castel porziano, 1: intervento di carlo bordini all’incontro upter del 10 giugno 2019

Carlo Bordini

  Castel Porziano è stato un modo di gestire male (in senso soprattutto spettacolare) il ritorno alla poesia di quell’epoca.

Castel Porziano è del 79, nel periodo più acceso del movimento ribelle giovanile (gli autonomi) che già dopo il 77 cominciava a declinare. Cioè: a girare a vuoto. Ma girava. Moro fu ucciso il 9 maggio 1978. Quello fu l’inizio della fine e quindi Castel Porziano si situa in un momento in cui la contestazione e la ribellione giravano a vuoto. Tra poco sarebbe morto tutto. Politicamente, un frutto in ritardo, molto spettacolare ma già mezzo marcio. Gente esasperata e sconfitta nello stesso momento. Rabbia e depressione, o rabbia depressa.

Berlinguer morì improvvisamente (ci sono anche sospetti) sei anni dopo Moro. Si avvicina, in pieno riflusso, la seconda repubblica. A quell’epoca tutti noi giovani ribelli eravamo contro il compromesso storico tra Moro e Berlinguer. Qualcun altro era contro, purtroppo: anche gli americani e la democrazia cristiana. Senza il “provvidenziale” omicidio Moro forse il corso della storia sarebbe stato un po’ diverso.

Un’altra considerazione politica: la grande ondata rivoluzionaria mondiale, finita poi nel nulla, dura dal 1959 (rivoluzione cubana) al 73 (colpo di stato in Cile). Dal 73 in poi, soprattutto in Italia, una lunga coda di ribellioni in una situazione già persa. Qualcuno ha detto che in Francia il 68 è durato un mese, in Italia dieci anni.

Quindi Castel Porziano nasce a un passo dalla fine di tutto. Ma lasciamo perdere il momento politico e vediamo com’era la situazione della poesia in quegli anni.

Dopo il 68, in cui la contestazione giovanile aveva compresso la cultura tout court, e in cui era importante fare la rivoluzione e non era importante scrivere, negli anni 70 c’è un ritorno alla poesia, con una forte influenza del vissuto. Sullo sfondo figure carismatiche come Amelia Rosselli, Pasolini, ed altre figure di prima grandezza come Pagliarani, Caproni, Roversi e tanti altri. Sullo sfondo il gruppo 63 (ormai sono passati dieci anni) che, pur mantenendo per molti il suo prestigio, appare un po’ ingrassato, un po’ invecchiato. Nascono molti poeti giovani.

Nel 1977 esce un libro bellissimo: sonetti d’amore per king kong di Gino Scartaghiande: un modo nuovo e rivoluzionario di esprimersi. Libro poi rifiutato dall’autore. Invettive e licenze di Dario Bellezza esce nel 1971, Somiglianze di Milo de Angelis esce nel 76. Il 76 esce Il disperso di Cucchi. Negativo parziale di Attilio Lolini è del 74. Area di rigore di Zeichen è del 74.

C’è una presenza nuova della poesia nei movimenti giovanili, dopo l’ubriacatura ideologica; si leggono poesie nelle assemblee, Lotta continua pubblica ogni giorno almeno una poesia, spesso anonima, i volantini escono spesso con citazioni di Brecht, è in voga Ginsberg e il movimento beat (Gregory Corso è in Italia). Nel 78 pubblico con Antonio Veneziani Dal fondo, La poesia dei marginali, duramente contestato dall’establishment culturale e venduto in migliaia di copie, libro che testimonia il fenomeno della poesia diffusa.

Negli anni 70 durante molti anni Elio Pagliarani tiene a Roma il suo laboratorio di poesia, affollato di giovani poeti.

Il teatro d’avanguardia ha in Italia negli anni 70 il suo periodo d’oro.

Si moltiplicano le letture di poesie, affollate di giovani: è un fatto nuovo. Si moltiplicano i gruppi di poeti. A Roma si forma un piccolo gruppo che si dà per nome “Poesia nel movimento”, in cui si leggono e si discutono le poesie che vengono scritte dai singoli membri. Questo gruppo funziona dal 75 al 78 e fa due pubblicazioni collettive. Ne fanno parte, oltre al sottoscritto, Renzo Paris, Bianca Maria Frabotta, Giovanna Sicari, Gino Scartaghiande, Tommaso Di Francesco. In questo momento di fermento culturale Cordelli e Carella decidono di organizzare il megaevento di Castel Porziano. Invitati i migliori poeti italiani (io non sono stato invitato perché molti mi consideravano ancora un selvaggio) e molti stranieri illustri (in particolare i poeti beat e poeti come Evtuscenko). Un po’ invecchiati. Il movimento beat è degli anni 50. Howl (Urlo) è pubblicato negli USA nel 56. Evtuscenko è un ex ribelle diventato un guitto. La poesia che lesse era a dir la verità spaventosamente mediocre e retorica. La distanza tra la ribellione e la retorica è un passo.

Pubblico immenso, formato in grande maggioranza da membri dei movimenti giovanili, contestatori, autonomi, indiani metropolitani, e post-sessantottini di tutti i generi. Molti giovani poeti tra il pubblico.

Dicono che si sia sparsa la voce che venga la grande Patti Smith. Non è vero. I poeti italiani, quasi tutti non abituati a leggere di fronte a un grande pubblico, sono sommersi dai fischi e non possono leggere. Piano piano si ristabilisce l’ordine e i poeti riescono a leggere, senza suscitare entusiasmo e tra continue contestazioni. Alla fine mette ordine tra la folla il vecchio Ginsberg recitando gli om.

In questo periodo di fermento culturale e di rifiorire della poesia (sempre un rifiorire debole, fragile, bisognoso di assistenza, la poesia è d’altronde non sempre adatta al grande pubblico e bisogna maneggiarla con cura) questa giovane poesia italiana non impara nulla da Castel Porziano, non cresce, non è accettata. Gli illustri poeti stranieri, che hanno già dato il meglio di sé dieci o vent’anni prima, servono solo a tener calma la gente, danno l’idea più che altro di chi viene a visitare una colonia.

Una rinascita culturale, debole, minoritaria, data in pasto a una massa di persone animate dalla rabbia della sconfitta e della frustrazione, una spettacolarizzazione di un fenomeno, la poesia, che di per sé non è spettacolare e può diventarlo solo in determinate circostanze e con molti rischi.

Io personalmente negli anni successivi ho partecipato a numerosi megaeventi in America Latina, giganteschi festival in cui a volte si legge di fronte a migliaia di persone, e ne conosco la gloria e i rischi. E i rischi in cui cade, in questa circostanze, la poesia performativa, facile preda di gente con molta voce e poco valore, che a volte spaccia per ribellione una retorica da quattro soldi. Come ho già detto, la distanza tra ribellione e retorica è spesso di un solo passo.

La poesia è minoritaria; renderla maggioritaria è possibile solo in certe determinate circostanze e comunque è una cosa che comporta grossi rischi. So che per molti Castel Porziano è un mito, ma a quel che ho visto io a Castelporziano non c’è stato un dialogo tra poeti o un dialogo dei poeti col pubblico. Ciascuno, in una situazione difficile, cercava di fare una migliore figura possibile. La nuova poesia italiana è passata attraverso Castel Porziano senza cambiare e senza crescere.

 

Carlo Bordini