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altri link per “poesia per il pubblico”: generazioni e differenze (in poesia, scrittura, politica), a-k

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“poesia per il pubblico”: generazioni e differenze (in poesia, scrittura, politica), a-k

Sulla scorta degli interventi di Elisa Donzelli (LPLC, 23 gen. 2022) e di Lorenzo Mari (Argo, 17 feb. 2022) a proposito della generazione dei nati nell’arco di tempo 1968-1980, interventi che considero qui letti e meditati, aggiungo poche brevi riflessioni.

Si tratta di appunti verso un possibile saggio, non di osservazioni strutturate:

A_
Un numero consistente di autori nati dopo il 1968 non si è trovato affatto al di fuori di una ipotesi (verificabile, a volte contraddittoria, ma pure reale) di comunità, talvolta non solo letteraria ma anche politica. Penso ai genovesi del gruppo Bibhicante (Fabrizio Venerandi, Donald Datti, Paola Malaspina e Gianluca Seimandi), agli autori che si riunivano nei primissimi anni Novanta sotto la sigla LARP (Laboratorio Aperto di Ricerca Poetica, a cui partecipavano, tra gli altri, Vincenzo Ostuni, Laura Pugno, Lidia Riviello, Simone Caltabellota, Marco Cassini, Michele Fianco), al collettivo Sparajurij (cfr. qui), alla redazione della rivista bolognese “Versodove”, all’esperimento àkusma (1999-2003, fondato da Giuliano Mesa), alla redazione di gammm, al gruppo raccolto intorno a siti come Nazione indiana o Absolute poetry, all’ensemble EscArgot (che intorno al 2009 prendeva appunto nome dal centro sociale ESC nel quartiere San Lorenzo, a Roma, ed era composto originariamente da Maria Grazia Calandrone, Maria Teresa Carbone, Andrea Cortellessa, Elisa Davoglio, Michele Fianco, Francesca Fiorletta, Marco Giovenale, Massimiliano Manganelli, Giulio Marzaioli, Tommaso Ottonieri, Cetta Petrollo, Vincenzo Ostuni, Gilda Policastro, Lidia Riviello, Sara Ventroni).

Emilio Villa e Corrado Costa, dall’archivio di Pari & Dispari, di Rosanna Chiessi _ https://www.pariedispari.org/

Nel testo 6070 (uscito nel 2020 su OperaViva ma scritto parecchi anni prima), ho fatto per me, inoltre, l’esempio congiunto della rivista “Babele” e del movimento della Pantera, a cui dovrei accorpare una collaborazione e dialogo di non breve durata con le riviste “Private” e “Il Segnale”. (P. es.: nel 1997 ho curato, sulle migrazioni e sul passaggio come identità, e in modo tentativamente non ‘neorealista’, un numero di “Private” intitolato Identità di transito, di cui si può avere un succinto saggio qui: https://www.privatephotoreview.com/1997/09/11-identita-di-transito/).

B_
Mi domando – tornando al documento su LPLC di Elisa Donzelli – se il forte legame con la scrittura poetica dei “nonni” Sereni e Fortini piuttosto che con padri assenti (o non visibili) si debba principalmente a una unicità indubitabile / totalmente inaggirabile dei due poeti, e non anche o soprattutto all’unione di tre fattori:

(1) la scelta, da parte dell’editoria di grande distribuzione, di privilegiare unicamente la lirica, o meglio le scritture assertive; (2) la scomparsa tra fine anni Settanta e metà Novanta di un numero impressionante di persone cruciali e autori definibili sperimentali: Vittorio Reta, morto nel 1977; Demetrio Stratos, 1979; Italo Calvino, 1985; Adriano Spatola, 1988; Enrico Filippini, 1988; [Antonio Porta, 1989]; Giorgio Manganelli, 1990; Carmelo Samonà, 1990; Achille Cavellini, 1990; Corrado Costa, 1991; Patrizia Vicinelli, 1991; Luciana Arbizzani, 1991; Valerio Miroglio, (1991); [Pier Vittorio Tondelli, 1991]; Stefano D’Arrigo, 1992; Germano Lombardi, 1992; Silvano Martini, 1992; Gianni Sassi, 1993; Giovanni Testori, 1993; Antonio Neiwiller, 1993; Luigi Pasotelli, 1993; Paolo Volponi, 1994; Luciano Anceschi, 1995; Franco Beltrametti, 1995; Giuseppe Guglielmi, 1995; Anna Malfaiera, 1996; Edoardo Cacciatore, 1996; [Amelia Rosselli, 1996]; Giordano Falzoni, 1998; Toti Scialoja, 1998; Vincenzo Accame, 1999; Renato Pedio, 1999, Annalisa Alloatti, 2000; nel 1986 Emilio Villa era stato colpito da ictus e conseguente afasia; mentre poco fuori dal cerchio degli anni Novanta muoiono Carmelo Bene, Emilio Tadini, Giovanna Sandri e Franco Lucentini, nel 2002, Alice Ceresa e Roberto Sanesi nel 2001; (3) l’uscita di un numero ragguardevole di volumi sereniani, presso Mondadori, a partire da Tutte le poesie, nello Specchio, nel 1986, a tre anni dalla scomparsa dell’autore. (Una seconda edizione è già del 1987). Siamo al centro degli anni Ottanta.

