A, a intellettuali, aa, aa intellettuali, aaa intellettuali, abaco intellettuale, abbasso gli intellettuali, addavenì l’intellettuale, adesso gli intellettuali vanno in radio, affrontare con estremo rigore la spinosa questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, agli intellettuali servirebbe un po’ di digiuno, aree di ripopolamento della fauna intellettuale, assenza di intellettuali, bada intellettuale, balie intellettuali, basta intellettuali, bidoni con intellettuali dentro, bis di intellettuali, buche intellettuali, c’è una impressionante povertà di idee in questi intellettuali, che avrebbe detto pasolini, che c’entra pasolini, che fine hanno fatto gli intellettuali, ci sono meno intellettuali alla radio, come fare senza intellettuali, come si fa a fare quello che si faceva prima se adesso gli intellettuali non ci dicono se è giusto o no, come si fa senza intellettuali, cosa fare in casa quando vengono a mancare gli intellettuali, crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, da una recente statistica, da una recente statistica gli intellettuali in italia tendono a scomparire, da una recente statistica sembra assodato che gli intellettuali in italia stiano riprendendo a proliferare, da una recente statistica sembra che il numero degli intellettuali sia in drammatico calo, da una recente statistica sono scomparsi gli intellettuali in italia, digiunano gli intellettuali, disgusto intellettuale, disordine, disordini intellettuali, disordini tra gli intellettuali, dove sono gli intellettuali, dovrebbero tornare gli intellettuali, e tu saresti un intellettuale, gli intellettuali andrebbero vietati, gli intellettuali dovrebbero, gli intellettuali dovrebbero digiunare di più, gli intellettuali dovrebbero digiunare meno, gli intellettuali dovrebbero essere cacciati, gli intellettuali dovrebbero fare politica, gli intellettuali e i poeti, gli intellettuali e la politica, gli intellettuali hanno meno voce in capitolo, gli intellettuali hanno più voce in capitolo, gli intellettuali hanno tradito, gli intellettuali in tv, gli intellettuali intervenivano nel vivo, gli intellettuali non dovrebbero fare politica, gli intellettuali non producono che guasti, gli intellettuali si sono guastati, gli intellettuali sono come, gli intellettuali sono come il pesce, gli intellettuali sono come l’ospite, gli intellettuali sono comici, gli intellettuali sono stati traditi, gli intellettuali sono vivi, gli intellettuali una volta erano la coscienza critica della nazione, gli intellettuali vanno riparati, haddavenì l’intellettuale, help intellettuali, hop hop intellettuale, i comici sono gli unici intellettuali rimasti, i guasti degli intellettuali, il declino dell’intellettuale, il mondo intellettuale è povero, il tradimento degli intellettuali, il tradimento dei chierici, il tramonto dell’intellettuale, in miniera in miniera, intellettuale per piccino che tu sia tu mi sembri una badia, intellettuali comodamente a casa tua, intellettuali d’accatto, intellettuali d’oggidì, intellettuali odierni, intellettuali specie a rischio, intellettuali tutti al mare, intellettualismi, intellettualismi inquinanti, intellettualismi inutili, intellettualismi perniciosi, l’impegno dell’intellettuale si vede dal conto in banca, l’intellettuale fa male digli di smettere, la crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, la politica senza intellettuali, la preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, la questione degli intellettuali è all’ordine del giorno, la radio è cambiata e ci sono meno intellettuali ad arricchirla, la scomparsa degli intellettuali, la spinosa questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, la tv è cambiata e quei rari intellettuali che vi compaiono dicono barzellette, la tv è cambiata in peggio per colpa degli intellettuali, meno intellettuali, minor presenza di intellettuali, non ci sono più gli intellettuali di una volta, non ci sono più intellettuali, non si ascoltano gli intellettuali in radio, non tornano gli intellettuali, odierni intellettuali, ora che sono morti forse intervengono nel morto, ora parliamo di intellettuali, ora riapriranno degli spazi per gli intellettuali, Pasolini, pasolini avrebbe saputo cosa dire, pasolini ci salverà, pasolini in automobile, pasolini non avrebbe saputo a sua volta cavare un ragno dal buco, pasolini non l’avrebbe mai detto, pasolini non l’avrebbe mai fatto, pasolini si cuoce un