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allarme + lettera da firmare, contro il ddl 1660 e l’istituzione in italia dello stato di polizia

ricevo e diffondo questo allarme (e conseguente lettera, che trovate in calce oppure qui) lanciato da Ginevra Bompiani: 

premessa

ieri la camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza il Ddl 1660, col quale senza troppi giri di parole, si istituisce in Italia lo stato di polizia:

 Il blocco stradale, e quindi gli scioperi diventano reato penale con condanne fino a 2 anni di carcere;
 le proteste in carcere o nei Cpr possono essere punite col carcere fino a 20 anni;
 idem per chi protesta contro le grandi opere;
 Anche la “propaganda” delle lotte è punibile fino a 6 anni, essendo considerata “terrorismo della parola”;
 carcere fino a 7 anni per chi occupa una casa sfitta o solidarizza con le occupazioni;
 Fino a 15 anni per resistenza attiva
 Fino a 4 anni per resistenza passiva (nuovo reato, ribattezzato “anti-Ghandi”)
 Facoltà per forze dell’ordine di detenere una seconda arma personale al di fuori di quella di ordinanza e al di fuori del servizio.
 Carcere immediato anche per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno
 Dulcis in fundo, si vieta agli immigrati senza permesso di soggiorno finanche l’uso del cellulare, vincolando l’acquisto della SIM al possesso del permesso di soggiorno.

Abbiamo dunque scritto la seguente lettera di autodenuncia, come il modo non violento più forte per protestare contro questo Decreto.

Vi prego di firmarla e di inviare la vostra adesione a democraziaedissenso@gmail.com. Presto pubblicheremo la lettera-appello sui social e, se possibile, su un giornale. Se la firmate, per favore diffondetela!

 GID, Gruppo d’Intervento Disarmato

 

LETTERA

Al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
Alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

La democrazia, così come la cultura, sono fondate sulla possibilità di dissentire. Solo il dissenso permette la diversità delle posizioni e delle idee, solo il dissenso mette al vaglio la verità e la giustizia, solo il dissenso è alla base del pensiero.

L’itinerario che l’attuale governo sta perseguendo fin dal primo giorno e che culmina con una legge, il Ddl sicurezza 1660, detto anche legge anti-Gandhi, che proibisce in tutte le sue forme, attiva e passiva, disarmata e non violenta, ogni dissenso, manda oggi al macero la democrazia e la cultura che il dopoguerra ha pazientemente costruito, con il sostegno della Costituzione della Repubblica Italiana, proclamata da Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947.

Noi, cittadine e cittadini italiani ci riconosciamo in questa Costituzione, nei principi e nelle libertà che ci ha fino a oggi garantito, e ci rifiutiamo di rinnegare 77 anni di democrazia e di cultura, compiendo l’orribile salto indietro in una stagione che credevamo sepolta.

Noi cittadine e cittadini italiani ci riconosciamo nella libertà di pensare e di esprimere il nostro pensiero sotto ogni forma, parlata e scritta, stampata e diffusa con qualsiasi mezzo, di riunirci e associarci pacificamente, di informare ed essere informati, di insegnare ed essere istruiti, di scegliere liberamente la nostra occupazione, il nostro domicilio e liberamente viaggiare; e riconosciamo queste libertà per noi, gli stranieri e gli apolidi, i rifugiati e i richiedenti asilo, e intendiamo esercitare i nostri diritti inviolabili, a cominciare dal diritto di solidarizzare con chi si oppone, sia con lo sciopero che con l’occupazione pacifica o con manifestazioni pubbliche di dissenso, con chi reclama dallo Stato leggi che permettano alla nostra terra di difendersi da catastrofi climatiche o dagli orrori delle guerre e infine con chiunque risponda al richiamo della giustizia e della pietà: e se questi sono reati, ci autodenunciamo responsabili di questi reati, passati, presenti e futuri, tutti e ciascuno, consapevoli che solo così facendo possiamo proteggere la democrazia e la cultura che da 77 anni ci appartengono e di cui andiamo fieri.