C_
La conclusione del decennio 1971-80 registra ben evidenti segni premonitori di ciò che anche in poesia sarebbe stato il periodo degli Ottanta: anche solo le due edizioni della Parola innamorata, 1979 e 1980, sarebbero sufficienti. Per cosa? Per parlare di ritorno all’ordine (editoriale), come minimo. A cos’altro avrebbe reagito, infatti, il gruppo ’93, se non ad una situazione di sostanziale restaurazione? (Ossia ad un tentativo di fare come se tutte le avanguardie e le sperimentazioni novecentesche, semplicemente, non fossero mai esistite).

D_
Sembra assai difficile, per esempio, soprassedere sulle scelte formali/stilistiche di Mondadori a partire dal decennio seguente la scomparsa di Montale (1981) e Sereni (1983). Tolti i cinque nomi di Zanzotto, Neri, Gramigna, Ballerini e Majorino, ai quali aggiungerei quelli dei ‘fuorilegge’ Zeichen e Bordini, e sicuramente l’hapax Balestrini (Caosmogonia, 2010), credo che un sommario elenco di autori pubblicati nello Specchio in questo trentennio parli da solo, in termini di inclinazione di scrittura (non parlo di qualità ma di modus scribendi): Valduga, Frabotta, Spaziani, Bellezza, Riccardi, Lamarque, Giudici, Conte, Mussapi, Vitale, Raboni, De Angelis, Anedda, Dal Bianco, Bacchini, Cucchi, Risi, Erba, Orelli, Buffoni, Bevilacqua, Zavoli, Benedetti, Pecora, Rondoni, Copioli, Calabrò, Fiori, Villalta, Cerami, Ramat, Deidier, Bona, Theóphilo, Ruffilli. Nulla che anche solo lontanamente accenni a una sintonia con quel formidabile cambio di paradigma che – iniziato tra fine anni Cinquanta e primissimi Sessanta – dopo il ’68 e dopo la selva di sperimentazioni e laboratori anche verbovisivi degli anni Settanta avrebbe continuato a lavorare (esistere!) pur venendo recisamente radicalmente aggredito e negato (per non dire asfaltato) dall’editoria di grande distribuzione e dalla pubblicistica già definibile “generalista”.

E_
Per la “bianca” di poesia Einaudi il 1980 è uno degli anni della ristampa de Gli strumenti umani, di Sereni, e di Foglio di via e altri versi, di Fortini. Tra gli anni Ottanta e la metà dei Novanta escono nella collana libri di Cavalli, Luzi, De Angelis, Orengo, Naldini, Ortesta, Ottieri, Bufalino, Erba, Valduga, Bona, D’Elia, Raboni, Merini, Romano, Piersanti, per arrivare al 1994 di Composita solvantur, testamento di Franco Fortini. Se osserviamo invece la vicenda dei Novissimi, notiamo che il libro nato nel 1961 era stato accolto in Einaudi nel 1965, per arrivare a un'”ultima” edizione (guarda caso) nell’anno-soglia 1979. Si entra poi in un ventennio ben abbondante di assenza dalle librerie italiane. La ristampa successiva porta la data del 2003. (Ed è tutt’ora l’ultima, in senso assoluto – parrebbe).

