grazie a Gianluca Garrapa e alla radio per questa intervista
versione in slowforward:
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grazie a Gianluca Garrapa e alla radio per questa intervista
versione in slowforward:
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Per tutto il Novecento le varie correnti letterarie e i vari poeti se le sono suonate di santa ragione, botte da orbi, giù mazzate, gambe tese, crocchiare di ossa, schiocchi di merli, frusci di serpi: ed era il Novecento. Bombe, mica miccette.
Adesso, dopo 20 anni di nuovo secolo (e millennio), è evidente che una universale pax vobiscum mette tutti d’accordo e contenti. Su facebook il desiderio di tanti poeti è volteggiare nel vuoto whimper con la levità antipanico e antipunk di una cristinacampo.
Ma bada, lettore medio, sotto la campo la capra crepa, e la letteratura di questi delicati e iperallergici alla critica li disabitua a vedere la spazzatura di che l’editoria strascoppia.
Va tutto bene: la bianca, lo specchio, le minori e le minime (in Italia e all’estero, avrebbe detto Bernacca). Per carità, signore e signori, tenetevi alle maniglie, non sia mai che vi scappi un dubbio da sotto la campo.
Nel ’75 o nel ’78 non sareste durati mezza ripresa, sul ring.
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Bisogna prima entrare col codice spid in rete, se non è cambiato, e digitare il codice di 6 cifre che arriva sul cellulare, trovare il link giusto prima che la sessione spiri, percorrere l’albero dei link ridichiarando le generalità, il consenso privacy, e che si è coscienti delle conseguenze penali in cui incorre chi mente; poi attraversare i captcha e aprire il modulo o form, html, che va compilato, firmato con una croce grafica, stampato su A4 ecologico, scansionato, ristampato su A4 zozzone, fotocopiato (3 copie, una per me, una per l’ufficio, una a casaccio per sprecare carta), timbrato, rifirmato in esteso sul timbro (firma leggibile), spedito per posta in sacbol con sigillo, come raccomandata con ricevuta di ritorno. La ricevuta va a sua volta scansionata (no foto) e stampata su carta (A5) certificata acid-free e poi conservata secondo le norme europee, che vanno studiate attentamente su un manuale disponibile in rete, in pdf, per rispettare l’ambiente.
Diciamo che quando nel 2002-2004 io e altri abbiamo iniziato a pubblicare alcune cose, e nel 2005-2007 (anche con Roberto Cavallera e Riccardo Cavallo) abbiamo moltiplicato i blog di materiali sperimentali, nel 2006 fondato gammm, e nel 2009 pubblicato Prosa in prosa, eccetera, insomma, ecco, è un po’ come se avessimo rovesciato non pochissimi altari (e altarini) delle iconiche & malinconiche vecchie buffe divinità pretesche del mainstream letterario. Non voglio certo dire che la scossa sia stata superiore al settimo grado della scala Balestrini, ma parecchie suppellettili sono pur cadute; e qualche natica ha poco onorevolmente smarrito la cadrega, picchiando il morbido e l’osso sull’assito della scena.
Tranquilli però: i draghetti Grisù della Letteratura Come si Deve si sono allertati subito. È da dopo il 1961-63, con le mazzate che presero per circa un decennio, che vescovi e prelati della pettinatissima ortodossia della poesia da scaffale hanno approntato le loro Stay Behind, introiettato gladiette, accademiche o extra. Del resto la distribuzione è loro (di chi li ospita, meglio), e dalle librerie tutti gli eslege sono stati ramazzati via nell’ultimo ventennio. Quindi?
Quindi ciò che si vede e legge in giro negli ultimi anni, diciamo dopo il primo decennio del secolo novo, ciò che si pubblica o si mette in rete e che rispettosamente ascolto (iuxta akusmatica principia) e osservo, quando mi lascia esterrefatto di solito ha due caratteristiche: o riprende il mainstream medesimo esattamente dove questo (non) si era interrotto, ossia all’altezza degli egotismi confessional degli anni Settanta-Ottanta, serenamente proseguiti senza intoppi grazie all’editoria e distribuzione generaliste di cui sopra; o – pur riallacciandosi contenutisticamente alle tradizioni fuorilegge degli anni Settanta e precedenti – salta a piè pari gli anni Zero, si cancella il sorriso dalla faccia, e anzi olia e rimette in sesto i medesimi altari leggii moccoli paramenti libri e insomma tutti gli aggeggi sacri che (facendo leva proprio su una tradizione della ricerca letteraria assorbita da un generoso secondo Novecento) noi avevamo invece smontato, ironizzato, sovrascritto, coperto di spray, con l’idea non di buttarli ma di predarli, rifunzionalizzarli, e – certo – cancellarne alcuni, facendo e inventando (sempre noi) altro.
