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il podcast dell’intervista su “le carte della casa”

L’intervista fatta a MG da Gianluca Garrapa, ieri, 2 gennaio 2021, nel programma Radioquestasera, su PuntoRadioFM, è ascoltabile in podcast qui: https://m.mixcloud.com/QuestaSera/marco-giovenale-consulente-editoriale-editor-estensore-di-materiali-scritti-02012021/

Letture da (e occasioni per) il libro Le carte della casa (Edizioni Volatili, 2020).

Più tre frammenti musicali del 2008.

Da una mail a G* per “Superficie della battaglia” [giu.2006]

caro G***,

la sequenza di poesie Superficie della battaglia viene in qualche modo da un film, in verità. Nel senso che è nata mentre vedevo (o specchiavo in un modo strano, mentalmente) il film. Lo sognavo guardandolo: ne producevo varianti verbali, poi cose totalmente altre. Decisamente le poesie prescindono dalle scene, deviano – in fine. Semmai (me ne sono reso conto mesi dopo) si legano naturalmente a battaglie con avversari reali, non letterari, e con ammassi di oggetti, nevrosi non mie, trasloco, accumulo, dissoluzione; con l’ossessione di esaustione e con l’ossessione di dissipazione che in fondo fanno da radici a tante delle cose che càpita di pensare, fare, ‘vedere’ (ri-produrre: in immagini).

Kafka è il Classico tra i classici. Forse il solo autore moderno che si possa mettere in dialogo con i greci, con Cervantes. Le sue serpentine nel buio sono fuga e prigione (lo shelter, insomma). Una cosa molto ‘ebraica’, anche. (Il ghetto). Avverto questa cosa. Come nella traccia di Derrida/Adorno in http://slowforward.wordpress.com/2014/01/27/dal-2004/ (link precedente: http://www.slow-forward.splinder.com/1098026070#3173418).

La struttura del titolo “Superficie della battaglia” ha colpito anche me, qualche giorno fa, riflettendo proprio sul libro di Sartori; anche se è una prossimità non cercata né pensata […].

L’immagine di copertina è foto (elaborata) di un’installazione assurda che svetta su tutto il disastro delle masserizie, delle stanze. Sta per finire, tra l’altro: il giorno *** è la data ultima decisa per lasciare la casa. Quella sera mio padre non dormirà lì, […].

Finisce una vicenda iniziata nel 1967, circa. Sono quasi quarant’anni. Non è facile per me; immagino per lui. (Ma lui non ha fatto altro che seguire un suo piano meticoloso di disfacimento delle cose attraverso il loro accatastarsi. Me ne rendo conto e so anche che non posso aiutarlo; soltanto limitare i danni concreti che questa prassi ha portato nel tempo …).

Perdona tutte queste parole. Ma è che mi rendo conto che questa Superficie, prima e più ancora delle cose scritte prima del trasloco, dello scasamento, codifica qualche verità che non mi aspettavo.

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