Archivi tag: le installazioni non sono performance

nascita di gammm: due post del 2006 e relativi commenti

29 giugno 2006: l’annuncio della nascita del sito GAMMM, su Absolute poetry e su Nazione indiana (e relative reazioni).

https://slowforward.files.wordpress.com/2020/11/nascita-di-gammm-e-commenti_-su-absolute-poetry.pdf

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https://slowforward.files.wordpress.com/2020/11/nascita-di-gammm-e-commenti_-su-nazione-indiana.pdf

[replay] _ testi installativi

terza replica (facilmente: inutile replica) di un post in tema di installazioni,
testi installativi, testi che sono altro dalla performance. (in senso materiale,
tattile, fisico, oggettivo, verificabile). qui di séguito:

Ci si trova sempre a dovere ma in fondo anche a volere (ri)definire e (ri)dire cosa si può intendere per testo installativo.

Un testo che non chieda necessariamente una lettura lineare. Un testo in cui l’impatto visivo configura già un oggetto estetico verso cui il lettore può dirigere uno sguardo non necessariamente analitico, geometrizzante, decrittante. Un testo che può indurre analisi e esplorazione minuta e che tuttavia persuade anche prima che questa si compia. Eccetera.

Più delle parole valgono gli esempi. Varie volte ho fatto quello de Il dramma della vita, di Valère Novarina, tradotto da Andrea Raos e uscito prima in Nazione indiana e poi in gammm. Qui il testo perfettamente leggibile eccede — per accumulo e ossessione elencativa felicissima quanto spiazzante e sfiancante — le possibilità e qualsiasi buona volontà di un classico ‘lettore lineare’, di ogni lettura sequenziale.

Un altro esempio potrebbe essere l’anonimo Abacuz pubblicato in marzo su http://hotelstendhal.blogsome.com: clic su http://www.box.net/shared/ohduc7zh3q. Ovviamente il dato installativo-visivo è totalizzante, in questo caso. E, prima ancora, spicca in primo piano (escludendo altri piani) il fatto che il meccanismo in gioco sia puramente ottico, ininterpretabile: accumulo da vedere, installazione senza alternative. O meglio: installazione dell’idea stessa di installazione.

Infine, si può pensare al “solid language” di Veil, di Charles Bernstein, uscito nel 1976 e leggibile online qui: http://epc.buffalo.edu/authors/bernstein/books/veil/index.html (nonché acquistabile come libro da Xexoxial Editions a questo indirizzo: http://xexoxial.org/is/veil/by/charles_bernstein)

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bernstein_veil

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Nota a chiusura & margine della terza (facilmente: inutile terza) iterazione di questo post:
sarà interessante capire com’è che si fa a “performare” o “orare” (come si dirà?)
questo o questo testo di Kervinen, o questo di Leftwich.

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