Archivio mensile:Agosto 2013

un seminario sulla prosa breve (che non c’è stato)

Lo scorso anno si sarebbero dovuti tenere in una casa privata dei seminari (di “lettere grosse“) sulla “prose très prose“, sulla prosa breve, sulla scrittura di ricerca. Qui a Roma. Una serie di imprevisti ha dirottato e poi reso irrealizzabile il progetto, ma lo schema di massima di quel che si sarebbe andati a fare e dire era grosso modo questo:

#1 cambio di paradigma
Fénéon non è Fargue. Ponge non è Michaux. Beckett non è Char. Tarkos non è Bonnefoy. Tutti leggiamo con passione Fargue, Michaux, Char, Bonnefoy. Ciò non toglie che in alcune scritture si sia verificato – o sia non illogicamente ravvisabile – un cambio di paradigma.

#2 googlism non è googling
Come funziona un sought text.

#3 alcuni luoghi comuni sfatati
Sfatiamo l’idea che l’asserzione sia il male. Che i testi freddi siano tutti “dopo il paradigma”. Che i testi freddi siano “anaffettivi” (o stupiderie simili). Che funzionino sempre. Che Costa scriva le stesse cose di Spatola. Che Costa scriva le stesse cose scritte da tutti gli autori di Tam Tam. Che la scrittura di ricerca sia tutta cut-up. Che cut-up e googlism siano sinonimi. Che cut-up, googlism e poche altre tecniche siano solo “tecniche”, e che rappresentino l’intero della scrittura di ricerca. Che il non detto, l’ombra e l’allegoria non possano essere “dopo il paradigma”. Che Corrado Costa sia giocoso (Costa è tragico, dunque è anche giocoso). Che l’opera di Giuliano Mesa sia risolvibile interamente entro i parametri del Modernismo. Che ci sia una qualche necessaria contraddizione fra tragedia e scritti “dopo il paradigma”. Che post-paradigma e postmoderno siano sinonimi. Che tutte le basi della scrittura “dopo il paradigma” siano state gettate dalle avanguardie vecchie e nuove. Che tra Gruppo 63 / Tel Quel e scritture nuove ci sia filiazione diretta e pacifica. Che la scrittura di ricerca sia “focused on language”. Che le scritture nuove siano sempre o spesso metatestuali.

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“la coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up”

da http://gammm.org/index.php/2012/12/20/vuol-dire-quello-che-vedete-effettivamente-william-burroughs/

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Ora il montaggio è davvero molto più vicino ai fatti della percezione, della percezione urbana almeno, che non la pittura figurativa. Fate una passeggiata per una strada di città e mettete già, su una tela, quello che avete appena visto. Avete visto mezza persona tagliata in due da una macchina, pezzi e bocconi di cartelli stradali e pubblicità, riflessi da vetrine — un monteggio di frammenti. E la stessa cosa accade con le parole. Ricordate che la parola scritta è un’immagine. Il metodo del cut-up di Brion Gysin consiste nel tagliare a pezzi pagine di un testo per rimetterli insieme in combinazioni a montaggio. La pittura figurativa è morta, a meno che forse il nuovo fotorealismo si affermi. Nessuno più dipinge mucche nell’erba. Il montaggio è un vecchio trucco in pittura. Ma se applicate il metodo del montaggio alla scrittura, siete accusati dai critici di promulgare un culto di ininitelligibilità. La scrittura è ancora confinata nella camicia di forza sequenziale e figurativa del romanzo, una forma altrettanto arbitraria che il sonetto e altrettanto remota dai fatti reali della percezione e della coscienza umana quanto quella forma poetica del quindicesimo secolo. La coscienza è un cut-up; la vita è un cut-up. Ogni volta che andate giù per la strada o guardate fuori dalla finestra, il fluire della vostra coscienza è tagliato da fattori a casaccio.

[William Burroughs, The Last Potlatch, tr. it. di G.Saponaro, in
Id., La scrittura creativa, Sugarco, Varese 1981, 1994: pp. 32-33]

Brion Gysin ha parlato molto della relazione tra scrittura e pittura. Spiega come la pittura renda perfettamente esplicito un certo numero di caratteristiche della percezione umana. In breve, mostra alla gente qualcosa che conosce ma non sa di conoscere. Quando Cézanne ha esposto le sue prime tele per la prima volta, nessuno ha saputo vedere che erano semplicemente una mela, un’arancia o un pesce visti sotto un certo angolo. Io ho una tela di Brion Gysin su cui si possono vedere dei veicoli disposti su strati diversi, si tratta molto semplicemente di un taglio nel tempo. Se andate per strada, specialmente una strada che conoscete bene, non vedete soltanto le macchine che ci stanno, ma vedete anche quelle che c’erano ieri, che c’erano dieci anni fa, e questo per associazione mnemonica. Ma se mostrate questo fenomeno su una tela, la gente spesso dice: «Cosa vuol dire?». Vuol dire quello che vedete effettivamente: i dati della percezione umana. Questi dati sono resi espliciti nella pittura come nella scrittura, come in altre forme, per esempio nel cinema. 