F_
Ma in casa Garzanti? Dal 1980 al 1995: Penna, Bemporad, Parronchi, Romagnoli, Cerami, Sereni (Stella variabile, opera accresciuta rispetto alla prima edizione comparsa in tiratura limitata), Caproni, Bertolucci, Cima, Canali, Fiore, Mussapi, Ramat, Ruffilli, Levi, Morante, Sanesi, Luzi, Guidacci, Pozzi, Lamarque, Bellezza, Spagnoletti, Turoldo, Giudici, Ottieri, Pasolini, Bacchini, Rebora, Erba, per citare solo alcuni.

G_
Quali autori non allineati trovava in scaffale il lettore ventenne nel 1989-90? Ipocalisse, di Balestrini, era uscita nel 1986 da Scheiwiller (due anni dopo il ‘forzato’ periodo francese dell’autore, 1979-1984). Sempre da Scheiwiller, le Osservazioni sul volo degli uccelli (1988) e nell’87 per Becco giallo Il ritorno della signorina Richmond. La prima edizione dell’Orda d’oro, di Balestrini e Moroni, esce nel 1988. Nel 1989 nasceva a Milano il Gruppo ’93; e, a cura di Mario Lunetta e Franco Cavallo, usciva Poesia italiana della contraddizione, 350 pagine pubblicate non certo da Einaudi, Garzanti o Mondadori, ma da Newton Compton. Ed era in attività un gruppo agguerrito di critici e autori, capaci di tentare di contrastare il kitsch di un orfismo montante, e tuttavia non in grado di stabilire un legame solido con la Francia di Anne-Marie Albiach (classe 1937), Denis Roche (nato anche lui nel ’37), Dominique Fourcade (1938), Emmanuel Hocquard (1940), Danielle Collobert (1940), Claude Royet-Journoud (1941), Christian Prigent (1945), Liliane Giraudon (1946), Jean-Marie Gleize (1946), Anne Portugal (1949), Vannina Maestri (1954), Jacques Sivan (1955), Olivier Cadiot (1956), Éric Houser (1956), Jean-Michel Espitallier (1957), Christophe Tarkos (1963), Nathalie Quintane (1964), Christophe Marchand-Kiss (1964), Charles Pennequin (1965), Jérôme Mauche (1965), e di riviste come “Nioques”, “TXT” , “Java” e molte altre. Quasi tre generazioni di autori passati sotto silenzio. Un legame o scambio avrebbe invece permesso la formulazione di percorsi sperimentali non necessariamente centrati sulla lingua come fucina primaria.
Un geniale Giuliano Mesa pubblicava uno dei suoi libri migliori, I loro scritti, nel 1992 per Quasar.

H_
Cosa trovava in scaffale un lettore ventenne nel 1999-2000? Poco, se non nulla, di quanto appena elencato, in termini di sperimentazione. Molto, invece, da Einaudi e Mondadori (i nomi fatti). Era pressoché trascorsa l’avventura del Gruppo ’93, chiusa la rivista “Baldus” (1990-1996). A dare altri parametri (tuttavia non “d’avanguardia”) rispetto al mainstream poteva pensare nel 1995 la raccolta delle Opere di Carmelo Bene, uscita per Bompiani. Dieci anni prima, nel 1985, era comparsa la seconda edizione del Waste Land di Eliot nella traduzione di Alessandro Serpieri (risalente all’82). L’opera di Umberto Eco proseguiva, sul versante critico-filosofico, in direzioni proficue con tre opere fondamentali come Sugli specchi (1985), I limiti dell’interpretazione (1990) e Kant e l’ornitorinco (1997). In poesia il 1995 era l’anno del meridiano di Vittorio Sereni.
Mancano moltissimi tasselli al quadro, ma i pochi raccolti fin qui immagino diano un quadro limpido della situazione.
Sia chiaro che in questa sede non si oppongono autori di ricerca ad autori assertivi (o non solamente). Si vuole semmai suggerire una banalità di base: i lettori e poi autori che avevano vissuto la propria formazione negli anni Settanta-Ottanta avevano potuto incontrare un’editoria e un quadro di conflitti che i nati successivamente purtroppo non avrebbero avuto a disposizione. (In 6070 faccio l’esempio, credo significativo, degli sceneggiati televisivi fruibili negli anni Settanta, radicalmente diversi rispetto a ciò che avrebbe elargito la tv commerciale nel decennio successivo).

