Archivio mensile:Aprile 2021

Intellettuale, pensa che è il contrario

In più di un’occasione, da parte di più intellettuali, critici, autori, critici-poeti, e altre figure legate al mondo dell’itala lettera, nei lustri recenti s’è alta levata come il falco montaliano la doglia nota come “indove so’ finiti l’intellettuali”? Disparve lor ruolo? Una volta Moravia disse toot toot e ora nessuno più flauta? E Pasolini? Ne vogliamo parlare?

Eccetera.

Once upon a time il poeta effàva e la massa gioente in lui si specchiava, si dice. Pasolini andava in tv, ora non più.

E, all’incontrario, quelli párvuli che vengono alla telecamera e in essa si fanno esposti al videoriquadro oggidiano, vedi, mai potrebbono del PPP vantare ruolo, autorevolezza, tono, ma manco i rayban e la mandibula. Men che meno il curvarsi, pensoso.

S’è voltata una pagina, chiuso un libro. Il poeta più alcuno lo pregia. Una volta spostava i voti e creava dalla creta i golem, le sentenze, il sole e la tenebra, più di Berlinguer, ex nihilo sui et subiecti. Mo no. Fine.

Allora mi sono fatto questa idea, vi dico, questa convinzione: che legislatore il poeta o l’intellettuale mai è veramente stato, anzi ragioniamo al contrario, e:

in verità in verità vi dico, o vi direi, col beneficio non dell’inventario ma dell’archivio: facciamoci mente locale, in generale, e vediamo che non è venuta meno la possa del poieta, è semmai che negli anni Sessanta e forse Settanta ancora la tv non avea capito di essere un’altra cosa, e di avere il potere. Lei.

Ancora pensava, prepúbere, di doversi legittimare innanzi al pubblico attraverso (appunto) gli omini di lettere. C’è voluto un po’ perché capisse di essere lei (la comunicazione, lo spettacolo) L’INTELLETTUALE. E anche il poeta, alla bisogna.

Per cui tutto questo fioccare di avemarie dell’una volta si stava meglio quando si stava intellettuale, non ha ragione d’essere. Anzi, non ha da essere. (Perché mai è veramente stato).

*

Quando la tv o meglio la Comunicazione (mediale) ha capito, s’è presa daddovero ciò che già elettivamente era — ab imo — suo: tutto.

E gli intelletti che ora ci vogliono “interagire” (sic est “comparire”: comparse) ad essa ratti si debbono apprendere, e assimigliare. Per anni bagnaron le chiome nel D’Annunzio, or sanno a che fine. E anche sanno cosa serve e cosa no; e

chi serve e chi no.

*

Bibliografia essenziale:

https://www.alfabeta2.it/2014/04/06/ampia-collezione-intellettuali-dellimpegno/

https://www.nazioneindiana.com/2014/11/26/andataritorno/

intellettuale, pensa che è il contrario / differx. 2021

pensa

pensa

In più di un’occasione, da parte di più intellettuali, critici, autori, critici-poeti, e altre figure legate al mondo dell’itala lettera, nei lustri recenti s’è alta levata come il falco montaliano la doglia nota come “indove so’ finiti l’intellettuali”? Disparve lor ruolo? Una volta Moravia disse toot toot e ora nessuno più flauta? E Pasolini? Ne vogliamo parlare?

Eccetera.

Once upon a time il poeta effáva e la massa gioente in lui si specchiava, si dice. Pasolini andava in tv, ora non più.

E, all’incontrario, quelli párvuli che vengono alla telecamera e in essa si fanno esposti al videoriquadro oggidiano, vedi, mai potrebbono del PPP vantare ruolo, autorevolezza, tono, ma manco i rayban e la mandibula. Men che meno il curvarsi, pensoso.

S’è voltata una pagina, chiuso un libro. Il poeta più alcuno lo pregia. Una volta spostava i voti e creava dalla creta i golem, le sentenze, il sole e la tenebra, più di Berlinguer, ex nihilo sui et subiecti. Mo no. Fine.