uovo, per fortuna gli intellettuali tacciono, per riguardo agli intellettuali non diciamo altro, percentuale di intellettuali allo stato liquido, perché pasolini invece c’entra, più intellettuali, più intellettuali meno politica, più politica meno intellettuali, pochi intellettuali in giro, politica e intellettuali non vanno d’accordo, preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, presenza di intellettuali, quando c’era fortini, quando c’era pasolini, quando c’era pasolini questo non sarebbe successo, quando c’era sanguineti, quando c’erano gli intellettuali, quando gli intellettuali avevano voce in capitolo, quando sento parlare di intellettuali metto mano al portafoglio, quando sento parlare di intellettuali metto mano alla pistola, quando sento parlare gli intellettuali mi deprimo, quando sento parlare gli intellettuali non so dove nascondermi, questi intellettuali, questi intellettuali non sanno letteralmente che pesci pigliare, questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, ritaglia il tuo intellettuale, se ci fossero ancora gli intellettuali, senza badare a intellettuali, senza intellettuali di rango siamo tutti più poveri, senza intellettuali la tv si spegne, senza intellettuali non è più come prima, senza inutili intellettualismi, spinosa questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, tacciano gli intellettuali, tanto va l’intellettuale al lardo, ti ricordi quando c’erano gli intellettuali, tornano gli intellettuali, troppi intellettuali, troppi intellettuali in giro, troppi intellettualismi, una volta gli intellettuali andavano in tv, una volta gli intellettuali erano ascoltati, una volta gli intellettuali erano più ascoltati, utili tag per affrontare con estremo rigore la spinosa questione della preoccupante crisi degli odierni intellettuali e dell’impegno, virus intellettuali da estirpare, w gli intellettuali, z gli intellettuali, zz, zzz
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gran gran (conclusioni)
gran gran (conclusioni, non necessariamente su pasolini) / differx. 2013
in un epocale convegno molto partecipato cinque poeti si interrogano in pubblico sulla tragica fine di pasolini. il convegno essendo epocale è prodigiosamente affollato in pubblico si interrogano per arriveranno ad alcune
conclusioni definitive sulla cosa, a uno dei misteri italiani a sarà finalmente chiarito.
hanno deciso di farcela da soli coi mezzi della poesia senza polizia magistrati medici indagini.
la inizialmente rarefatta si poi con il seguire invece.
riuniscono richiamano gente, che funzioni da assai, e che sia il loro. con la partecipazione di molte persone si uniscono si raccolgono assieme belle energie e le cose possono essere speditamente risolte dimorando nella verità. la sala è dimorano affollata da generosi da
incuriosite e accaldate, e dal loro desiderio di fare da soli senza così fanno.
i cinque poeti che risolveranno pasolini sono sul palco, palco in grezzo legname, rilevato mezzo metro rispetto a e vi è un percettibile [qualsiasi parola]. i loro metodi sono acuti, per esempio estraendo da involucri di plastica delle crocchette panate di polpa di granchio.
questo è uno. mentre li ascolto, dalla platea, seduto in terra, perché non c’è più posto, mastico un’ala di pollo. il pollo è infatti un animale alato.
ascolto in questo momento le conclusioni autocritiche che sta tirando un giovane poeta che in verità è il presidente giovanni gronchi, travestito da presidente antonio segni. si toglie la prima maschera dicendo di aver fondato ormai da tempo immemorabile la rivista letteraria “l’altro e l’altro dall’altro”, che detiene il desiderio di confronto ma anche di raffronto. vi è un vivo fremere nella platea. e vi è un corale annuire.
un secondo autore conclusivo prende il microfono afferma di essere in particolare molto affine con la parola di paul celan che dice la congiunzione “per”. ripete assai spesso “per”. numerosi annuiscono nella popolosa sala, con vivaci commenti. alcuni poeti tra i cinque, diciamo due, rinunciano alla loro sedia e si siedono come gli indiani per terra, ciò ci fa sentire. purtroppo si rompe il microfono e non si sente un pezzo di discorso del giovane poeta che citava celan, ma subito arriva un altro microfono. vi è un alternarsi. lui ripete la frase, da ciò si capisce che in realtà non citava celan ma un memorabile aforisma di giuseppe saragat, casualmente presente in sala nonostante tutto.