Firmato


da radio popolare: “la procura di roma apre un fascicolo per la morte di abdel latif” / “l’orrore dei centri di permanenza e rimpatrio in italia”

“La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per la morte Abdel Latif, morto a soli 26 anni, lo scorso 28 novembre, nel reparto psichiatrico dell’Ospedale San Camillo di Roma. Arrivato in Italia dalla Tunisia, si trovava nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Ponte Galeria dal 13 ottobre. Era legato da 3 giorni ad un letto, dopo il ricovero per una presunta condizione di disagio psichico. I suoi compagni denunciano che era stato picchiato dalla polizia dopo aver fatto uscire alcuni video col cellulare per denunciare le condizioni di vita nei CPR, dove vengono rinchiusi migranti in attesa dell’eventuale rimpatrio. Ci sono molti punti da chiarire, dice il garante nazionale dei detenuti e quello del Lazio, Stefano Anastasia”.

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L’orrore dei Centri di Permanenza e Rimpatrio in Italia

(di Guglielmo Vespignani)

Luoghi non pensati, dove la permanenza in essi segue le sorti di un ‘effetto collaterale’, che si vorrebbe evitare. Il garante nazionale delle persone private della libertà aveva definito così i Centri di Permanenza e Rimpatrio nell’ultimo rapporto pubblicato sulle visite effettuate tra il 2019 e il 2020. E la morte di Wissem Ben Abel Latif a Roma ha riacceso le luci sull’orrore dei CPR in Italia.

Strutture fatiscenti, gabbie pollaio, malagestione sanitaria, suicidi. Ed anche recenti inchieste giudiziarie hanno fatto emergere una fotografia spaventosa di come lo Stato opera e di come tratta con persone che spesso non hanno niente, e che sono nelle sue mani.

A metà maggio la morte di Mussa Balde, 23 anni, suicidatosi in isolamento al CPR di Torino dopo essere stato dimesso dall’ospedale di Bodighera. Era la sesta morte di migranti ospitati nei centri in Italia dal 2019: prima di lui due ragazzi a Gradisca d’Isonzo, uno a Caltanissetta, uno a Brindisi e un altro ancora all’Ospedaletto del CPR di Torino.

Sulle condizioni di questo centro, l’anticipazione della perizia della Procura di Torino, eseguita nell’ambito dell’inchiesta per omicidio colposo di Balde, che vede tra gli indagati il medico e il direttore della struttura, riporta gravi inadempienze gestionali, sopratutto sul piano sanitario.

Proprio l’aspetto più delicato del rapporto con chi viene rinchiuso nei CPR è quello più carente. La denuncia dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione nel Libro Nero del CPR di Torino, che segnalava come nella struttura non era entrato neanche un medico nei primi dieci mesi di pandemia, inquadra perfettamente il contesto nel quale, negli ultimi mesi, si è assistito a decine di tentativi di suicidio, di cui sei in un solo giorno, il 23 novembre scorso.

“Simulazioni” le definisce il sindacato di polizia siulp, che parla di 110 suicidi messi in scena da parte dei migranti per far sì di ottenere il ricovero e una possibile liberazione. Ma è anche il comportamento di alcuni agenti di polizia ad essere sottoposto ad indagine a Torino: cinque di loro, tre agenti semplici e due graduati, sono infatti finiti nello stesso fascicolo del medico e del direttore.

— Radio Popolare

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n.b.: “simulazioni”! ammesso e niente affatto concesso che si tratti di simulazioni, il siulp se lo domanderà come mai qualcuno arrivi a simulare un suicidio per poter accedere a una visita medica? e il fatto che nessun medico entri in un cpr, a virus in circolazione, per dieci mesi interessa a qualcuno in qualche modo oppure si tratta di normale amministrazione carceraria?