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GLITCH AND OUTSTITUTION


Differx has not disappeared. On the contrary, it wants to go on trying to study and use the margins and the ever-expanding core of the glitch(ed) art, literature, language, sound; and make the pathologies of the Western logos grow. This is the reason why it launches the trans-cultural word “OUTSTITUTION”: to focus on what this will (maybe) mean.

Let’s wiki: the word “institution” comes from Middle English “institucioun”, from Old French “institution”, from Latin “institūtiō”, from “instituō” (“to set up”), from “in-” (“in, on”) + “statuō” (“to set up, establish”). So my intent —and the aim of differx as a site— is clear:

OUT OF THE INSTITUTION.

Any kind of cultural, literary, artistic initiative is constantly under the control of the authorities through bureaucracy. Any meeting, independent structure, event, must necessarily interact with the corruption and the surrounding wall of the “city”. Perhaps the word corruption is not right. In cities like Rome the dark side of the Middle Ages has never been affected by anything. It never ended. The families who actually own the territory also rule the game. It seems a bad & kitsch distopian conspiracy remark but the sad truth is that —at least in Rome— the nobles and the high clergy are still the backbone of power today, with la haute et la grossière bourgeoisie.

So a policy of temporary autonomous zones is still the only way to play outside the chessboard. (Which hosts only kings and queens).

Ideas for and in and outside Rome are welcome.

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L’antifascismo non si arresta (aggiornamento sul processo di Modena)

20 LUG 2021 —

Il 16 luglio, presso il Tribunale di Modena è stata pronunciata l’attesa sentenza di primo grado del processo a carico delle/dei 26 antifascistə che nel 2017 contestarono pacificamente un presidio di Forza Nuova a Carpi.
Il Giudice Francesco Cermaria ha innanzitutto condannato a 6 mesi di arresto e 2 mila euro di ammenda un compagno per aver impugnato per qualche secondo un moschettone (normalmente utilizzato come portachiavi) come deterrente di fronte all’improvvisa aggressione dei forzanovisti.
A lui va la nostra piena solidarietà. Solidarietà che si concretizzerà fin da subito con la copertura delle spese legali per ricorrere in Appello.
Ribadiamo forte e chiaro: nessuno resta solo di fronte alla repressione!
Poi, 5 minuti di teatro dell’assurdo: Cermaria è riuscito a demolire la linea d’accusa proposta dalla Pm ignorandone il principale capo d’imputazione, ovvero l’aver preso parola durante una manifestazione non autorizzata (comma 3 dell’art. 18 TULPS), coprendo di ridicolo l’intera Procura di Modena e trascinandola in un nuovo teorema giudiziario a dir poco grottesco con ipotesi di reato ancora più gravi e pene ancora più pesanti.
In un delirio repressivo quella che è stata una contestazione pacifica – in cui il dissenso verso chi propaganda odio razziale e xenofobo è stato espresso attraverso canti della Resistenza e slogan – diventa un’adunata sediziosa armata con lo scopo di sovvertire l’ordine pubblico (art. 655 del Codice Penale, arresto fino a 1 anno e comunque non inferiore a 6 mesi).
A tutte le 26 persone coinvolte vengono inoltre imputate grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità (art. 20 TULPS), oltre che il rifiuto di obbedire all’ordine di discioglimento della manifestazione (art. 24 TULPS, arresto da 1 mese a 1 anno e ammenda fino a oltre 400 euro).
Per due compagni le ipotesi di reato prevedono anche porto di armi o oggetti atti ad offendere (art. 4 della L. 110/75, arresto da 3 a 6 mesi e ammenda fino a 20 mila euro). Elemento – quest’ultimo del possesso di armi – del tutto inedito, mai emerso né dalle indagini del Gip né da quelle della Pm e nemmeno da precedenti udienze.
Attendendo le motivazioni della sentenza per capire quali fossero queste famigerate armi, ci preme porre l’accento su altri elementi che aiutano a comprendere l’assurdità della questione.
Stupendoci con effetti speciali, tra i/le 26 antifascistə per i quali sono ipotizzati i suddetti capi d’accusa continua a figurare un ragazzo che, come emerso in fase di udienza, la sera del 4 agosto 2017 non si trovava in Via Marx a Carpi e che è stato erroneamente identificato mediante confronto tra i filmati della Digos e il suo documento d’identità risalente a svariati anni prima.
In ultimo, tra tuttə coloro che da testimoni hanno confermato di aver partecipato alla contestazione, l’unica ad essere inserita nell’elenco dei/delle 26 è colei che ha anche ammesso di aver intonato canti della Resistenza, in particolare “Bella Ciao”.
Il canto continua quindi ad essere una discriminante nel definire i/le partecipanti alla presunta adunata sediziosa ARMATA.
Il quadro che emerge, che da un lato non può che lasciare allibiti, non è che la conferma di ciò che andiamo dicendo da tempo: in un Paese che si è dotato di una Costituzione che poggia le basi su valori e ideali della Lotta di Liberazione dal nazifascismo è vergognoso che Questure e Prefetture continuino a legittimare gruppi o partiti dichiaratamente neofascisti concedendo loro agibilità politica e spazi pubblici, mentre Procure e Tribunali si accaniscano contro gli antifascistə ricorrendo agli articoli del TULPS e del Codice Penale ereditati rispettivamente dal Regio Decreto del 1931 e del Codice Rocco di epoca fascista.
Un accanimento giudiziario sempre più palese che non può lasciare indifferente chiunque si riconosca in quei valori e ideali dell’antifascismo.
Come assemblea #lantifascismononsiarresta rinnoviamo l’impegno ad alimentare ed allargare quella rete solidale sempre più ampia e variegata costruitasi negli anni intorno alle persone coinvolte in questo assurdo e rocambolesco processo, rivendicando le pratiche dell’antifascismo militante.
In un clima da Ventennio fascista continuiamo a Resistere.
Continuiamo a contrastare con ancora più forza e ostinazione ogni fascismo e ogni discriminazione, continuiamo a lottare unitə contro la repressione di Stato.
Se ne faccia una ragione la Magistratura tutta: qui non si arretra di un millimetro!
L’ANTIFASCISMO NON SI ARRESTA!

