one-page works / opere di una pagina

Dal punto di vista dell’oggetto, un libro di carta, gutenberghiano, è un contenitore che coincide con il contenuto. Un libro digitale no. Un libro digitale è ‘serialmente’ (infilato e sfilabile da) dentro un contenitore di plastica metallo vetro che non “è” il contenuto. Il metallo contenitore da un lato porta molti contenuti, e dall’altro va sondato, esplorato.

Mi metto davanti al lettore, espongo e sfoglio con un movimento il libro gutenberghiano, e dico questo è il testo. Mi metto davanti al lettore, espongo, accendo e sfoglio con vari movimenti il menu che compare sullo schermo del tablet, e dico questa è la biblioteca in cui si trova il testo, aspetta che te lo mostro.

Il libro è un libro, il tablet è una biblioteca.

Dal punto di vista del godimento e della trasmissione di un pacchetto di senso, ecco perché il libro gutenberghiano è tattilmente, eroticamente, più “immediato”. (E ingombrante, certo). Riduce il numero di passaggi fisici tra sguardo e accesso alla pagina.

Dallo stesso punto di vista, un minimo passo avanti verso le caratteristiche (di godimento) del libro cartaceo è rappresentato da bina (2003) e dall’one-page ebook, opeb (che però non abbiamo curato molto, in gammm, va detto). Ma l’ostacolo del contenitore resta.

Altrimenti si può pensare alla miriade di materiali e ritagli e one-page things che è possibile inventare, mettere in rete, o inviare, in formato elettronico, e poi parallelamente stampare, piegare, portare con sé, in una o più lingue europee o meno. Il campo è aperto. Ma il suo versante fisico, tattile, resta prioritario e in qualche modo privilegiato, se è al godimento sensoriale che – ragionevolmente – si pensa.

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