l’ibridazione, lo scambio tra campi verbali e visivi

Commentando questo articolo (in particolare il punto 4), dico che a mio parere precisamente l’ibridazione, lo scambio tra campi verbali e visivi, la persistenza ed estensione e ampliamento della scrittura verbovisiva in paesi che non sono l’Italia, segnano non solo la continuazione di una storia secolare, ma precisamente quella “trasformazione” o addirittura quell’assalto alla monoliticità dei generi che l’articolo giustamente segnala e invoca. Il fatto è che l’Italia è stata un prodigioso motore di ricerche, avanguardie, esperimenti, passando poi il testimone a: tutto il resto del mondo. Che in Italia il motore sia semispento, o che non se ne avverta la vitalità se non in individui quasi isolati, non significa affatto immobilità della macchina globale, non italiana, che giusto il nostro paese ha contribuito con altri (Brasile, Francia, Germania, Cecoslovacchia) ad avviare.

(p.s.: quale poesia visiva è in crisi? Quella italiana, forse, probabilmente; non certo quella mondiale. E poi: quale, tra le molte italiane?)

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