Spesso la gente è disorientata nello scoprire ciò che sa già senza sapere. 

[William Burroughs, colloquio con
Gérard-Georges Lemaire, in Ibid., p. 111]

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go meditate on stage monitors’ encrypted life

    
it is kind of reasonable number of steps aside.
it is a standard me.
it is what i wrote.
it is the magoo project.
it is another round hole in existence.
it is nameless.
it is a faceless undergraduate morning.
it is the invisible root.
it is the background riot too.
it is running.
it is the binary sequence glue.
it is the fork bat buffer.
it is living in harvard.
it is tactical tv well.
it is crows lounge kiosk.
it is the desert handshake monkey debugger.
it is the pony protocol.
it is just another example.
   

crenature dallo sgombero, #02: piccolo nastro adesivo comunemente noto come furia di compensazione

    
è un sacco ed è fuori e va sollevato ma è troppo facile, ma allora i rottami metallici li porto al bar? chiaro che dovrete aiutarmi, il reverse non funziona e siamo pieni di queste betamax.
che c’è di male se calpestano gli aghi? sono bussole già morte. 
non ho nessuna fiducia nei personaggi. tu hai fiducia nei personaggi? li vedi agire?
come li vedi agire? stanno quaranta minuti al bar a sfogliare il giornale, mentre scarrioli via i rottami. il secondo caffè. lucida il corsetto e compra il cachemire.
è un catullo astratto, senza compassione. passa per una pianta carnivora ma è una pianta e basta. è una materia lucida, tu guarda la demo.
nella demo si muovono lentamente, dicono cose lentamente. prendono il caffè, leggono il giornale. è agosto. dove sono i personaggi? nella banda superiore? hanno la lampo inceppata? giapponese? nella pubblicità? dell’ippodromo? stanno utilizzando un olio? grassissimo? no? per friggere?
non li vedi. in compenso chiamano. voci chiamano voci: il cameriere, parlano di iraq, fusioni di società, loop su farmaci. parlano sempre delle stesse cose, tutti i giorni, tutti i giorni sono gli stessi giorni.
[ già in compostxt, 13 ago. 2013 ] 
     

generalizzazioni

Di Consoli, tradotto in francese dall’amico Olivier Favier:

(da http://dormirajamais.org/diconsoli/)

III

Ma génération n’a pas été révolutionnaire
Ceux qui sont nés comme moi au milieu des années soixante-dix
N’ont rien fait
Personne ne se souviendra d’eux
Nous, nous ne pourrons jamais dire « à notre époque »
Parce qu’à notre époque nous restions des journées entières au bar
Et pourtant certains rêves nous les avions
Mais si je dois être sincère je n’en suis pas sûr.

Annotazione: affermazioni simili (“ma génération” !!) fanno il paio con quelle sulla “letteratura dell’inesperienza”. Gli autori parlano di una generazione o di se stessi? (Ok: il resto del testo spiega la collocazione dell’io parlante. Ma la generalizzazione resta. E mi viene da replicare, anzi devo replicare: “ma génération”? Ma mi faccia il piacere).

Ognuno parli per sé.

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crenature dallo sgombero, #01

   
non corrisponde. non “mi” abituo. stacco le carcasse organiche dalla cassetta ma l’incavo fa slittare via la fresa. (se è per questo, manca anche la chiave del 10). (il set si ferma all’11 e non scende).
in sei anni ci fosse stata una sola deformazione rgb.
bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di far scaravoltare tutto via ai bulgari. 
siamo intollerabilmente fermi alla moviola. fermi su un nastro. eh, il nanismo degli alberelli delle funzioni. da questo deriva quello. da quello deriva quell’altro. tutto un fiorire, un antropizzarsi. della banda.
ciniglia, poi, prima, masse di tende, vecchi o non vecchi broccati coprigas. stantuffi, maceria, bigattini, bigattini.
noli me noscere. sale grosso / sale fino. praticamente umoristico. più più – giocattoli, assi, assi da stiro, pulegge, mascelle di sottolatta, pietra focaia, pietra e basta. merda-di-topo: ovunque. krebs, passacaglia. parrucca. se? se apri i vetri entrano le mosche. 
uno è accomodante verso il passato, sì?, cerca il codice numerico, gli alveari del messaggio, i voivoda, ma non si trovano in appleshare, è: m-o-l-t-o doloroso. 
il voltmetro è ben incapsulato, lo monti sulla carriola. alla gente piace vedere tutta questa merda di topo. è abituata.
      
     
[ già in recognitiones-ii, 11 ago. 2013 ]