L’Italia continuerà a finanziare la cosiddetta guardia costiera libica

La politica italiana continua con lo schifo di sempre. Incurante dei lager libici, delle torture e della morte di migliaia di persone.

Da Radio Popolare:

Sì al rifinanziamento della cosiddetta guardia costiera libica. La Camera dei Deputati ha votato ieri in favore del rinnovo dei finanziamenti delle missioni internazionali, tra cui quella in Libia. Bocciata anche la risoluzione, a firma di Erasmo Palazzotto e sottoscritta da 30 deputati, che proponeva di fermare la collaborazione con la cosiddetta guardia costiera libica. Sentiamo Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e uno dei deputati che aveva firmato la risoluzione: https://www.radiopopolare.it/riassunto-della-giornata-notizie-giovedi-15-luglio/#libia

Approvata, invece, la richiesta della maggioranza che impegna il governo a verificare la possibilità che la missione di addestramento e formazione della cosiddetta guardia costiera libica passi dall’Italia all’Unione Europea. Ma di fatto, la collaborazione non si ferma.
Ieri le ong erano scese in piazza in diverse città italiane proprio per chiedere al parlamento di non rinnovare i finanziamenti alla missione libica. Abbiamo chiesto un commento sulla decisione della Camera a Donatella Parisi, responsabile della comunicazione del centro Astalli, servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia: https://www.radiopopolare.it/riassunto-della-giornata-notizie-giovedi-15-luglio/#libia

onde anomale a ostia: domenica 18 luglio a partire dalle 16

Onde Anomale a Ostia [2.0]
Domenica 18 Luglio al Parco Pietro Rosa di Ostia
(Via Pietro Rosa, Ostia Centro)

dalle 16:
Bimbi dal Basso / BALLA COI PUPI.
Installazione “Parcuino” / controfeticcio di poesia e rivolta con musiche e corpi poetici.
TRITOLO / schegge lidoludiche litoranee, con “Il Capo” di Caterpillar
– Presentazione del libro “Il Quattro Occupato – Ostia 1975/1977″ con la presenza e l’intervento degli autori e delle autrici (facebook.com/Il-Quattro-occupato-Ostia-197577-102225361622905)
a seguire CONCERTI DAL VIVO con:
LILI REFRAIN (facebook.com/lilirefrain
youtu.be/f8G-QPYlugQ)
BBTONES
(youtube.com/watch?v=aeZ5R7WDbOs)
durante l’iniziativa:
distro autoproduzioni / libri / dischi / infoshop / materiali LAPAZ (facebook.com/lapazroma)