Allora mi sono fatto questa idea, vi dico, questa convinzione: che legislatore il poeta o l’intellettuale mai è veramente stato, anzi ragioniamo al contrario, e:

in verità in verità vi dico, o vi direi, col beneficio non dell’inventario ma dell’archivio: facciamoci mente locale, in generale, e vediamo che non è venuta meno la possa del poieta, è semmai che negli anni Sessanta e forse Settanta ancora la tv non aveva capito di essere un’altra cosa, e di avere il potere. Lei.

Ancora pensava, prepúbere, di doversi legittimare innanzi al pubblico attraverso (appunto) gli omini di lettere. C’è voluto un po’ perché capisse di essere lei (la comunicazione, lo spettacolo) L’INTELLETTUALE. E anche il poeta, alla bisogna.

Per cui tutto questo fioccare di avemarie dell’una volta si stava meglio quando si stava intellettuale, non ha ragione d’essere. Anzi, non ha da essere. (Perché mai è veramente stato).

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Quando la tv o meglio la Comunicazione (mediale) ha capito, s’è presa daddovero ciò che già elettivamente era – ab imo – suo: tutto.

E gli intelletti che ora ci vogliono “interagire” (sic est “comparire”: comparse) ad essa ratti si debbono apprendere, e assimigliare. Per anni bagnaron le chiome nel D’Annunzio, or sanno a che fine. E anche sanno cosa serve e cosa no; e

chi serve e chi no.

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Bibliografia essenziale:

https://www.alfabeta2.it/2014/04/06/ampia-collezione-intellettuali-dellimpegno/

https://www.nazioneindiana.com/2014/11/26/andataritorno/

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geof huth’s new book: “in chancery” (red fox press)

In Chancery by GEOF HUTH.
A sequence of photographs of records of the long-defunct New York Court of Chancery, presented as visual poems.

The Rescued Pieces of In Chancery

My paid work focuses on government records from the 1600s to today, those encoded in bits and thrumming through wires and air, and those on paper and parchment. When working with the oldest of these, which usually bear signs of decay, I face the pleasure of the archives, or how an old document carries into the present the words and actions of the past, though always changed, always transmogrified by time. The old records I oversee have been stored poorly sometimes for centuries, so their cotton-fiber paper, which would have retained its bright whiteness if stored properly, has devolved into shades of tans and browns. The records also bear the manners and markings of their times, making these routine papers magical to the 21st-century eye. Seals and ribbons, intended to convey authenticity, festoon the documents, as do arcane phrases and ornate penmanship. Even the name of the court I chose to document so heavily, the Court of Chancery, carries the scent of a faraway past, as do the papers themselves. As I processed these, I recognized some of them as inchoate visual poems and photographed hundreds of them, to capture their verbo-visual delights for myself and you.

Geof Huth

oggi, h. 21, tictalk #4: alessandro broggi e “noi”

OGGI, lunedì 12 aprile 2021, alle ore 21:00
TICTALK
sul canale YouTube di TIC Edizioni,
https://www.youtube.com/channel/UCtSz6phvlJNM9LuoPOeYBAw

presentazione di NOI

di Alessandro Broggi
(collana UltraChapBooks, n. 3, 2021)

interventi di
Gian Luca Picconi e Italo Testa
coordina Antonio Syxty
la diretta si potrà seguire anche su fb: https://www.facebook.com/ticedizioni/

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dalla scheda editoriale
https://ticedizioni.com/collections/ultrachapbooks/products/noi-broggi :

