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Il dopoguerra della «sonnambula» nelle lettere a Pasquale Prunas

di Fiammetta Cirilli

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Autrice di racconti, romanzi, scritti di viaggio di singolare bellezza, Anna Maria Ortese andrebbe ricordata anche per quella componente non indifferente dei suoi scritti che è costituita dall’epistolario con amici, interlocutori anche occasionali, conoscenti: lettere spesso dense di particolari sulla vita privata come sulla scrittura e che restituiscono – accanto alla personalità tormentata e sfuggente dell’autrice – il clima di un ambiente e di una stagione letteraria.

In questa prospettiva, le missive che Ortese indirizzò a Pasquale Prunas, fondatore e direttore della rivista «Sud», contribuiscono a delineare meglio i tratti di un rapporto d’amicizia intenso e destinato a incidere sensibilmente nella biografia di entrambi, segnando – in modo anche problematico – gli anni della giovinezza e della prima maturità della scrittrice. Il pensiero va, naturalmente, alla discussione innescata al tempo in cui venne pubblicato lo scritto che Anna Maria Ortese dedicò ai giovani intellettuali partenopei in chiusura del Mare non bagna Napoli, un libro che, dando voce alla disillusione della scrittrice verso un contesto saturo di energie e aspettative poi disattese, è stato all’origine della traumatica frattura con molti dei coetanei frequentati negli anni del dopoguerra.

L’uscita del Mare per Einaudi (ma Prunas aveva in precedenza pensato di stampare di persona la raccolta) e lo scalpore provocato dal capitolo Il silenzio della ragione gettano, retrospettivamente, una luce particolare sulle lettere curate da Renata Prunas e Giuseppe di Costanzo per le edizioni Archinto: Alla luce del sud. Lettere a Pasquale Prunas (Collana Lettere, Edizioni Archinto, Milano 2006).

Mancano, in realtà, richiami alla polemica: le lettere riguardano, infatti, soprattutto l’arco di tempo tra il 1947 e il 1953; mentre le poche successive alla pubblicazione del libro – l’ultima è del maggio 1959 – toccano questioni generiche, non ultimi gli affanni e le necessità materiali in cui si dibatteva la scrittrice. Il silenzio in qualche modo eloquente sulla polemica convive, quindi, con elementi che testiminiano la continuità di una amicizia nata ai tempi di «Sud»; un’amicizia che, stando alla stessa Ortese, costituisce l’«autentico ricordo di Napoli». «Mi sembra di soffocare, mi ritorna incontro la luce di Napoli, i miei pomeriggi alla Nunziatella l’anno scorso, il calore della veranda e tutti, tutti i cari amici di Sud» – scrive la giovane autrice nel febbraio del ’47 da Roma, dove risiede per qualche mese. E poi, scusandosi per l’«emozione» che le ha dettato «cose così disordinate, e forse strane», esorta Prunas: «Scrivimi, qualche volta e dimmi tutto di Sud, cosa fate, come va. È anche il mio giornale».

Nonostante la distanza da Napoli, quindi, Anna Maria Ortese continuava a rispondere alla vitalità «irrefrenabile» del «ragazzo Prunas», per confessare magari, la fatica di tenere dietro all’impegno della scrittura: «Non posso avere nessuna emozione, (e scrivere è un’emozione), perché Dio solo sa cosa soffro»; o, ancora, per dichiarare la propria inadeguatezza di fronte alla realtà di una città come Milano, dove «la vita è dura, in un certo senso» perché «non c’è nessuno che ti venga incontro con una lode, tutti, o quasi, aspettano che tu cada», e «diventare qualcuno» sembra impossibile: «bisogna essere cattivissimi, per riuscire. Ho l’impressione che tu ti sia sbagliato sulla carica di cattiveria che portavo in me, e che io sarò bocciata.»

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[ Fiammetta Cirilli. Articolo su «il manifesto», 27 dicembre 2006, p.12 ]