Francis Ponge:
Nioque de l’avant-printemps, ovvero Cognizione del periodo che annuncia la primavera
Traduzione: Michele Zaffarano.
Introduzione di Jean-Marie Gleize
Colorno : Tielleci, 2013. – 128 p. : ill. ; 19,5 cm.
(Benway Series ; 4).
978-88-98222-07-0 : 13€
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[Al lettore:]
NIOQUE è scrittura fonetica (come se scrivessimo «iniorante») per gnoque, parola che ho forgiato partendo dalla radice greca di «conoscenza» per evitare di riprendere la gnossienne di Satie o la connaissance (de l’Est) di Claudel.
La prima pubblicazione di questo testo, peraltro già composto da parecchi anni, ha curiosamente preceduto di pochissimo gli «eventi» del 1967 e del 1968 a Berkeley, Berlino e Parigi, eventi che alcuni considerano come primavere, a imitazione di esempi contemporanei sul genere della «primavera di Praga».
F. P.
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[Nota critica]
Come intendere la “lezione” di Francis Ponge? In effetti, è evidente che la sua opera non rappresenta una semplice proposta poetica ma anche, simultaneamente, un intervento decisivo nel campo della scrittura, della teoria delle pratiche di scrittura, una presa di posizione strategica, in rapporto alla quale non è ormai più possibile evitare di indicare una propria collocazione. È in questo senso che si può parlare di “lezione”. Visto che di Partito preso delle cose si tratta (è il titolo dell’opera che lo farà conoscere nel 1942), questa “lezione” la si può, per esempio, intendere come una delle possibili risposte all’aspirazione di Rimbaud verso una «poesia oggettiva».
[…]
In una parola, questo libro e questa categoria di «nioque» costituiscono una specie di programma aperto per quanti si pongono il compito di “uscire” in maniera permanente e di esplorare un dopo-la-poesia che utilizzi tutti i mezzi della “prosa in prosa (in prose)”, oltre ogni pretesa estetica e puntando al contrario ad alcuni effetti di conoscenza del mondo, del «mistero ambiente», come diceva Ponge, o più immediatamente alcuni contesti “schermali” (pochissimo misteriosi ma molto asfissianti) che costituiscono una parte della nostra attuale “realtà”.
Dall’Introduzione: Per una poesia critica, di Jean-Marie Gleize