I_
Ci interrogheremo sul ruolo della grande distribuzione libraria per come poi si è configurato tra anni Novanta e anni Zero? Vale la pena ricordare la chiusura delle decine e decine di librerie indipendenti o di catena (Rinascita, per nominarne solo una) negli anni Zero? Quel che è successo dal 1994 a oggi nella politica e nell’economia italiane è del tutto ininfluente sull’asse Mondadori-Einaudi-Rizzoli-Bompiani?

J_
La (mondadoriana) fortunata e meritoriamente ristampatissima antologia di poesia curata da Pier Vincenzo Mengaldo, del 1978 (daccapo: sulla soglia degli anni Ottanta), è stata nei decenni ed è tutt’ora in prima linea nella determinazione di un canone assertivo nelle scritture in versi di secondo Novecento, insieme alle periodiche uscite dell’Almanacco dello Specchio, e all’antologia Cucchi-Giovanardi Poeti italiani del secondo Novecento (Meridiani Mondadori, 1996, alla quarta edizione già nel 2001, sesta nel 2011; e Oscar Mondadori, edizione aumentata, 2004, seconda ristampa 2010).

K_
Un posto particolarmente rilevato dovrebbero occupare, in un resoconto meno lacunoso e sfilacciato di questo, non solo le antologie ‘serie’ (massime le due del 2005, Parola pluraleDopo la lirica) e i tristi tentativi antologici del sottobosco, ma pure i resoconti dei critici che (particolarmente presso Carocci) negli ultimi anni si sono spesi sul campo – appunto – del canone. (Canonizzando quasi sempre il già canonizzato dall’editoria). Ma qui lo spaziotempo e l’energia disponibile si oppongono, e rinvio.

Se nel 1979 crolla il palco dei poeti di Castel Porziano, per eccesso di “pubblico della poesia”, poco dopo entra in scena la “poesia per il pubblico”: la re-poésie, come direbbe Gleize. Le movenze e retoriche dell’assertività.

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l’estate del settantasei – un ridicolo romanzetto di formazione / alberto d’amico. 2021

Viene a prendermi sotto casa Sandra, noto l’accostamento tra una camicia rosa cipria e un maglione verde muschio, un accordo cromatico ormai per me un caposaldo estetico. Camminiamo vicino all’ufficio postale progettato da Adalberto Libera, Sandra, i due Maurizii e Laura. Sandra dice, riferendosi a me, qualcosa del tipo – Vedi, lui non si vergogna di nulla, potrebbe anche spogliarsi per strada davanti a tutti. – Non so se fosse un complimento oppure no, fatto sta che la presi in parola e iniziai a togliermi la camicia patchwork che mi aveva regalato mio zio e la maglietta della salute che ancora portavo, fermandomi appena dopo aver slacciato i bluejeans. In quei giorni stiamo organizzando un concerto nella terrazza di fronte alla Piramide, proprio come i fab four appena sette anni prima, non per nulla il nome del nostro gruppo era The Spiders. Tre ragazzini tredicenni, due di nome Maurizio e uno che si chiama Alberto, una formazione semplicissima, basso, chitarra e batteria e un pubblico di amici e parenti. Non sapevo suonare un granché, come confermò l’espulsione dal gruppo di qualche mese più tardi. Ma la serata andò bene, anche perché oltre al pubblico menzionato venne anche la polizia, chiamata da qualcuno infastidito dallo smiagolamento degli strumenti elettrici e dalle mie percussioni. Dopo una breve ramanzina i due agenti se ne vanno, ma tanto avevamo già finito il repertorio e poter dire di avere avuto le forze dell’ordine a interrompere il concerto era fico. Poi alla fine di Giugno eccomi a Spoleto con la mia famiglia, come di consueto nel periodo del festival dei due mondi. Mio zio durante il festival prendeva in affitto anche un locale dove esponeva i suoi quadri. Quell’anno divise lo spazio della galleria con Sergio Ferrero di Muresanu, artista, campione di windsurf e playboy, autore di dipinti in stile naif su vetro. Ero in fibrillazione perché si preannunciava la visita di una sua fiamma, l’attrice francese Annie Belle, di cui avevo visto incredibili foto con capelli cortissimi biondo platino. Sergio Ferrero ci portava in giro per la cittadina umbra con un’incredibile Mercedes d’epoca. Quell’anno avevo appeso al muro nella grande cucina il manifesto di James Dean che regalava Ciao 2001. Quell’anno avevo appeso il manifesto di Dyane, l’auto in Jeans.

