Archivi tag: soggetto

messaggi ai poeti / utili sussidi / vediamo se riesco a spiegarmi (con un cb ennesimo eccetera)

ma poi l’avete capita questa differenza tra talento e genio, questa faccenda dei SIGNIFICANTI, o CB deve resuscitare e farvi un disegno?

“messaggi ai poeti”, “utili sussidi” e “vediamo se riesco a spiegarmi” erano e sono tre tag sotto cui ho cercato anzi cercai (a vuoto) di versare la cognizione della centralità di talune quistioni di base nella meninge dell’italo medioscrivente.

ah, e poi ancora: 

copernico vs. tolomeo / carmelo bene

carmelo bene: frammento audio su io e soggetto (dell’inconscio) nel libro “‘l mal de’ fiori”

il tealtro. carmelo bene (1968) e la critica dalle 22 alle 24. (a mio avviso non parla solo del teatro)

carmelo bene: frammento audio su io e soggetto (dell’inconscio) nel libro “‘l mal de’ fiori”

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per chi desidera ascoltare l’intero intervento di CB, raccolto da Doriano Fasoli nel maggio 2000:

Un’intervista di Fasoli a CB è leggibile all’indirizzo https://www.riflessioni.it/conversazioni_fasoli/carmelo_bene_2.htm oppure in formato pdf qui: https://slowforward.files.wordpress.com/2024/01/doriano-fasoli-intervista-carmelo-bene.pdf
& https://slowforward.files.wordpress.com/2022/09/doriano-fasoli-intervista-carmelo-bene_-giugno-2005.pdf

Quindi fare i conti col linguaggio senza un io. Un iismo. Quello lo lasciamo agli asini.
Ma non se ne può più d’uno stucchevole degli affetti, dell’anima bella, della “postal cartolin”, degli innamorati. Tutto ciò appartiene a un codice dell’imbecillità, della mediocrità…
Nel dopo-Joyce, …per esempio, l’identità: tutta per aria. Salta tutto. È già saltata.

https://slowforward.net/2022/09/09/mal-de-fiori-cb-conversazione/

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carmelo bene – giorgio colli, un incontro con federico primosig – fuori orario

Qualche parola sui rapporti tra Giorgio Colli e Carmelo Bene prima della messa in onda di Modi di Vivere – Giorgio Colli del 1980, all’interno della nottata del 9 aprile 2022 di “fuori orario” dedicata a Carmelo Bene. A cura di Fulvio Baglivi.

https://slowforward.net/2020/07/13/modi-di-vivere-giorgio-colli-una-conoscenza-per-cambiare-la-vita-mauro-misul-marco-colli-1980/

phonè, delirio. riascolto

Per l’ennesima volta: da riascoltare, rivedere:
https://youtu.be/zhcnHRMXZ94

In incipit la distinzione Tolomeo/Copernico (e la presa d’atto che nonostante tutto, “in vent’anni”, ancora il sistema dominante, anzi unico, almeno in Italia, è quello tolemaico).
Poi la brevissima introduzione di Maurizio Grande, molto precisa nell’enunciare la separazione e incompatibilità tra Io e soggetto. (Più che chiaramente evidente in La voce di Narciso, Il Saggiatore, 1982: cfr. la nota di M.G. riportata nelle Opere, Bompiani, 1995 e 2008 [3], pp.993-994).

Nel video soprattutto riascoltare da 4′ 35”: tutto.

Qui solo un frammento:
“il soggetto è bambino, quindi onnipotente, è un altro fatto (da non confondersi con l’io), che non rappresenta, non vuole conflittualità a teatro, non vuole dialettica non vuole mediare nulla, non vuole educare, ma soprattutto è capace di diseducare. Ecco, ecco l’indisciplina della poesia a teatro”.

pagine estive (o quasi) che vanno bene anche per l’autunno _ (19) poche ingenuità su “dopo il simbolico”

e se si stesse passando da una fase antropologica di pensiero simbolico a una fase connotata da un altro tipo di pensiero?

ovviamente nel macro-contenitore |il simbolico| sto facendo passare o entrare e stare cose che non sono strettamente legate al simbolo, ma anche alle – differenti – tracce e forme e modi del paragone, dell’allegoria, genericamente, così come dei vettori che capovolgono o problematizzano (o allontanano da) quella corrispondenza o possibilità di corrispondenza: quindi la dissimmetria, l’antitesi, la differenza stessa –

volendo: il duale

e – con questo – l’implicito cursore che all’interno di una visione/visualizzazione di un duale si mette in movimento, facendo spola e costruendo non solo ponti ma direzioni terze, quarte, ennesime.

ora: se questo movimento cursorio fosse “in crisi”? (una crisi più profonda di quella che evidentemente gli dà comunque già fondamento?) (dato che pensare un cursore pacificato è pensare un ossimoro).

allora: se questo momento ancora animale nell’anthropos stesse mutando pelle, staccandosi da sé? se non ci fossero più arnie da cui ronzare fuori, cellette in cui tornare?

