente soprattutto al principio degli anni Settanta, con Le nostre posizioni (1972). Costa a me sembra la figura centrale di una specie di consolidamento di posizioni poetiche, insieme a Spatola e a tutta l’area di scritture (non necessariamente rapite dalla sirena metatestuale) che formavano la costellazione sfrangiata delle neoavanguardie e delle tante linee di ricerca in quegli anni (spesso riunite in riviste effimere, contraddittorie: tutte però significative di una situazione).

Quelli di Rosselli e Porta sono testi ben diversi da quelli che poteva scrivere Sanguineti tra 1951 e ’61. Molto lontani. Continua a leggere

“il titolo lo mettiamo dopo”: i libri d’artista di corrado costa a reggio emilia

http://slowforward.wordpress.com/2012/07/17/i-libri-dartista-di-corrado-costa-_-alla-biblioteca-panizzi-di-reggio-emilia/

http://slowforward.wordpress.com/2012/07/04/il-titolo-lo-mettiamo-dopo/

un’annotazione su corrado costa

da Punto critico (21 lug. 2012):

Si può forse dire [attenuando: è mia cautelosa opinione sia non implausibile suggerire] che un po’ ovunque, verso la metà degli anni Sessanta, è successo qualcosa nel(la percezione del) linguaggio comune, quotidiano, che ha aperto un fronte pressoché nuovo nella poesia e nella prosa – e non solo nella scrittura di ricerca.

La parcellizzazione e le dissipazioni della (percezione della) solidità del soggetto, che ne facevano qualcosa di problematico o perfino insostenibile per gli autori della prima metà del Novecento, diventano il terreno ‘naturale’ dell’immaginazione nella seconda metà del secolo. (Quella di Chandos è così aria respirata poi da chiunque: letterato o meno).

Proprio mentre – nel secondo dopoguerra – alcuni decenni politicamente accesissimi declinano troppe certezze in termini di potere e sua distribuzione, tanta parte della poesia italiana (o per via di complessità o per via di linearità) mostra di prendere le distanze da ogni atteggiamento didascalico, parenetico. Dismette abiti egoticamente ‘crepuscolari’ ma sa tenere per fermo un “principio di esitazione” (Zublena) che non concede né al quotidiano né all’eccezionale di fissarsi in figura stagliata, e dunque “poetata”, cioè provvista di garanzie già codificate e statiche nella sensibilità ed esperienza di chi legge.

Gli autori – alcuni autori – congegnano e inventano materiali ricchissimi (e forme inedite, svincolate da molti schemi) senza pre-obbligare il lettore a identificarsi col loro sguardo, tantomeno col loro ‘ruolo’. E si rifiutano di proiettare sulla distanza che li separa dal lettore stesso l’ombra di una coesione che sanno (per tutti) inesistente. Se il corpo è un corpo-in-frammenti, l’incertezza dell’ombra è una grafia da reimparare a ogni pagina.

In questo, Corrado Costa ha rappresentato probabilmente una voce anzi la voce più divertita e affilata e persuasiva, nella scrittura italiana di quegli anni. E dei nostri.

mg

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corrado costa @ logosfere

Zonahttp://www.editricezona.it/thecompletefilms.htm

scheda pdfhttp://www.editricezona.it/pdf%20per%20la%20rete/LOGOSFERE.pdf

QuintaDiCopertinahttp://www.quintadicopertina.com/index.php?keyword=complete+films&Search=Cerca&Itemid=1&option=com_virtuemart&page=shop.browse&vmcchk=1&Itemid=56

cfr. anche: http://www.fattitaliani.it/index.php?mact=News%2Ccntnt01%2Cdetail%2C0&cntnt01articleid=7303&cntnt01returnid=102

da non dimenticare: CORRADO COSTA alla Biblioteca Panizzi:

http://slowforward.wordpress.com/2012/07/07/promemoria-il-titolo-lo-mettiamo-dopo-_-i-libri-dartista-di-corrado-costa-_-dal-7-luglio-a-reggio-emilia/

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[ … e su gammm: Vita di Lenin ]

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