è incredibile cosa riesce a fare la poesia dal bar alla sala vi è un viavai di gente che ascolta molto interessata tutti i vivaci interventi guardando fissamente verso il palco. vi è anche un brusio ma solo di bicchieri e non di voci. il terzo poeta si commuove, non riesce a parlare. il quarto poeta lo abbraccia col microfono, dicendogli le sue lacrime sono la cosa più vera sono veritative concludono la conclusione più onesta cui si potesse
il quinto poeta concorderebbe ma è rimasto amaramente strozzato dalla polpa giace morente in terra, usciva un po’ dal quadro del discorso e lì per lì non si notava che si divincolava sull’assito stringendosi le mani intorno alla gola battendo amaramente i talloni. alcuni sostengono si sia autosoffocato. è così o no? il pubblico si divide.vivaci applausi conclusione si danno appuntamento a un ulteriore convegno leggermente meno epocale che però cercherà di stabilire coi soli mezzi della poesia le cause dell’agonia e della probabile morte (sembra ancora vivo) di costui. non ne ricordano il nome con assoluta esattezza così hanno deciso di chiamarlo, come i greci col dio ignoto, “il poeta senza nome”.
la riunione è sciolta, nel dispetto del folto pubblico che non è riuscito a intervenire, e si assiepa attorno.
sul palco cadono fasci casuali di sceneggiature proemi che il folto numero di si ritrovava in borsa le disponibili maestranze devono chiudere la sala è tardi, i dialoghi proseguono in strada poi in parte nella rosticceria sotto il poster.
[replica] _ dietro le curvature
Considerate il teatro occidentale degli ultimi secoli: la sua funzione è essenzialmente quella di manifestare ciò che si ritiene segreto (i «sentimenti», le «situazioni», i «conflitti»), nascondendo gli artifici stessi di questa esteriorizzazione (i macchinari, le tele dipinte, il trucco, le sorgenti d’illuminazione). La scena all’italiana è lo spazio di questa menzogna: tutto accade in uno spazio furtivamente dischiuso, sorpreso, spiato, assaporato da uno spettatore celato nell’ombra. Questo spazio è teologico, è lo spazio della Colpa: da un lato, in una luce ch’egli finge di ignorare, sta l’attore – cioè il gesto e la parola –, dall’altro, nel buio della notte, il pubblico, ovvero la coscienza.
tr. it. di M.Vallora, Einaudi, Torino 1984; 2004: p. 71.
Si sostituisca a «teatro» e «scena» la parola «poesia».
Da Affabulazione, di Pier Paolo Pasolini:
_
Ombra di Sofocle:
Nel teatro la parola vive di una doppia gloria,
mai essa è così glorificata. E perché?
Perché essa è, insieme, scritta e pronunciata.
È scritta, come la parola di Omero,
ma insieme è pronunciata come le parole
che si scambiano tra loro due uomini al lavoro,
o una masnada di ragazzi, o le ragazze al lavatoio,
o le donne al mercato – come le povere parole insomma
che si dicono ogni giorno, e volano via con la vita:
le parole non scritte di cui non c’è niente di più bello.
Ora, in teatro, si parla come nella vita.
[…]
Se fossi stato solo un poeta,
te lo spiegherei con le sole parole!
Ma io sono più che un poeta; perciò
le parole non mi bastano; occorre che tu,
tuo figlio, lo veda come a teatro; occorre che tu completi
l’evocazione della parola con la presenza di lui,
in carne e ossa, magari mentre nudo fa l’amore
– o qualcuno di analogo a lui e, comunque anch’esso
in carne e ossa – con le sue membra scoperte.