Quell’anno sempre in cucina era appeso il manifesto del festival, firmato da David Hockney. Quell’anno in casa era appeso anche un altro poster con la pippa di Khalil Gibran che iniziava con: I tuoi figli non sono tuoi, sono i figli e le figlie della vita stessa … – Quell’anno a Spoleto c’era anche Monther Al Soltan, artista iraqueno che prepara uno splendido riso alle melanzane. Quell’anno mio nonno recita le sue filastrocche e io le registro con il Philips a cassette regalo della cresima. Nella pagella di terza media i miei insegnanti (dovrei dire le mie insegnanti perché l’unico maschio era quello di educazione fisica), scrivono che sono molto portato per il disegno suggerendomi studi artistici. Non nego che ci rimango male, educazione artistica è veramente una delle materie meno importanti, avrei preferito che parlassero della mia predisposizione all’italiano e alla storia oppure alla matematica e alle scienze, consigliandomi il classico o lo scientifico. Però mio zio era un pittore e la sua vita, tra donne e mondanità varie non era per niente disprezzabile. Certo non mi sentivo bravo come lui ma proprio quell’anno mi lanciai in una serie di ritratti dei miei familiari che venivano da loro apprezzati. La mia famiglia era nel pieno della tragedia della malattia di mia madre ma quell’anno dei sette non fu certo il peggiore. A Spoleto si mangiano gli strangozzi al tartufo dal Panciolle, si seguono al Caio Melisso i concerti di mezzogiorno con l’aperitivo in piazza, si assiste agli spettacoli di balletto al Teatro Romano. Quell’anno a Spoleto c’è Andy. Con i capelli lunghi, la chitarra e il sacco a pelo in spalla, insieme alla sua compagna di cui non ricordo il nome viaggiava per l’Europa. Forse era di Edimburgo ma non ne sono convinto, forse anche no, come si dice ora. Per me era un mito, un vero hobo giramondo. I suoi capelli oltre a essere lunghi erano anche con i boccoli e striati di biondo, gli occhiali erano tondi come pretendeva la moda alternativa e il gilè a contatto con le sue spalle nude e abbronzate. Il concerto di Andy nella galleria fu un suo regalo dello zietto per me, con il Philips registrai i brani ma le pile erano scariche, quindi una volta cambiate la voce correva molto veloce. Ricordo Cat Stevens, i Rolling e poi la sua versione di Let it be, che cantammo tutti insieme, con Giulia e un altro musicista che aveva suonato addiritura con il Perigeo. In quei giorni arriva anche in moto da Roma Gigi Di Sarro, grande amico di mio zio, pittore e medico insegnava anatomia all’Accademia di Belle Arti. Le possibilità di proseguimento degli studi seguendo l’indirizzo artistico per me erano due, iscrivermi all’Istituto d’arte oppure all’artistico a via Ripetta, Gigi, dopo aver riflettuto, con quel suo modo caldo, appassionato, leggermente enfatico e molto affettuoso mi dice, se t’iscrivi all’Istituto t’insegneranno le tecniche per dipingere e decorare, se invece scegli il liceo artistico puoi diventare intelligentissimo oppure matto. Cosa poteva scegliere un povero ragazzo disperatamente alla ricerca di qualcosa che gli fornisse un po’ di fascino di cui si sentiva sprovvisto? La casa di Spoleto era un continuo porto di mare, Anna la bionda biologa fidanzata con mio zio, Viviana, Mario e, mia zia con Mariolina. E poi arrivò Sandra. Lei frequentava gli scout, era abituata a dormire nel sacco a pelo e scelse di dormire nella nostra cucina. La cucina della casa di via Aurelio Saffi era una perfetta stanza degli ospiti, con letti di fortuna. Mi accorgo ora che l’atmosfera di quella vacanza la ritrovai in parte nel film di Bertolucci, e Sandra somigliava un po’ alla protagonista, quella che ballava da sola. I brevi giorni in cui Sandra rimase con noi furono per me carichi di turbamento. Un pomeriggio io e Sandra andammo al ponte, lo attraversammo e ci sedemmo sui ruderi. A un tratto inizia a piovere, lei era in hot pants. La prima goccia le bagna la gamba. Coraggiosamente inizio con il dito a spandere quella goccia e dopo qualche secondo immobile nel tempo, simile alla scena di Jep che nuota nel flashback a Capri, c’incamminiamo verso casa per non bagnarci. Tornammo a Roma in macchina, io e lei eravamo seduti dietro e l’accompagnammo a casa di sera. Ho il vuoto di cosa accadde dopo, probabilmente come sempre andammo in Abruzzo, ma il primo Settembre morì mia nonna paterna e tornammo a Roma di corsa. Nonna Maria mi voleva molto bene, mi trascinava su una coperta per il corridoio di casa sua, mi canticchiava filastrocche ormai demodé, conservava un accento romano ormai storico, diceva “ciavo” invece di ciao, e la mattina diceva “vado a Roma”, memore di quando la sera chiudevano la porta San Paolo e le mura delimitavano la città dalla campagna. Soprattutto ho il ricordo indelebile di quando andavamo a trovare nonno Alberto al San Camillo dopo l’operazione alla cataratta o forse il secondo infarto e prima di entrare lei mi compra Devil numero undici.

