Si sa benissimo che, in tema di Neoavaguardia, molti obnubilatori di professione o dilettanti (facendo uso di luoghi comunissimi e fraintendimenti che ormai hanno una fitta bibliografia cartacea e in rete) partono per blaterare delle scritture di ricerca recenti, soprattutto condannando in Balestrini e sodali una presunta “oscurità” e fissazione linguistica.
Mentre, altrettanto, si sa che sempre ci furono linee o proprio giacimenti di leggibilità e comprensibilità cristalline. Contro l’ossessione di legare in un unico sinolo adamantino l’etichetta “linguaggio” e l’aggettivo “oscuro”, e dunque ritenere tout court “linguaggio” addirittura sinonimo di “oscurità”, mi sono divertito a scrivere questa interminabile lamentazione-burla. (Che contiene manciate di prelievi dai testi dei Novissimi: prelievi oggettuali, non “puro linguaggio”, non “oscurità”, anzi materiali concreti, a dimostrazione che precisamente in loro, in tutti loro, accusati di oscurità, erano invece spesso evidenti numerosissimi luoghi espliciti, storie, vicende, eventi, cose decifrabilissime, insomma “oggetti fotografabili”, come dicevo anni fa).