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twentytwenty extended conference: programma del 16 febbraio

16 febbraio, Polisemie, h. 18.

https://polisemie.it/programma/

Aurora Firţa (Universitatea din București), Ingredienti della poesia d’inizio secolo

Allison D. Grimaldi Donahue (European Graduate School, CH), Taking Ideas Out for a Walk: Poetry and Contemporary Art

Poster: Giorgiomaria Cornelio (Trinity College Dublin), Tra il detto e la carie. Eredità e fantasma nella poesia iper-contemporanea

oggi, ore 18, “dovuto a carlo bordini”: incontro online dalla libreria eli

OGGI, sabato 13 febbraio, alle ore 18:00,
il gruppo Parlamenti e la libreria ELI (Esperienze Libri Idee)
curano l’incontro

Dovuto a Carlo Bordini.
Incontro tra scrittori, critici e storici

Diretta sulla pagina facebook (visibile anche a chi non ha un account fb)
https://www.facebook.com/libreriaeliroma

Intervengono in libreria:
Paolo Morelli (scrittore), Massimo Barone (scrittore), Giorgio Patrizi (critico)

Intervengono da remoto:
Beppe Sebaste (scrittore), Fabio Ciriachi (scrittore), Filippo La Porta (critico e saggista), Franca Rovigatti (scrittrice), Luigi Cajani (storico), Marco Giovenale (scrittore), Rita Iacomino (insegnante e poetessa)

Carlo Bordini è stato poeta, narratore e storico, tradotto, tra l’altro, in Francia, Spagna e America Latina. Le poesie sono pubblicate nel volume I costruttori di vulcani. Tutte le poesie 1975-2010 (Luca Sossella editore). Una consistente parte delle opere in prosa è contenuta nel volume Difesa berlinese (Luca Sossella editore). Altri testi in prosa sono stati pubblicati da Empiria (Pezzi di ricambio, 2003); da Luca Sossella editore (Non è un gioco. Appunti di viaggio sulla poesia in America Latina, 2008); da La Camera Verde (I diritti inumani e altre storie, 2009). In italiano e inglese è uscito per le edizioni Zona l’ebook I gesti / Gestures, tradotto da Nail Chiodo.
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quattro malatini / differx. 2009

https://slowforward.files.wordpress.com/2021/02/4testi_mg_in_lalibellula_1_dic2009.pdf

testi usciti su “La Libellula”, anno I, n. 1, dicembre 2009, pp. 175-176

(rivista non più online come sito; ma il fascicolo rintracciabile all’indirizzo
docplayer.it/8336935-N-1-anno-1-dicembre-2009.html)

2 feb., twentytwenty extended conference: secondo incontro

2 febbraio, dalle ore 18

TwentyTwenty extended conference

Stefano Colangelo (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna), Come lavorare sulla poesia di oggi

Simone Grossmann (Bar Ilan University, Ramat Gan), Intuitisme et dialogisme entre les arts dans la poésie de Hédi Bouraoui

Poster: Irene Sabetta (Alatri, Roma), Ombre e trasparenze dai contorni imprevedibili: Gaetano Delli Santi, Franco Falasca

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evento facebook:
fb.me/e/dfhB8f8fw
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giuseppe garrera intervistato da nero (sul collezionare)

L’intervista (in inglese) sul sito di NERO:
neroeditions.com/the-vertigo-of-collecting/

In italiano:

NERO: Libri, documenti e testi spesso sono i materiali più complessi da esporre e questo dipende in particolare dalla loro fragilità. Questo aspetto porta nella maggior parte delle volte ad optare per un’esposizione parziale e non soddisfacente: intrappolati sotto delle teche difficilmente è possibile fruirne in modo completo. Data la sua esperienza come curatore di diversi progetti espositivi qual è la sua opinione rispetto a tale questione? È possibile trovare delle modalità di fruizione più soddisfacenti?