Eleonora, Maurizio, Norberto e Tania abbandonano il mondo civilizzato a causa dell’eccesso di informazioni. Decidono di trasferirsi nei boschi, per un esperimento esistenziale che li vede fuggire dall’universo segnico e dalle sue insostenibili interpretazioni.
Il racconto si configura come un diario di viaggio in cui si riportano le loro azioni, i pensieri, le impressioni e le scoperte: una quotidianità fatta di gesti tanto rassicuranti quanto essenziali per la sopravvivenza, in un ambiente ostile che saprà mostrare la sua faccia più spietata.
Descrizioni minuziose, da miniaturista, aprono lo sguardo su scorci ricchi di colori, di atmosfere, di storie: è il “paesaggio”, che irrompe tra le pagine come il vero protagonista di questo testo. Sono i continui e drastici cicli della natura, che dettano legge a tutte le forme di vita così come all’andamento della narrazione.
La penna di Broggi è esatta, chirurgica, uno scalpellino che scava e trova la parola giusta, capace di suggestionare. Noi è un libro senza fine, che invita alla rilettura anche solo per godere dei suoi paesaggi variegati e delle sue speculazioni, che raggiungono la portata della rivelazione.

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Alessandro Broggi (1973). Principali pubblicazioni: Avventure minime (Transeuropa, 2014), Protocolli / Protocoles (Benway Series Fogli, 2014), coffee-table book (Transeuropa, 2011), Antologia (in AAVV, Prosa in prosa, Le Lettere, 2009, poi Tic Edizioni, 2020); ha co-diretto la webzine letteraria “L’Ulisse” e ha scritto, tra gli altri, su Nazione Indiana, GAMMM e PuntoCritico, blog collettivi di cui è stato redattore (Nazione Indiana) o co-fondatore. Una notizia bibliografica dettagliata e aggiornata sull’autore è consultabile alla pagina: biobibliografia.wordpress.com.

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evento facebook;
https://www.facebook.com/events/164460155565786

16 aprile 2021, alle ore 18: “paragrafi sull’armonia”. un quarto d’ora di ricerca con michele zaffarano

Venerdì 16 aprile 2021, alle ore 18:00
per il terzo appuntamento di “Un quarto d’ora di ricerca”
lettura da

PARAGRAFI SULL’ARMONIA
di Michele Zaffarano

(IkonaLíber, collana SYN _ scritture di ricerca)

e
dialogo con Marco Giovenale, curatore della collana

 

L’incontro si svolge unicamente sul canale youtube
https://www.youtube.com/channel/UCF4pbAEEAcjwznYErB-SUvg

 (Appena concluso, verrà reso disponibile anche su facebook e sul sito slowforward.net)

 *

Scheda del libro (e informazioni per chi volesse acquistarlo):
http://www.ikona.net/michele-zaffarano-paragrafi-sullarmonia/

Evento facebook:
https://www.facebook.com/events/276426040740429

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Michele Zaffarano (Milano, 1970). Traduttore dal francese. Bianca come neve (La Camera Verde 2009). Wunderkammer (in Prosa in prosa, Le Lettere 2009; poi TIC 2020). Cinque testi tra cui gli alberi (più uno) (Benway Series 2013). Paragrafi sull’armonia (ikonaLíber 2014). Todestrieb (Arcipelago 2015). La vita, la teoria e le buche (Oèdipus 2015). Power Pose (il verri 2017). Sommario dei luoghi comuni (Aragno 2018). Fondatore del sito gammm.org. Direttore della collana ChapBooks (Tic Edizioni). Redattore della rivista francese Nioques.

_ 

The idea of a “transition strategy”

Rosaire Appel, Listening is a way of walking

Rosaire Appel: “asemic writing is also a way of leaping forward into territory not yet conceptualized… a transition strategy perhaps” (Jun 10, 2011, post to the ASEMIC Google Group, now @ https://archive.org/stream/AsemicWritingDefinitionsAndContexts19982016/Asemic%20Writing%20Definitions%20and%20Contexts%201998-2016_djvu.txt)

I really like Rosaire Appel’s idea of a “transition strategy”.

Often the signs of an ongoing research are not covered nor coded nor represented by any known “language”. They actually build-and-deconstruct some kind of new (non)language.

And it seems to me that our definitions often fail to grasp the flickering borders of the asemic land. It seems like we are (happily) dealing with aesthetics, rather than linguistics.

More. (And incidentally:) I ask myself: do we absolutely need definitions? Or do definitions & theory rather belong exactly to the territory we are just flying away from?

Tim gaze : “asemic writing says what I cannot say in words” (from a text in the muse apprentice guild).