vengo a sapere in questi minuti della scomparsa di Peter Ganick.
una perdita che non so descrivere.
vengo a sapere in questi minuti della scomparsa di Peter Ganick.
una perdita che non so descrivere.
aprile 2012:
intervista sull’”Ulisse”, da cui è tratto questo segmento:
Sono particolarmente interessato ai caratteri installativi dei testi verbali, che sarei tentato di definire in molti casi postverbali. Macchine elencative interminabili, blocchi verticali di textus che esce proprio quantitativamente dal campo della tessitura, del rinvio sonoro, lineare, performabile, per entrare semmai in quello della scultura, del volume-massa, dell’oggettualità piena, fissa. (Words to be looked at, recita significativamente il titolo del saggio di Liz Kotz dedicato non a caso a «Language in 1960s Art», MIT Press, 2007).
Se penso a Il dramma della vita, di Valère Novarina (la cui conclusione esce in italiano su Nazione indiana, tradotta da Andrea Raos), o ai monoliti che punteggiano le uscite di http://hotelstendhal.blogsome.com, o ai flowchart ritoccati di Brunt, di Emilio Villa, o ancora alle opere in rete di Jim Leftwich, Jukka-Pekka Kervinen, Peter Ganick, non mi torna affatto come eco distante un’idea di scrittura di scena che (si) fa muro: muro-scena, opera verbovisiva in sostanza. (Che perda o meno il suo carattere alfabetico cellulare, costituitivo). È una delle vie di comunicazione verso la visual poetry, anche.
*
giugno 2012:
recentissimo testo di Peter Ganick, nella cui pagina di presentazione su Lulu.com si parla precisamente di “wall of text”:
What is a text? After John Coltrane’s “wall of sound”, we have here a “wall of text”. What does making sense entail? Is it in the words themselves and/or the sequence of words? In “An Archeology of Theory”, Peter Ganick suggests both and neither in true spatial reference. Energy is space is a version here-to-be-read.
cfr.
http://slowforward.wordpress.com/2010/06/28/wall-of-text-stele-di-testo/
_
an exposition of a moment in existence’s unfolding, the extension of that moment, and the extension of the before-the-moment that went into the original moment.
as a continuation of the work started in ‘text’ by peter ganick, these are rooted in an exploration of the possibilities of sifted/shifted language.
with or without the syntactic illusion, these are vital and a new exposition of what’s possible with connected/disconnected language.
how can all these bases be covered without jargon? the language goes before and after the reader. onward to the reading. visit the links to sample these vital books.
original cover artwork by ganick completes these innovative texts, almost artist-books in their uniqueness.
Noel Canlas says of his writing:
With Peter Ganick, we have no big alibi for the massive concatenation of lexical items. These super-free elements comprise a rain of lexicon in zero structure. Voiceless, subject-less, object-less, they populate the page without any restraint, without telos. It is as if language flowed out in all direction, becoming the true free flowing stream of language, unburdened by thought or by the unconscious, anchored nowhere, just moving stylelessly, with no external or internal intervention to coax them into a form, an argument, a point, a theme, a voice, a view, an order. It is a language freed of all its expressive, epistemic and stylistic burdens.
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aprile :
intervista sull'”Ulisse”, da cui è tratto questo segmento:
Sono particolarmente interessato ai caratteri installativi dei testi verbali, che sarei tentato di definire in molti casi postverbali. Macchine elencative interminabili, blocchi verticali di textus che esce proprio quantitativamente dal campo della tessitura, del rinvio sonoro, lineare, performabile, per entrare semmai in quello della scultura, del volume-massa, dell’oggettualità piena, fissa. (Words to be looked at, recita significativamente il titolo del saggio di Liz Kotz dedicato non a caso a «Language in 1960s Art», MIT Press, 2007).
Se penso a Il dramma della vita, di Valère Novarina (la cui conclusione esce in italiano su Nazione indiana, tradotta da Andrea Raos), o ai monoliti che punteggiano le uscite di http://hotelstendhal.blogsome.com, o ai flowchart ritoccati di Brunt, di Emilio Villa, o ancora alle opere in rete di Jim Leftwich, Jukka-Pekka Kervinen, Peter Ganick, non mi torna affatto come eco distante un’idea di scrittura di scena che (si) fa muro: muro-scena, opera verbovisiva in sostanza. (Che perda o meno il suo carattere alfabetico cellulare, costituitivo). È una delle vie di comunicazione verso la visual poetry, anche.
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giugno :
recentissimo testo di Peter Ganick, nella cui pagina di presentazione su Lulu.com si parla precisamente di “wall of text”:
What is a text? After John Coltrane’s “wall of sound”, we have here a “wall of text”. What does making sense entail? Is it in the words themselves and/or the sequence of words? In “An Archeology of Theory”, Peter Ganick suggests both and neither in true spatial reference. Energy is space is a version here-to-be-read.
cfr.
http://slowforward.wordpress.com/2010/06/28/wall-of-text-stele-di-testo/