https://leserpent.wordpress.com/2024/02/14/die-leere-mitte-issue-20/
https://archive.org/details/DLM20
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A differenza di un buon numero di altre realizzazioni dello stesso artista, mi piace molto questo murale perché non ha nessuna intenzione comunicativa ‘normale’. Innanzitutto è complesso, è formato da numerosi elementi grafici, fitti, che hanno richiesto non poco tempo per essere organizzati: segno che l’autore si è impegnato coscientemente, intenzionalmente, a evitare i due classici clichés di tutti i graffiti.
Voleva cioè evitare tanto l’uso alfabetico o simil-afabetico quanto il bel disegno, magari colorato, la pittura.
Non si tratta cioè di un’opera lasciata a metà sul cammino verso la comunicazione alfabetica o …cromosemantica. Lavora su un proprio fronte, che è altro. (Ma non è nemmeno asemico).
Non fa calligrafia né del segno verbale né del segno pittorico. Né, a ben vedere, si caccia nei vicoli ciechi del trash neo-neoespressionista.
L’impressione è semmai quella di trovarsi davanti a una macchina-ragno, accattivante e insieme ostile, perfettamente disinteressata ai nostri canoni estetici.
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E non è un caso che due tra i vari tag contenuti nell’immagine siano @antistylers e @othersidegraff, ossie due luoghi di instagram dove il bel disegno e la bella (ma anche brutta) scrittura sembrano avere poco spazio.
https://www.instagram.com/p/B_46d-1qULz/
Sandro Ricaldone
TOMAS SCHMIT
Making Things
Drawing Action Language 1970–2006
Edited by Jenny Graser and Barbara Wien. Text by Jenny Graser, Dagmar Korbacher, Kasper König, Tomas Schmit, Dorothy Iannone, et al.
Hatje Cantz, 2021
When the European Fluxus group split in 1964 after two eventful years, Tomas Schmit, who had been involved in the group’s actions as a performer, gradually withdrew from performing. From 1966 he devoted himself primarily to writing and drawing. But the idea of the stage as a place where an action is performed in front of and with an audience did not vanish from his art. From then on, Schmit staged “the performance of drawing” on paper. In this catalogue, the close interlocking of performance and drawing in Schmit’s entire oeuvre is examined for the first time. The publication further reflects on the manifold spectrum of his drawing and language art spanning almost 40 years.
TOMAS SCHMIT (1943–2006) came to art as an autodidact, learning from Fluxus artists such as Nam June Paik, George Maciunas, Arthur Köpcke, and Ludwig Gosewitz, with whom he began performing in 1962. His drawings provide complex, often humorous commentary and engage with subjects as diverse as language, logic, cybernetics, biology, behavioral science, and perception.