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POSTAZIONE RADIO —– TUTTA LA GIORNATA SARA’ TRASMESSA SU RADIO RISACCA [LA RADIO CHE SPACCA]
https://vocidaiquartieri.org
https://s.streampunk.cc/vocidaiquartieri.mp3

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I video dei pestaggi in carcere, a Santa Maria Capua Vetere

  • “Domani” pubblica i video inediti dei pestaggi in carcere. Una sequenza che conferma la spedizione punitiva del 6 aprile 2020 nell’istituto penitenziario ‘Francesco Uccella’ di Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta.
  • È il pomeriggio del 6 aprile 2020. In uno dei filmati si vedono i detenuti che vengono fatti inginocchiare. Hanno le mani dietro la testa e il capo appoggiato al muro.
  • Testate con casco, schiaffi, colpi inferti con il manganello nelle gambe e sulla schiena. E poi calci e ancora calci anche contro chi è già steso a terra. Qualche detenuto viene trascinato come fosse un capo di bestiame.

Ecco il link:
https://www.editorialedomani.it/fatti/video-pestaggio-carcere-santa-maria-capua-vetere-inchiesta-amb06s81

https://www.instagram.com/p/CRIsV6CKYQe/

 

Luglio 1960 / Carlo Bordini

Nel 1960 ci fu un tentativo di instaurare in Italia un governo di destra, il governo Tambroni. Era un monocolore democristiano appoggiato dai neo fascisti dell’MSI. Questo governo voleva essere una risposta a una ripresa operaia che era cominciata in Italia nell’anno precedente, e che si esprimeva in una forte ripresa degli scioperi dopo gli anni bui del dopoguerra.

Il governo Tambroni si caratterizzò subito per provvedimenti illiberali (divieto di alcune manifestazioni e di alcuni comizi) e in questo clima fu permesso ai neofascisti, che si erano ricostituiti in partito da poco, di tenere un loro congresso a Genova.

Ora, Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, era una città antifascista sul serio. C’erano ancora i partigiani che quindici anni prima avevano cacciato i tedeschi dalla città. Si fece una grande manifestazione a cui parteciparono partigiani, portuali e la base del partito comunista. La polizia cercò di disperdere la manifestazione e ne nacque una grande battaglia in cui i portuali, gente molto dura, sconfissero nettamente la polizia. Molti poliziotti furono feriti e a molti di loro furono sottratte le armi. Questo avvenne il 30 giugno. La sera di quel giorno i partigiani tornarono ad accamparsi in montagna, nelle colline intorno a Genova, e accesero fuochi che si vedevano dalla città. Da questo episodio nacque l’insurrezione del Luglio 60.

Vi furono manifestazioni in tutta Italia. La polizia sparò e uccise diversi manifestanti. A Roma i partigiani furono caricati dalla polizia a cavallo. L’insurrezione si propagò da città a città, da notizia a notizia. Dopo alcuni giorni i sindacati indissero uno sciopero generale. Il governo Tambroni si dimise e da allora cominciò in Italia la lunga serie dei governi di centrosinistra che bene o male dettero all’Italia una democrazia più o meno normale.

Si tratta dunque di un episodio fondamentale nella storia recente italiana. Se non ci fosse stata la reazione di Luglio 60 la storia sarebbe stata molto diversa: l’Italia sarebbe tornata a una forma di fascismo strisciante e mascherato. I nuovi governi di centro sinistra non fecero miracoli, ma nazionalizzarono l’energia elettrica, fecero una riforma agraria che portò alla scomparsa della mezzadria e alla formazione di una vasta piccola proprietà contadina. Le lotte sindacali e politiche si svilupparono in un clima relativamente permissivo.