domanda, allora:

se stessimo superando [o arrivando al lento affioramento di una qualche forma di coscienza normale e serena del fatto che abbiamo già superato] forse non il simbolico e il duale, o l’abbinante, ma l’implicita richiesta di 1 che è in ogni 1 che entra in relazione con un 2?

ossia: la percezione il pensiero le persone in generale si trovano forse a oltrepassare – in una fase recente di storia – la proiezione (o il meccanismo proiettivo) che fa sì che l’1 rilanci sé, come 1, in un 2 che lui stesso così si precostruisce, si prearreda, e di cui organa fin le ultime minime fibre di feedback?

come sarebbe il testo di qualcuno che non riuscisse (più) a concepire l’altro, l’opposto, il differire stesso, e gli oggetti e le persone attorno come specchio e raddoppiamento? non riuscendo né mirando in nessun modo dunque a dar loro lo statuto di testimonianza del medesimo?

non mina, questo, il duale? meglio: non mina il mimare?

tutto questo non fa forse sì che il soggetto dell’inconscio smetta di cercarsi & credere di trovarsi un ego (a propria – presunta – immagine e somiglianza) appropriato? non arriverà allora, questo soggetto, a poter gettare in lingua le cose non più come lui se le figura, ossia non come somiglianze orme calchi utili (o inutili) bensì come naturalmente sono, cioè come alterità integrali e staccate e integralmente prive di rapporto rassicurante (o meno) con lui e con il suo esprimersi?

non sarà restio a (anzi alieno in tutto dal) dare alla propria voce già il timbro di quella costruzione egotica che lui medesimo vuole l’altro intraveda? non sarà talmente lontano dal millantarsi solido e coeso, da lasciare del tutto all’altro-come-altro la (non più) propria voce?

non sarà sempre improprio, inopportuno?

non sarà in grado di sostenere la voce degli oggetti, di lasciare agli oggetti lo spazio del linguaggio?

poche ingenuità su “dopo il simbolico”

e se si stesse passando da una fase antropologica di pensiero simbolico a una fase connotata da un altro tipo di pensiero?

ovviamente nel macro-contenitore |il simbolico| sto facendo passare o entrare e stare cose che non sono strettamente legate al simbolo, ma anche alle – differenti – tracce e forme e modi del paragone, dell’allegoria, genericamente, così come dei vettori che capovolgono o problematizzano (o allontanano da) quella corrispondenza o possibilità di corrispondenza: quindi la dissimmetria, l’antitesi, la differenza stessa –

volendo: il duale

e – con questo – l’implicito cursore che all’interno di una visione/visualizzazione di un duale si mette in movimento, facendo spola e costruendo non solo ponti ma direzioni terze, quarte, ennesime.

ora: se questo movimento cursorio fosse “in crisi”? (una crisi più profonda di quella che evidentemente gli dà comunque già fondamento?) (dato che pensare un cursore pacificato è pensare un ossimoro).

allora: se questo momento ancora animale nell’anthropos stesse mutando pelle, staccandosi da sé? se non ci fossero più arnie da cui ronzare fuori, cellette in cui tornare?

domanda, allora:

se stessimo superando [o arrivando al lento affioramento di una qualche forma di coscienza normale e serena del fatto che abbiamo già superato] forse non il simbolico e il duale, o l’abbinante, ma l’implicita richiesta di 1 che è in ogni 1 che entra in relazione con un 2?

ossia: la percezione il pensiero le persone in generale si trovano forse a oltrepassare – in una fase recente di storia – la proiezione (o il meccanismo proiettivo) che fa sì che l’1 rilanci sé, come 1, in un 2 che lui stesso così si precostruisce, si prearreda, e di cui organa fin le ultime minime fibre di feedback?

come sarebbe il testo di qualcuno che non riuscisse (più) a concepire l’altro, l’opposto, il differire stesso, e gli oggetti e le persone attorno come specchio e raddoppiamento? non riuscendo né mirando  in nessun modo dunque a dar loro lo statuto di testimonianza del medesimo?

non mina, questo, il duale? meglio: non mina il mimare?

tutto questo non fa forse sì che il soggetto dell’inconscio smetta di cercarsi & credere di trovarsi un ego (a propria – presunta – immagine e somiglianza) appropriato? non arriverà allora, questo soggetto, a poter gettare in lingua le cose non più come lui se le figura, ossia non come somiglianze orme calchi utili (o inutili) bensì come naturalmente sono, cioè come alterità integrali e staccate e integralmente prive di rapporto rassicurante (o meno) con lui e con il suo esprimersi?

non sarà restio a (anzi alieno in tutto dal) dare alla propria voce già il timbro di quella costruzione egotica che lui medesimo vuole l’altro intraveda? non sarà talmente lontano dal millantarsi solido e coeso, da lasciare del tutto all’altro-come-altro la (non più) propria voce?

non sarà sempre improprio, inopportuno?

non sarà in grado di sostenere la voce degli oggetti, di lasciare agli oggetti lo spazio del linguaggio?