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promemoria: DOMANI, reading di Giovanna Frene / mostra di fotografie di Laura Callegaro

domani, sabato 3 dicembre 2011, ore 18.00

presso “EMAU” Art, Shop&Coffee – Preganziol (TV) Via Terraglio n. 152

“LA POESIA E IL POTERE”

Lettura integrale del libro di poesia

“Il noto, il nuovo” (Transeuropa, novembre 2011) di Giovanna Frene 
con Prefazione di Paolo Zublena, postfazione di Silvia De March, fotografie di Laura Callegaro, traduzione inglese di J. Scappettone e J. Calahan

Intervengono Giovanna Frene e Silvia De March

***
L’evento si svolge nell’ambito della mostra di fotografia
SUBWAY BODIES
di Laura Callegaro
inauguratasi sabato 19 novembre, ore 18
La mostra rimane aperta dal 19 novembre 2011 al 31 gennaio 2012

OGGI: “Subway bodies”, mostra di fotografie di Laura Callegaro

OGGI, sabato 19 novembre, alle ore 18

vernissage presso “EMAU” Art, Shop&Coffee – Preganziol (TV) Via Terraglio n. 152

SUBWAY BODIES
mostra di fotografia
di Laura Callegaro

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la mostra rimarrà aperta fino al 31 gennaio 2012

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[ e il 3 dicembre prossimo ospiterà la lettura integrale del libro di poesie di Giovanna Frene
Il noto, il nuovo (Transeuropa): interverranno l’autrice e Silvia De March ]

Reading di Giovanna Frene / mostra di fotografie di Laura Callegaro

Sabato 3 dicembre 2011, ore 18.00

presso “EMAU” Art, Shop&Coffee – Preganziol (TV) Via Terraglio n. 152

“LA POESIA E IL POTERE”

Lettura integrale del libro di poesia

Il noto, il nuovo (Transeuropa, novembre 2011) di Giovanna Frene 
con Prefazione di Paolo Zublena, postfazione di Silvia De March, fotografie di Laura Callegaro, traduzione inglese di J. Scappettone e J. Calahan

Intervengono Giovanna Frene e Silvia De March

***
L’evento si svolge nell’ambito della mostra di fotografia
SUBWAY BODIES
di Laura Callegaro
Vernice sabato 19 novembre, ore 18
La mostra rimarrà aperta dal 19 novembre 2011 al 31 gennaio 2012

Un documento per la mostra del 4 ottobre: Ossidiane + Neuston


marco giovenale
 
Documento _ Per Ossidiane + Neuston, 4 ottobre 2011 _ Libreria Empiria (Roma)


La pietra ossidiana è nera, trasparente ed opaca.
Con essa si fanno degli specchi, che riflettono l’ombra
più che l’immagine degli esseri e delle cose

Roger Caillois, Pietre


A dieci anni esatti dalla prima collaborazione tra Francesca Vitale e me, intitolata La natura del mondo (presso la libreria galleria Al ferro di cavallo), che includeva fotografie e opere a base fotografica e due testi in versi (due tra le primissime ossidiane), la nascita/edizione di una sequenza più ampia di miei testi è l’occasione per immaginare una nuova mostra di FV (Neuston) che è insieme una lettura (dalla sequenza XXI ossidiane) e un’anomalia. L’anomalia è di carattere editoriale, in buona sostanza. Il fascicolo che viene presentato, infatti, è composto da 21 frammenti inediti, tratti da varie sequenze di ossidiane che nel tempo sono nate; e l’edizione che ne è stata approntata si deve a un artigiano, Stefano Verdini, che ha accolto il progetto di comporre un libro totalmente indipendente ed estraneo alle modalità di gestione del logos che normalmente la società letteraria privilegia e registra.

L’edizione è costituita da 50 esemplari in brossura, numerati: 40 sono con copertina blu, e 10 – con copertina rossa – contengono ciascuno una mia sibilla asemantica a inchiostro nero su carta inglese. Il fascicolo è stato impaginato con programmi e in caratteri open source, poi realizzato con legatura a filo. Nessun software ‘proprietario’ è intervenuto nella realizzazione del libro, che non è di fatto affidato ad alcuna catena produttiva né industria di stampa e distributiva; e tuttavia – e semplicemente – vorrebbe dimostrare con la sua esistenza (proprio per il modo in cui nasce, e non nonostante le scelte fatte) la realizzabilità di un’edizione curata di un’opera di scrittura di ricerca, non lirica.