Luglio 60 non fu organizzato dal Partito Comunista. Nacque spontaneamente e si diffuse spontaneamente. Vi partecipò la base del PCI, ma il partito non prese mai una posizione netta. Non diresse le lotte. I giornali del PCI facevano articoli di fuoco che suscitavano la rabbia e l’indignazione, ma non davano indicazioni di lotta. La gente si riuniva, discuteva e partecipava.

Il PCI fece molta retorica sui “giovani dalla maglietta a strisce” che avevano partecipato a Luglio ’60 e salvato la democrazia, ma pian piano la cosa venne dimenticata. Nessuno ne parlò più. Nessuno si riferì più a quel periodo. Oggi nessuno ne sa nulla.

Luglio ’60 non diventò un punto di riferimento per nessuna forza politica. Non se ne parlò più, né per esaltarlo né per esecrarlo. Credo che questo dipenda dal fatto che fu un movimento che sfuggì di mano a tutti, e che potrebbe diventare un esempio pericoloso. Fu utilizzato e messo in disparte: sarebbe invece opportuno, oggi, ricordarne l’esistenza.

Post scriptum. Quando questo avvenne io avevo 22 anni. Non ho nulla da cambiare a quanto ho scritto, ma voglio aggiungere una considerazione: se non ci fosse stata la sinistra democristiana, che si alleò coi socialisti, e formò il centro-sinistra, l’esito della vicenda sarebbe stato diverso.

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[da una mail circolare, con fotografie, di Carlo Bordini, 1 agosto 2018] _

Lo sciopero di Stradella: un articolo di Gabriele Dadati

Articolo di Gabriele Dadati apparso oggi nel quotidiano “Libertà” di Piacenza: https://www.facebook.com/gabriele.dadati/posts/10159379411937320

Giovedì, verso l’ora di pranzo, mi ha chiamato Luca Ussia, direttore editoriale di Baldini+Castoldi, la casa editrice che pubblica i miei libri. Voleva dirmi che il prossimo, previsto in uscita il 17 giugno, sarebbe slittato almeno a inizio luglio.

“A Stradella è in corso uno sciopero senza precedenti dei lavoratori della logistica”, ha spiegato. “I libri partono da lì al momento del lancio, ma sono a magazzino, prigionieri. Stanno saltando le uscite di tutti gli editori. Finché non si sblocca la situazione la vedo male”. Era dispiaciuto: sapeva le corse fatte per consegnare in tempo. Ho sdrammatizzato: “Abbiamo pubblicato un libro tre settimane prima di una pandemia e un altro in piena seconda ondata. Un po’ di ritardo per uno sciopero mi sembra il meno”.

Poi, fatte due chiacchiere, ci siamo salutati.

Venerdì mattina, dopo aver letto gli articoli dedicati alla vicenda da “Il Post” e da qualche altro sito, ho scritto su Facebook del rinvio. Concludendo il mio status così: «A me, francamente, sembra che gli scioperanti abbiano ragione su tutta la linea. Ritardino pure i libri. Leggerli serve tra le altre cose a capire che prima di tutto vengono le persone». Ho cliccato. Hanno cominciato ad arrivare i mi piace e i commenti positivi alla mia presa di posizione. È stato in quel momento che mi sono sentito male.

Detesto le prese di posizione fasulle in pubblico. Intendo quelle dei leader di partito o di vip che scrivono sui social “Una preghiera per” più il nome della vittima del giorno. O “Giustizia per” o “La mia solidarietà va a”. Perché le cose sono due, nella vita: o si rivolge un pensiero, e lo si fa nel chiuso delle proprie stanze, o ci si attiva per dare una mano, e lo si fa andando sul posto, non scrivendo in rete. Così, irritato da me stesso, dopo pranzo ho guidato fino a Stradella, dove sorge “La città dei libri”. Si vede la scritta dall’A21, subito dopo averne vista un’altra, all’altezza di Castel San Giovanni: “Amazon”. Perché logistica piacentina e pavese, in quella zona, si toccano. I capannoni sono gli stessi, le logiche anche. Continua a leggere