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Praticamente dal 1961, minuto più minuto meno, chi – in gruppo o isolato – ci ha preceduto nella sperimentazione ha iniziato a sgangherare quei turiboli e scolarsi il vino del prete, e la mia generazione poi (con l’ondivago appoggio di quella di mezzo) ha continuato l’opera, … per vedere infine cosa? Per arrivare a vedere – oggi 2021 – tanti giovani e giovanissimi riprendere quei medesimi turiboli e calici, assumerli alla lettera, e ricelebrare la messa tale e quale. Riaprendo non (solo) il confessional ma – direttamente o indirettamente – i confessionali.
Mi prendo giusto cinque minuti di sconforto e poi ci rifletto su. Intanto vado un attimo ad aprire la porta alla depressione, che bussa.
A dopo.
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(CC) 2022 differx
rileggo un articolo di Antonio Francesco Perozzi, dello scorso anno: https://www.layoutmagazine.it/lirica-ricerca-saggio-poesia-teoria-del-tutto-poetico/.
e mi sorprende positivamente e piacevolmente un passaggio, soprattutto. questo: “Ecco, perciò, la natura quantistica della scrittura di ricerca: il testo non è proposto come massa, ma come sintomo di un’indeterminazione”.
non potrei essere più d’accordo.
meno in sintonia mi sento circa l’idea di una possibile/ipotizzabile “teoria del tutto poetico”. questo tutto, che sicuramente esiste, patisce (credo) il limite dell’aggettivo: “poetico”.
ipotizzo, invece: quanto più ci si avvicina all’oggetto di osservazione, ossia al campo di conflitti costituito dalle scritture contemporanee, tanto più ci si allontana da una loro integrazione e integrabilità, anche semplicemente come appezzamenti confinanti da unire o disunire vedendoli comunque come parti della più ampia geografia della “poesia”.
e, ancor meglio: ci sono delle “cose”, degli oggetti verbali non identificati, che non sono appezzamenti ma veri vettori di distanziamento dal genere poesia. talvolta perfino dal letterario.
verso la ricomprensione di alcune scritture sotto la dicitura “poesia” nutro la stessa sfiducia che provo verso ogni ipotesi di fusione o integrazione di alcuni elementi frammentari, prose brevi, schizzi, materiali irregolari, nel più vasto corpo della forma romanzo.
ci sono scritture che risultano cocciutamente ostili e contrarie a nutrire il predatore. si vorrebbero, anzi, all’opposto, velenose per quest’ultimo.
hanno tutta la mia simpatia.
grazie come sempre a Gaetano Altopiano per la sua ospitalità
https://www.ilcucchiaionellorecchio.it/2022/12/in-cosa/
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Ispirato dal sito ‘Poesia del nostro tempo’, anche io ho trovato giusto proporre ai lettori di slowforward un temino natalizio, che ho pensato di intitolare
Svolgimento
Nel tempo di Natale la città e la campagna della Poesia si ricoprono di candida neve, essa è bella e reca i pensieri natalizi. Sembra che la neve copre tantissimo chi scrive la Poesia, che la fa tutta Mitica e a me piace anche tantissimo. Ci sono dentro le parole.
È bello quando la neve inneva le giornate della Poesia, e tutto si ricopre di un manto di versi, ove la serenità porta la serenità alla Poesia e ai Poeti, e anche ai lettori, che del resto sono Poeti pure loro soprattutto dopo il ’75.
Siamo nel mese di dicembre, il mese della neve, ma io sto a Roma e me la sogno, così voglio fare una palla immaginaria e tirarla gentilmente al mese di dicembre, per scherzarlo dicendogli vai via. Esso è un mese che ci spinge a farci i bilanci dell’anno passato, e le speranze dell’anno futuro che arriva. Tra pochi giorni sarà il capodanno, e un nuovo anno caperà e avremo molti progetti da realizzare, per una gioia carica di attese che ci costellano.
Noi nel nostro passato vediamo delle ombre, delle inquietudini e delle incertezze, del buio e però anche delle candele nel buio, però anche delle asprezze e delle cupezze, delle monnezze, anche, ma non ci lasciamo scoraggiare da questo passato. Come dice la parola, esso è passato.
Qui a slowforward dobbiamo ritrovare la nostra vocazione più vera e autentica senza sbroccare, cercando di seguire la luce della lucentezza della Poesia, che nella notte della conoscenza umana illumina di umano l’umanità. Qui quindi io stesso cercherò di essere più buono e paziente e migliore, prometto da oggi in poi di non importunare troppo la destra poetica italiana, i nuovi mitomodernisti, le cariatidi i cariati e i caronti, e accettare santamente con santa rassegnazione che alla fine di questo anno 2022 (in realtà il 1957) ricominci ancora una volta il 1957.
Tanti sereni auguri di Poesia e che qualche fiore sbocci qua e là, a casaccio,
in fede
Roma, lì 28 dicembre 2022
Marco Giovenale