Devi vederlo, non solo sentirlo;
non solo leggere il testo che lo evoca,
ma avere lui stesso davanti agli occhi. Il teatro
non evoca la realtà dei corpi con le sole parole
ma anche con quei corpi stessi…
Padre:
Ebbene?
Ombra di Sofocle:
L’uomo si è accorto della realtà
solo quando l’ha rappresentata.
E niente meglio del teatro ha mai potuto rappresentarla.
[…]
Padre:
Se le parole non bastano… c’è la realtà…
[…]
*
Sono qui, in Affabulazione, offerte le stesse osservazioni – chiaramente di origine aristotelica – che Pasolini fa, a proposito del cinema, in Empirismo eretico. Il carattere ostensivo tanto del teatro quanto del cinema è in linea di massima una sorta di verità autoevidente. Come il cinema, anche il teatro – pur se in misura diversa o ridotta – presenta il reale attraverso il reale. (So bene che i valori compressi o precipitati nel verbo «presenta» sono connotati alla radice da uno sguardo maschile). (Continuo, sapendolo).
In Affabulazione siamo però – in tutta evidenza – entro un teatro del tempo, della durata cronologica, della localizzazione. Siamo nel libero uso di (o in una teoria che comunque fa riferimento a) unità aristoteliche, appunto. Né disindividuazione né fuga dalla trama né dominio dei significanti sembrano in campo. Se il padre urla (e non balbetta) in scena, anche questo urlare è un significato. La pellicola lineare, la tessitura, trama, non salta. Né si è di fronte a uno smembramento vocalico puro di qualcosa che poteva pretendere di preesistere alla distruzione. Siamo semmai all’integro, integerrimo; ci troviamo in compagnia di realia pressoché intatti, per quanto ideologicamente (dati come) corrotti, che vengono significati da altri realia ancora – non meno integrali, nelle loro caratteristiche formali. E comunicative.
Comunicano, fra l’altro la realtà della regalità del figlio. Il regicida, nel rovesciamento pasoliniano, è infatti il padre. Il padre abbatte il vitalismo non solo del proprio figlio, ma di una generazione intera che si rifiuta perfino di interessarsi all’uccisione dei genitori. Il vecchio potere così anticipa, sopravanza e schiaccia il possibile o impossibile nuovo.
*
[Parentesi di domanda (a Pasolini, forse). Perché replicare – sia pure dal rovescio – la finzione quotidiana dell’impalcatura del reale, le convenzioni e convinzioni, in letteratura, in poesia? La scrittura non è semmai precisamente l’allontanamento? O, almeno, un allontanamento? È il bersaglio che si allontana e costringe l’osservatore-arciere a corrergli dietro, raddoppiando, moltiplicando la difficoltà del tiro. L’oggetto testuale è dietro un orizzonte non piatto, ma dovuto a (costituito da) una curvatura]
*
Se da un lato Pasolini e il teatro di dizione-parola-rappresentazione-realtà-contenuto (o oggi un teatro pop, o stancamente neo-artaudiano, o di narrazione) operano un raddoppiamento del reale, del reale interpretato, fanno mimesi del falso, o del costruito, dunque falsificazione al quadrato, almeno Pasolini studiava come inserire in tutto ciò il plastico (nelle troppe accezioni) che avrebbe minacciato e minato – a suo dire – quella fictio(n). Il trucco antitrucco.
Pasolini nella sua opera dava insomma, al (presunto) contenitore retorico semistabile (borghese), taluni contenuti instabili e aggressivi che supponeva lo avrebbero fatto saltare. (O: che Pasolini per primo vendeva a se stesso come capaci di farlo saltare).
Il teatro dell’aneddoto invece, quello dei contenuti-contenuti, specie se fatto da quelli che Bene chiamava caratteristi (oggi magari macchiettisti), era ed è spettacolo pieno (e spettacolo di uno spettacolo che ormai hanno/abbiamo introiettato: il falso essendo un momento di quel che chiamammo e chiamiamo vero).
