il kitsch è scatenato. in questi anni (cosa detta e ripetuta) la rete ha messo uno specchio davanti a ogni possibile detto e scritto; e ha portato moltiplicazione e crescita esponenziale di cose di sottobosco. (quanto lavoro implicano, e – perciò – quanta ‘fede nel prodotto’…). (il disastro grafico e quello testuale sono legati: il non-gusto, prima che il cattivo gusto, li genera e ne è l’esito educante, educato). (netiquette, facebook oblige).
certo, si direbbe: “niente di nuovo”. invece no: in termini di percezione è nuova, quantitativamente e dunque poi qualitativamente, questa roba. tanta. materializzazione del: kitsch, pacchiano irriflesso.
l’aria comune la somatizza. ne fa fonofanìe, figurette, youtube, monomanie, pop-lit, shit-lit. (litless).
e – questo – raddoppia il problema: mainstream critico-letterario da una lato, sottobosco kitsch dall’altro. con frequenti passaggi e prestiti da un’area all’altra. (dieci-venti anni fa sarebbe stato impossibile o rarissimo leggere la spazzatura che ultimamente addirittura major o case editrici piccole-e-di-qualità diffondono, gettano nelle catene distributive generaliste).
d’altro canto, non solo (molt)i critici non segnalano quello che sta succedendo o è già successo, ma benedicono/cooptano voci in iniziative, riviste, testi. hanno già somatizzato. sanno che dovrebbero riprendere a leggere e giudicare, per poter selezionare nella (e contro la) quantità pura. lasciano allora il filtro all’utile (loro). non è necessario leggere chi già ti sta servendo, basta che serva.