Giuseppe Garrera: In realtà, a ben guardare, è un problema che si pone raramente. Libri, documenti, materiali cartacei, ephemera di cui mi occupo io soprattutto, degli anni sessanta e settanta, possiedono un carattere costitutivo: sono altamente visivi, e cioè l’artista tende a convertire in visione ogni parte del manufatto (perché sia veduto e non letto): sono produzioni visionarie e la declinazione migliore per molti di questi materiali è proprio appunto quella di intenderli come oggetti, sculture, avventure per gli occhi con tutte le impaginazioni e le soluzioni grafiche innovative e poetiche che ne scaturiscono. Funzionano per l’esposizione, provengono dal mondo del pensiero visivo e non leggente. Munari ci ha insegnato che in primo luogo un libro è un oggetto da vedere e la cui funzione non secondaria può essere anche solo quella di essere veduto e mai aperto o letto: la sua presenza è un discorso sulle forme e le idee della vista. Bruce Chatwin, per quello che purtroppo si rivelerà il suo ultimo libro, pretese e ottenne una carta, una impaginazione, una misura dei margini e delle interlinee e una scelta dei caratteri della pagina tali che il suo libro, come un testo sufi, potesse essere anche solo contemplato come un’incarnazione tipografica e un assoluto. Raccomanderei a chiunque di avere sotto gli occhi questo libro, Utz, di Chatwin, che poi, non a caso, è un libro, forse il miglior libro, dedicato al collezionare e alla vertigine del collezionare.
I libri, i documenti, le pubblicazioni e i materiali effimeri dell’arte di ricerca vanno sentiti e intesi nella loro prima se non primaria istanza come apparizioni, epifanie, direi soprattutto manomissioni ed esperimenti intorno alle forme tradizionali e convenzionali della carta: si tratta di sognare il libro, il catalogo, l’invito, la pagina di rivista, la parola stampata, non di mostrarli.

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poesia e narrativa devono essere sperimentali?

da un’intervista a Francesco Muzzioli, in “versodove”, n. 19, sett. 2018:

D: Ritieni che la poesia, ma anche la narrativa, debbano essere manifestamente sperimentali per poter aver ascolto critico oggi?

R: Fermiamoci un attimo sul termine “sperimentalismo”, sul quale grava un controverso dibattito: c’è chi sostiene una divaricazione tra avanguardia e sperimentalismo in favore dell’avanguardia (solo i gruppi di avanguardia sarebbero radicalmente antagonisti, mentre gli sperimentatori isolati sarebbero più moderati e rientrerebbero facilmente nel seno dell’evoluzione letteraria) e chi sostiene una netta divaricazione a favore dello sperimentalismo (solo gli sperimentatori farebbero opere valide, mentre i gruppi di avanguardia farebbero solo progetti-proclami e testi insignificanti proprio perché rigidamente dipendenti da quelli). Per me “avanguardia” e “sperimentalismo” sono sostanzialmente sinonimi, sperimentalismo non è che la definizione della testualità dell’avanguardia.
Ovviamente, il termine “sperimentalismo” va depurato da qualsiasi pretesa di scientificità: non si tratta di mero meccanismo (inserito il materiale nel procedimento si ottiene il testo), bensì di ricerca inesausta, non garantita in alcun modo. Un simile sperimentalismo consente di comprendere nell’avanguardia anche gli sperimentatori isolati, non inseriti negli organigrammi, marginali o espulsi dai raggruppamenti ufficiali, e però dotati di forte radicalismo. Cosi può accadere di considerare Lucini e Palazzeschi più avanguardisti dello stesso Marinetti, di valutare non solo Breton ma anche Artaud, di inserire nel novero dei “fari” figure come Brecht, Joyce, Beckett e altri, la cui ricerca (chiamiamola così, con un altro termine equivalente di sperimentazione) possiede caratteri “singolari” decisamente importanti.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa, vengo alla risposta. La risposta è sì. I testi sperimentali sono, a parer mio, gli unici testi letterari degni oggi di questo nome, gli unici che valga la pena di leggere e di cui occuparsi in sede critica. Sono gli unici testi che si muovono, che danno “segnali di vita”. Se poi con l'”ascolto” s’intende quello delle case editrici, la prospettiva della pubblicazione, allora capisco che la risposta è no: per un aspirante narratore che si rivolge speranzoso all’editore, nella maggior parte dei casi una tecnica sperimentale è altamente sconsigliabile…