A questo punto, da cosa sentire diversità? Da che punto del problema teatro far scattare la tagliola del problema per la poesia? (O: la tagliola del problema che la poesia in sé è?). (O: saranno questioni o problemi che si parlano e si implicano?).
Forse è, questo, un falso problema. O forse gli va trovata altra forma, esposizione. Personalmente qui solo un cenno:
i testi in versi e prosa portati all’Argentina il 28 marzo scorso (così come il lavoro di Babilonia Teatri, che trovo in qualche modo in risonanza) sono materiale dubbioso, dubitante; non strategicamente ma proprio originariamente umbratile/umbrifero. E, in quanto organismi, si spostano, penso: cioè non vanno verso il cosiddetto pubblico, verso i tiratori. E quell’arciere lì che già correva righe sopra [nella parentesi] deve correre ancora, e di più, se vuole anche solo individuare il segno. Per: spostarsi oltre la curvatura del discorso.
Shelter e In rebus sono testi che non vogliono fare la grazia, al pubblico, della finzione quadra a cui è già avvezzo.
dietro le curvature
Considerate il teatro occidentale degli ultimi secoli: la sua funzione è essenzialmente quella di manifestare ciò che si ritiene segreto (i «sentimenti», le «situazioni», i «conflitti»), nascondendo gli artifici stessi di questa esteriorizzazione (i macchinari, le tele dipinte, il trucco, le sorgenti d’illuminazione). La scena all’italiana è lo spazio di questa menzogna: tutto accade in uno spazio furtivamente dischiuso, sorpreso, spiato, assaporato da uno spettatore celato nell’ombra. Questo spazio è teologico, è lo spazio della Colpa: da un lato, in una luce ch’egli finge di ignorare, sta l’attore – cioè il gesto e la parola –, dall’altro, nel buio della notte, il pubblico, ovvero la coscienza.
tr. it. di M.Vallora, Einaudi, Torino 1984; 2004: p. 71.
Si sostituisca a «teatro» e «scena» la parola «poesia».
Da Affabulazione, di Pier Paolo Pasolini:
_
Ombra di Sofocle:
Nel teatro la parola vive di una doppia gloria,
mai essa è così glorificata. E perché?
Perché essa è, insieme, scritta e pronunciata.
È scritta, come la parola di Omero,
ma insieme è pronunciata come le parole
che si scambiano tra loro due uomini al lavoro,
o una masnada di ragazzi, o le ragazze al lavatoio,
o le donne al mercato – come le povere parole insomma
che si dicono ogni giorno, e volano via con la vita:
le parole non scritte di cui non c’è niente di più bello.
Ora, in teatro, si parla come nella vita.
[…]
Se fossi stato solo un poeta,
te lo spiegherei con le sole parole!
Ma io sono più che un poeta; perciò
le parole non mi bastano; occorre che tu,
tuo figlio, lo veda come a teatro; occorre che tu completi
l’evocazione della parola con la presenza di lui,
in carne e ossa, magari mentre nudo fa l’amore
– o qualcuno di analogo a lui e, comunque anch’esso
in carne e ossa – con le sue membra scoperte.
Devi vederlo, non solo sentirlo;
non solo leggere il testo che lo evoca,
ma avere lui stesso davanti agli occhi. Il teatro
non evoca la realtà dei corpi con le sole parole
ma anche con quei corpi stessi…
Padre:
Ebbene?
Ombra di Sofocle:
L’uomo si è accorto della realtà
solo quando l’ha rappresentata.
E niente meglio del teatro ha mai potuto rappresentarla.
[…]
Padre:
Se le parole non bastano… c’è la realtà…
[…]
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Sono qui, in Affabulazione, offerte le stesse osservazioni – chiaramente di origine aristotelica – che Pasolini fa, a proposito del cinema, in Empirismo eretico. Il carattere ostensivo tanto del teatro quanto del cinema è in linea di massima una sorta di verità autoevidente. Come il cinema, anche il teatro – pur se in misura diversa o ridotta – presenta il reale attraverso il reale. (So bene che i valori compressi o precipitati nel verbo «presenta» sono connotati alla radice da uno sguardo maschile). (Continuo, sapendolo).