Durante il funerale inizio a sentire dolori molto forti all’addome e mi trovo dopo poco in ospedale, operato la sera stessa per un’appendicite quasi peritonite. Il mio primo ricovero non fu affatto male, una vita in comune, nelle camerate del Regina Margherita a Trastevere, con il suo bel chiostro. Lì conobbi uno un po’ più grande, forse un sedicenne, che oltre a iniziarmi alla lettura di Linus mi mise a parte dell’informazione che noi potremmo sopravvivere solo cibandoci di latte e arance, una strampalata teoria, una delle tante diffuse in quegli anni, eravamo immersi in uno spirito ingenuo e bizzarro che molti anni dopo vidi descritto nel film Idioti di Lars von Trier e nella strana docufiction Anna di Alberto Grifi. Venne Sandra a trovarmi e mi portò Sulla strada, che lessi con una certa difficoltà devo ammettere, forse avevano fatto bene a non suggerirmi il classico. Dimesso dall’ospedale mi ritrovai con il peso al mio minimo storico, sotto i sessanta chili, con felicità, perché ho sempre invidiato la magrezza al pari dei capelli mossi.
A settembre mio zio riunì tutta la banda di Spoleto nel suo giardino a piazza Bologna, Andy e la compagna di passaggio a Roma, Giulia Pignatelli e venne anche Sandra. In una foto con sguardo mesto penso ai casi miei, al profumo dei tigli nella Spoleto deserta del dopofestival, nella mia camicia pachwork, probabilmente sto pensando ai cambiamenti in arrivo, il liceo, l’abbandono della batteria come strumento in favore della chitarra ma soprattutto una scelta che si stava palesando come radicale, abbandonare la riga da un lato che conservavo fin dall’asilo in favore della riga in mezzo, come John Lennon.

Alla fine dell’estate e ancora oggi serbo il ricordo del profumo inebriante dei tigli di Spoleto

Il festival finì come ogni anno e noi, tornati a Spoleto, potevamo inebriarci dell’odore dei tigli.

 

oggi: “l’estrema fedeltà”. incontro con giuseppe garrera e le sue stanze delle meraviglie: percorsi letterari e artistici, collezionismo, trouvailles, materiali testuali, visivi, verbovisivi

L’ESTREMA FEDELTÀ

Incontro con Giuseppe Garrera e le sue collezioni di scritture, oggetti e materiali verbovisivi: un laboratorio (e un ‘delirio’) in presa diretta, OGGI lunedì 17 giugno, alle 17:30, all’UPTER, in via Quattro novembre 157, Roma, nel contesto del Corso “Verso dove? – Orientarsi nella poesia contemporanea”, a cura di Marco Giovenale e Valerio Massaroni.

Resoconto sugli ultimi inseguimenti e ritrovamenti: la figura di Giovanna Bemporad; le “voci” dei poeti (dunque dischi e incisioni nel sogno del corpo della poesia); il progetto degli anni Sessanta di fondare una “canzonetta d’autore” con il contributo di scrittori e poeti; gli orizzonti visivi e vocali delle scritture di Ilse Garnier e Giulia Niccolai; la sparizione per l’edificazione di una propria biografia sognata in Elsa Morante.

Verranno mostrati materiali rari, originali e ancora da indagare.