Fino a uno o due decenni fa – e tutt’ora in paesi meno irragionevoli del nostro – queste ipotesi e prassi non erano fantasia, eccezione, né chiedevano chiose particolari. Si tratta di attività oggettivamente militanti e tendenzialmente (e intenzionalmente) fuori dal mercato. Un’esperienza come quella delle XXI ossidiane può in qualche modo funzionare anche da ponte, a unire l’idea di autoproduzione (i suoi elementi artigianali e di voluta ‘semplicità’) a quella di edizione d’arte (di cui però sono qui rifiutati rango e pretese cultuali, e cadute nel feticismo). Da questa funzione di collegamento viene un nome o sigla che non è edizione e non è collana: Ponte bianco.

Si legano a questa operazione (anti)editoriale le immagini di FV, nuovamente: così come – dieci anni fa – le due mie poesie si legavano alla complessa mostra La natura del mondo (che includeva anche musiche di Luca Conti), ora una nuova sequenza di fotografie è in esposizione presso Empiria. Viene dal ciclo in b/n intitolato Neuston, dal greco νευστός, «natante, che nuota» (sull’esempio di plancton): piccoli organismi che scorrono immediatamente sopra o sotto il velo superficiale dell’acqua: visibili/invisibili, come gli affioramenti registrati dalle fotografie di FV, come il progetto di testi autoprodotti che qui compare, e come le stesse ossidiane, catturate da un’opacità, da un’ombra senza “significato” ma non senza senso.



Da una mail a G* per “Superficie della battaglia” [giu.2006]

caro G***,

la sequenza di poesie Superficie della battaglia viene in qualche modo da un film, in verità. Nel senso che è nata mentre vedevo (o specchiavo in un modo strano, mentalmente) il film. Lo sognavo guardandolo: ne producevo varianti verbali, poi cose totalmente altre. Decisamente le poesie prescindono dalle scene, deviano – in fine. Semmai (me ne sono reso conto mesi dopo) si legano naturalmente a battaglie con avversari reali, non letterari, e con ammassi di oggetti, nevrosi non mie, trasloco, accumulo, dissoluzione; con l’ossessione di esaustione e con l’ossessione di dissipazione che in fondo fanno da radici a tante delle cose che càpita di pensare, fare, ‘vedere’ (ri-produrre: in immagini).

Kafka è il Classico tra i classici. Forse il solo autore moderno che si possa mettere in dialogo con i greci, con Cervantes. Le sue serpentine nel buio sono fuga e prigione (lo shelter, insomma). Una cosa molto ‘ebraica’, anche. (Il ghetto). Avverto questa cosa. Come nella traccia di Derrida/Adorno in http://slowforward.wordpress.com/2014/01/27/dal-2004/ (link precedente: http://www.slow-forward.splinder.com/1098026070#3173418).

La struttura del titolo “Superficie della battaglia” ha colpito anche me, qualche giorno fa, riflettendo proprio sul libro di Sartori; anche se è una prossimità non cercata né pensata […].

L’immagine di copertina è foto (elaborata) di un’installazione assurda che svetta su tutto il disastro delle masserizie, delle stanze. Sta per finire, tra l’altro: il giorno *** è la data ultima decisa per lasciare la casa. Quella sera mio padre non dormirà lì, […].

Finisce una vicenda iniziata nel 1967, circa. Sono quasi quarant’anni. Non è facile per me; immagino per lui. (Ma lui non ha fatto altro che seguire un suo piano meticoloso di disfacimento delle cose attraverso il loro accatastarsi. Me ne rendo conto e so anche che non posso aiutarlo; soltanto limitare i danni concreti che questa prassi ha portato nel tempo …).

Perdona tutte queste parole. Ma è che mi rendo conto che questa Superficie, prima e più ancora delle cose scritte prima del trasloco, dello scasamento, codifica qualche verità che non mi aspettavo.

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