In Affabulazione siamo però – in tutta evidenza – entro un teatro del tempo, della durata cronologica, della localizzazione. Siamo nel libero uso di (o in una teoria che comunque fa riferimento a) unità aristoteliche, appunto. Né disindividuazione né fuga dalla trama né dominio dei significanti sembrano in campo. Se il padre urla (e non balbetta) in scena, anche questo urlare è un significato. La pellicola lineare, la tessitura, trama, non salta. Né si è di fronte a uno smembramento vocalico puro di qualcosa che poteva pretendere di preesistere alla distruzione. Siamo semmai all’integro, integerrimo; ci troviamo in compagnia di realia pressoché intatti, per quanto ideologicamente (dati come) corrotti, che vengono significati da altri realia ancora – non meno integrali, nelle loro caratteristiche formali. E comunicative.
Comunicano, fra l’altro la realtà della regalità del figlio. Il regicida, nel rovesciamento pasoliniano, è infatti il padre. Il padre abbatte il vitalismo non solo del proprio figlio, ma di una generazione intera che si rifiuta perfino di interessarsi all’uccisione dei genitori. Il vecchio potere così anticipa, sopravanza e schiaccia il possibile o impossibile nuovo.
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[Parentesi di domanda (a Pasolini, forse). Perché replicare – sia pure dal rovescio – la finzione quotidiana dell’impalcatura del reale, le convenzioni e convinzioni, in letteratura, in poesia? La scrittura non è semmai precisamente l’allontanamento? O, almeno, un allontanamento? È il bersaglio che si allontana e costringe l’osservatore-arciere a corrergli dietro, raddoppiando, moltiplicando la difficoltà del tiro. L’oggetto testuale è dietro un orizzonte non piatto, ma dovuto a (costituito da) una curvatura]
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Se da un lato Pasolini e il teatro di dizione-parola-rappresentazione-realtà-contenuto (o oggi un teatro pop, o stancamente neo-artaudiano, o di narrazione) operano un raddoppiamento del reale, del reale interpretato, fanno mimesi del falso, o del costruito, dunque falsificazione al quadrato, almeno Pasolini studiava come inserire in tutto ciò il plastico (nelle troppe accezioni) che avrebbe minacciato e minato – a suo dire – quella fictio(n). Il trucco antitrucco.
Pasolini nella sua opera dava insomma, al (presunto) contenitore retorico semistabile (borghese), taluni contenuti instabili e aggressivi che supponeva lo avrebbero fatto saltare. (O: che Pasolini per primo vendeva a se stesso come capaci di farlo saltare).
Il teatro dell’aneddoto invece, quello dei contenuti-contenuti, specie se fatto da quelli che Bene chiamava caratteristi (oggi magari macchiettisti), era ed è spettacolo pieno (e spettacolo di uno spettacolo che ormai hanno/abbiamo introiettato: il falso essendo un momento di quel che chiamammo e chiamiamo vero).
A questo punto, da cosa sentire diversità? Da che punto del problema teatro far scattare la tagliola del problema per la poesia? (O: la tagliola del problema che la poesia in sé è?). (O: saranno questioni o problemi che si parlano e si implicano?).
Forse è, questo, un falso problema. O forse gli va trovata altra forma, esposizione. Personalmente qui solo un cenno:
i testi in versi e prosa portati all’Argentina il 28 marzo scorso (così come il lavoro di Babilonia Teatri, che trovo in qualche modo in risonanza) sono materiale dubbioso, dubitante; non strategicamente ma proprio originariamente umbratile/umbrifero. E, in quanto organismi, si spostano, penso: cioè non vanno verso il cosiddetto pubblico, verso i tiratori. E quell’arciere lì che già correva righe sopra [nella parentesi] deve correre ancora, e di più, se vuole anche solo individuare il segno. Per: spostarsi oltre la curvatura del discorso.
Shelter e In rebus sono testi che non vogliono fare la grazia, al pubblico, della finzione quadra a cui è già avvezzo.