Giuseppe Garrera farà partecipare gli ascoltatori al suo laboratorio di collezionista e lettore, illustrando cosa sta inseguendo ora, in cosa si è imbattuto e quali fissazioni e desideri lo stanno dominando, quali viaggi di scoperta ha intrapreso e perché, mostrando in modo assolutamente concreto e oggettuale che in realtà le avventure di un lettore sono sempre peripezie e perlustrazioni nei reami dei propri sogni.

§

Giuseppe Garrera è musicologo, storico dell’arte e collezionista, coordinatore scientifico del Master in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali della Business School del Sole 24 Ore.

La recente mostra al Wegil – Roma, L.go Ascianghi – Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia, a sua cura (con Igor Patruno), è stata realizzata con suoi materiali fotografici, libri e dischi di e su Pasolini, Bertolucci, Caproni, Penna, Ungaretti, Moravia, Bassani, Gadda, Ortese, Morante, Rosselli, Ginzburg, Gatto, Maraini, Siciliano, Bellezza, Paris, per citarne solo alcuni (https://slowforward.net/2019/03/26/poeti-a-roma-resi-superbi-dallamicizia-al-wegil-roma-largo-ascianghi-5-dal-29-marzo/)

§

“L’ESTREMA FEDELTÀ” È EVENTO APERTO AL PUBBLICO
ingresso libero
lunedì 17 giugno 2019, ore 17:30
UPTER
via Quattro Novembre 157 – Roma

https://www.facebook.com/events/2344130785632735

[*] Immagine in alto:
BEN VAUTIER, Housse chaussette originale – S’adapte à tous les modèles
(Collezione Giuseppe Garrera)

“l’estrema fedeltà”. incontro con giuseppe garrera e le sue stanze delle meraviglie: percorsi letterari e artistici, collezionismo, trouvailles, materiali testuali, visivi, verbovisivi

L’ESTREMA FEDELTÀ

Incontro con Giuseppe Garrera e le sue collezioni di scritture, oggetti e materiali verbovisivi: un laboratorio (e un ‘delirio’) in presa diretta, lunedì 17 giugno, alle 17:30, all’UPTER, in via Quattro novembre 157, Roma, nel contesto del Corso “Verso dove? – Orientarsi nella poesia contemporanea”, a cura di Marco Giovenale e Valerio Massaroni.

Resoconto sugli ultimi inseguimenti e ritrovamenti: la figura di Giovanna Bemporad; le “voci” dei poeti (dunque dischi e incisioni nel sogno del corpo della poesia); il progetto degli anni Sessanta di fondare una “canzonetta d’autore” con il contributo di scrittori e poeti; gli orizzonti visivi e vocali delle scritture di Ilse Garnier e Giulia Niccolai; la sparizione per l’edificazione di una propria biografia sognata in Elsa Morante.

Verranno mostrati materiali rari, originali e ancora da indagare.

Giuseppe Garrera farà partecipare gli ascoltatori al suo laboratorio di collezionista e lettore, illustrando cosa sta inseguendo ora, in cosa si è imbattuto e quali fissazioni e desideri lo stanno dominando, quali viaggi di scoperta ha intrapreso e perché, mostrando in modo assolutamente concreto e oggettuale che in realtà le avventure di un lettore sono sempre peripezie e perlustrazioni nei reami dei propri sogni.

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Giuseppe Garrera è musicologo, storico dell’arte e collezionista, coordinatore scientifico del Master in Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali della Business School del Sole 24 Ore.

La recente mostra al Wegil – Roma, L.go Ascianghi – Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia, a sua cura (con Igor Patruno), è stata realizzata con suoi materiali fotografici, libri e dischi di e su Pasolini, Bertolucci, Caproni, Penna, Ungaretti, Moravia, Bassani, Gadda, Ortese, Morante, Rosselli, Ginzburg, Gatto, Maraini, Siciliano, Bellezza, Paris, per citarne solo alcuni (https://slowforward.net/2019/03/26/poeti-a-roma-resi-superbi-dallamicizia-al-wegil-roma-largo-ascianghi-5-dal-29-marzo/)

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“L’ESTREMA FEDELTÀ” È EVENTO APERTO AL PUBBLICO
ingresso libero
lunedì 17 giugno 2019, ore 17:30
UPTER
via Quattro Novembre 157 – Roma

https://www.facebook.com/events/2344130785632735

 

[*] Immagine in alto:
BEN VAUTIER, Housse chaussette originale – S’adapte à tous les modèles
(Collezione Giuseppe Garrera)